Articolo in seguito tradotto in inglese nell’edizione di settembre 2021 della rivista Alan Aragon Research Review (AARR) diretta dal nutrizionista e ricercatore Alan Aragon.
Nel mondo sportivo è opinione comune che l’utilizzo di farmaci anabolizzanti conferisca dei vantaggi permanenti, cioè che permangono dopo averne smesso l’utilizzo anche da lungo tempo. Secondo questa idea, l’utilizzo di farmaci anabolizzati non permetterebbe più di “tornare indietro”, marchiando chiunque ci sia passato come “non più natural” a prescindere.
Passando oltre preconcetti, morale, generalizzazioni e dicotomie, una valutazione razionale riconosce invece l’esistenza delle sfumature, e quindi la probabilità che molte variabili possano dettare l’eventuale manifestazione dei guadagni permanenti e la loro entità.
Nella letteratura scientifica sull’uomo i dati su questo argomento non risultano chiari a causa di difficoltà metodologiche e sicuramente questioni etiche. L’articolo approfondisce lo spinoso e poco approfondito argomento per verificare se queste ipotesi sono confermate nella letteratura scientifica.
Indice
Il caso dei “finti natural”
I cosiddetti “finti natural” sarebbero quei soggetti che si professano come natural o drug-free che fanno uso non dichiarato di doping, o che avrebbero mantenuto dei guadagni da un precedente utilizzo.
Ma è discutibile mettere sullo stesso piano un bodybuilder doped agonista (che assume farmaci in dosi più o meno elevate per almeno buona parte dell’anno da anni) con un bodybuilder che ha solo provato qualche ciclo di anabolizzanti 5 o 10 anni prima.
Non a caso, nelle associazioni di bodybuilding natural più rigorose il regolamento prevede di accettare atleti che dichiarano di avere smesso di utilizzare doping da almeno 7 anni (1). Secondo queste stesse organizzazioni, un atleta “torna ad essere” definito natural dal punto di vista competitivo dopo un lungo periodo di tempo, e non viene inteso per forza chi non ha mai fatto uso di doping.
La definizione stessa di “finto natural” appare così indefinita e arbitraria, e potrebbe essere attribuita a:
- chi si professa come natural assumendo regolarmente farmaci anabolizzanti senza dichiararlo;
- chi ha assunto doping per una o poche volte nella propria vita non assumendo da molto tempo;
- delle vie di mezzo tra questi due estremi, tra cui chi non assume da molti anni dosi importanti, e chi ne fa un uso ciclico ma irregolare a lungo termine;
Sono casi molto diversi che tuttavia vengono raggruppati, semplicisticamente, sotto un’unica accezione. L’idea di molti critici è che chi ha assunto farmaci anche per un solo ciclo non sia mai più considerabile come natural, a prescindere dal fatto che abbia o meno ottenuto degli effettivi e visibili guadagni permanenti anche a distanza di molto tempo. Questo ragionamento è comprensibile, dato che è più facile generalizzare in bianco e nero che valutare le varie sfaccettature di un argomento così complesso e ancora poco studiato.
Lo scopo dell’articolo sarà proprio valutare se questa interpretazione meriti un’accettazione, o se un soggetto che ha smesso di assumere doping da molto tempo – o che l’ha semplicemente provato nella sua vita – possa tornare ad essere considerato “natural” dal punto di vista delle caratteristiche fisiche, estetiche e prestative.
Vantaggi permanenti: cosa si intende?
Sicuramente l’utilizzo di farmaci anabolizzanti, primi tra tutti gli steroidi androgeni anabolizzanti (AAS), permette di superare il proprio limite genetico; perlomeno questo è vero se ne viene fatto un utilizzo prolungato o frequente, oppure nel caso l’uso sia stato sospeso da poco tempo.
Non è ben chiaro però se il loro utilizzo possa effettivamente permettere in qualsiasi caso di mantenere i guadagni ottenuti nel tempo. Per prima cosa è necessario chiarire cosa si può intendere per vantaggi permanenti:
- L’acquisizione di alcuni adattamenti cellulari permanenti a livello muscolare come l’aumento dei mionuclei o del numero di fibre muscolari (iperplasia);
- Il fatto che molto tempo dopo avere sospeso l’utilizzo delle sostanze, nel caso questi adattamenti permangano, avvantaggino l’individuo a riguadagnare una massa muscolare e/o una performance superiore al suo massimo potenziale se torna ad allenarsi senza farmaci;
- Il mantenimento di una massa muscolare e/o una prestazione fisica superiore al massimo potenziale dello stesso individuo in relazione alle strategie utilizzate (stessa pianificazione di allenamento e dieta), molto tempo dopo averne smesso l’utilizzo, ma senza mai smettere di allenarsi e seguire un’adeguata alimentazione;
Questi tre casi dovrebbero essere separati, in quanto acquisire degli adattamenti cellulari superiori alla normalità (come iperplasia muscolare o ulteriore aumento dei mionuclei) visibili al microscopio, non significa che questi stessi adattamenti permettano di mantenere dei guadagni permanenti visibili dall’esterno, o che rimangano visibili a vita, o almeno molto tempo dopo averne smesso l’uso.
Generalizzazione indebita
L’argomento dei guadagni permanenti indotti da farmaci porta inevitabilmente a generalizzare senza guardare le sfumature. Sarebbe invece necessario capire come diverse condizioni e variabili influenzino il mantenimento di una massa muscolare e/o una prestazione fisica superiori alla normalità.
Il caso di un atleta che smette di utilizzare farmaci continuando a seguire la sua disciplina nel tempo (con dieta annessa) è ben diverso dal caso di un soggetto che smette sia di assumere farmaci che di seguire la disciplina sportiva e l’alimentazione.
Esistono inoltre molte variabili che potrebbero condizionare la permanenza dei risultati, come i dosaggi di farmaci utilizzati, il tempo per cui vengono utilizzati, la frequenza con cui vengono utilizzati, il tipo di farmaci utilizzati e le eventuali combinazioni di farmaci utilizzate.
L’effetto dell’utilizzo di un singolo farmaco per una o poche volte in dosi minime potrebbe essere completamente diverso dall’abuso continuo o frequente in dosi molto elevate o con associazioni di vari farmaci, per anni di fila, come tipicamente avviene da parte dei bodybuilder doped agonisti o altre categorie di atleti.
L’estrapolazione fondamentale è che esiste l’alta probabilità che gli eventuali guadagni permanenti dovuti all’uso di doping siano dipendenti dal contesto e quindi da moltissime variabili, lasciando intendere un grande semplicismo nella dicotomia “uso vs non-uso di doping”.
Adattamenti cellulari permanenti
Nella letteratura scientifica l’effetto dei farmaci anabolizzanti sugli adattamenti cellulari è stato molto discusso. I quattro adattamenti cellulari che si crede possano essere influenzati dai farmaci sono: (1)
- aumento del numero di mionuclei;
- maggiore attivazione delle cellule satellite;
- aumento del numero di recettori degli androgeni (AR);
- aumento del numero di fibre muscolari (iperplasia muscolare);
Mionuclei
Il mionucleo si riferisce al nucleo cellulare del miocita. I miociti sono cellule polinucleate, vale a dire che contengono più nuclei nella loro struttura. Questi organelli cellulari hanno molte funzioni, ma quello che interessa nel contesto della crescita muscolare è il loro ruolo nella sintesi proteica muscolare (MPS). Questo ha portato a elaborare l’ipotesi del dominio nucleare, secondo cui esisterebbe una relazione lineare tra numero dei mionuclei e ipertrofia (2,3).
L’attività fisica, sia aerobica che anaerobica, aumenta il numero di mionuclei, ma non esclusivamente per regolare i processi ipertrofici; infatti è possibile che l’esercizio aumenti il numero dei mionuclei senza aumentare significativamente l’ipertrofia (3), o che si incrementi solo il numero di mionuclei privi di recettori degli androgeni (mediatori della crescita muscolare) (4). L’esercizio con i pesi dimostra un effetto tendenzialmente superiore rispetto all’esercizio aerobico per aumentare i mionuclei (3), ma l’incremento del loro numero avviene solo superato il 26% dell’ipertrofia iniziale intesa come sezione trasversale (CSA) (4).
Esistono evidenze dirette che l’uso AAS aumenti ulteriormente il numero dei mionuclei, in particolare quando quelli già esistenti non sono più capaci di sostenere un’ulteriore sintesi proteica (3,4). Quindi l’idea è che l’attività con i pesi senza uso di AAS possa incrementarne il numero fino a un certo limite (3), numero che viene aumentato ulteriormente con il trattamento farmacologico (4).
Alcuni noti studi osservazionali determinarono che tra i powerlifter che facevano regolare uso di testosterone il numero di mionuclei era maggiore di 3-5 volte rispetto ai powerlifter che non ne avevano fatto uso. Inoltre, nei soggetti natural i mionuclei sono stati rilevati in predominanza nelle fibre di tipo II, mentre nei doped ne è stato rilevato un maggiore aumento nelle fibre di tipo I (4). Ma come si vedrà in seguito, non tutti i mionuclei sono uguali, ed esiste la possibilità che il loro numero si riduca.
Cellule satellite
Le cellule satellite sono classicamente definite come “le cellule staminali del muscolo scheletrico”. Queste circondano i miociti ma sono normalmente dormienti, e vengono attivate dalla contrazione muscolare e dal danno muscolare indotto dall’allenamento con lo scopo di promuovere la riparazione e/o l’accrescimento dei miociti.
Quando attivate, le cellule satellite possono fondersi con i miociti donando il loro nucleo, quindi tale processo spiegherebbe perché l’esercizio fisico può aumentare il numero dei mionuclei (3,4). Le cellule satellite inoltre potrebbero concorrere allo sviluppo dell’iperplasia muscolare nell’eventuale caso si manifesti (5).
Il fatto che le cellule satellite concorrano ad aumentare il numero dei mionuclei e l’ipertrofia è in realtà un tema oggi discusso in letteratura (6); ad esempio, queste possono essere attivate e moltiplicarsi con l’esercizio contro resistenza senza alcuna variazione dei mionuclei (7,8), e nell’esercizio cardiovascolare possono contribuire alla semplice conversione delle fibre senza influenzare l’ipertrofia (9). Comunque, buona parte degli scienziati crede che esista una relazione diretta tra questi due fattori.
L’uso di testosterone sembra influenzare almeno inizialmente l’attività e la proliferazione delle cellule satellite, ma non si osservano significative differenze nel loro numero tra atleti natural e utilizzatori abituali (4). Al di là delle varie ipotesi sul perché questo accada, le cellule satellite non sarebbero quindi un “guadagno permanente” nonostante possano favorire l’incremento dei mionuclei.
Recettori degli androgeni
I recettori degli androgeni (AR) sono una super-famiglia di recettori con la capacità di interagire con gli ormoni androgeni (maschili), come il testosterone e il DHT, in maniera da permettere che esplichino le loro funzioni a livello cellulare. Quando un ormone androgeno si lega al suo recettore, esso si attiva determinando la traslocazione di questo complesso nel nucleo.
Dato che gli AR sono espressi anche all’interno dei mionuclei, l’aumento di questi ultimi determinerebbe un aumento degli stessi AR, e quindi una migliore capacità di promuovere la sintesi proteica e l’ipertrofia. Inoltre, nel muscolo gli AR sono espressi anche nelle cellule satellite (4), motivo per cui potrebbero favorire la crescita muscolare su più fronti.
Gli AR sono riconosciuti come dei mediatori della crescita muscolare, e soprattutto in anni recenti questa funzione è stata messa particolarmente in risalto da alcuni scienziati (10). Ma non tutti i mionuclei esprimono gli AR, e diversi muscoli presentano diverse concentrazioni di AR nei mionuclei. Ad esempio, nel trapezio di soggetti non-allenati e natural gli AR sono presenti per il 60% in più che nel vasto laterale, determinando una diversa sensibilità androgenica e quindi probabilmente una diversa predisposizione alla crescita (4).
Secondo alcuni l’esercizio con i pesi può aumentare le concentrazioni di AR nell’uomo (4,10), ma esistono dati conflittuali e ciò non sembra essere osservato su soggetti allenati (10). Secondo alcuni scienziati il contenuto soggettivo di AR intramuscolari determina quanto un soggetto natural è predisposto a sviluppare ipertrofia: se ne presenta un’alta concentrazione sarà più portato a crescere muscolarmente, e vice versa (10).
Secondo gli studi osservazionali, l’uso di AAS è correlato con l’aumento del numero di AR nei mionuclei. Rispetto agli atleti natural, i doped presentano un aumento degli AR nel trapezio, ma non nel vasto laterale. Inoltre, i doped presentano un maggiore numero di mionuclei, ma una simile percentuale di mionuclei contenenti recettori androgeni rispetto ai non utilizzatori (4). In altri casi la somministrazione di testosterone per 1 mese aumentava l’espressione degli AR, ma dopo 6 mesi di uso cronico (abbassando però i dosaggi) l’espressione ritornava ai livelli iniziali (4). Anche in questo caso non è quindi ben chiaro quanto gli AAS possano favorire un “guadagno permanente” dal punto di vista del numero degli AR.
Iperplasia muscolare
L’iperplasia muscolare indica il fenomeno di moltiplicazione cellulare dei miociti. Questo processo si può verificare in due modi: uno è mediante la fusione delle cellule satellite con altre cellule per creare nuovi miociti; l’altro sarebbe mediante il cosiddetto splitting (divisione), cioè la differenziazione di un miocita esistente in due o più miociti, oppure alla ramificazione della singola fibra, che viene in parte divisa in due (più precisamente chiamato branching).
Non ci sono prove concrete che nell’uomo l’iperplasia si verifichi, soprattutto senza utilizzo di farmaci anabolizzanti; sono tutti concordi però nel concludere che se l’iperplasia si verificasse senza farmaci, il suo effetto sarebbe minimo e non significativo, e alcuni azzardano una stima fino al 3-5% del volume muscolare (11,12,13,14).
Perdipiù, lo splitting non è considerata iperplasia vera e propria, ma piuttosto una riparazione incompleta del danno muscolare causata dall’allenamento contro resistenza, cioè un difetto nella rigenerazione (15). Confrontando powerlifter agonisti natural e doped, lo splitting risulta anche nei natural solo in minor entità (15). Ma non si prova chiaramente che siano AAS di per sé a causare più splitting, dato che i doped avrebbero potuto semplicemente allenarsi in maniera più estrema e sollevare più peso tramite un maggiore sviluppo ipertrofico e più danno muscolare, che ne avrebbero aumentato l’entità.
Alcuni scienziati ipotizzano che gli AAS possano provocare o potenziare l’iperplasia muscolare autentica (cioè non causata dallo splitting) (5,11,16). Ciò si basa sull’osservazione di una maggiore massa muscolare ma non maggiori dimensioni delle singole fibre nei doped rispetto ai non-utilizzatori (5). In ogni caso le metodologie attuali non permettono di capire in maniera diretta se nell’uomo l’iperplasia si verifica, con o senza steroidi, poiché si richiederebbe di contare il numero di fibre in un muscolo tra prima e dopo un trattamento (13). Infine, non si può sapere se l’eventuale iperplasia possa essere favorita solo dall’uso di AAS molto prolungato, dato che negli studi osservazionali da cui è stata ipotizzata questa relazione, i soggetti ne facevano uso da almeno 5 anni fino a oltre un decennio (4,5,16).
Conclusioni preliminari
I farmaci anabolizzanti, in particolare di steroidi androgeni anabolizzanti (AAS), possono comportare degli adattamenti cellulari permanenti, ma tra questi solo l’aumento del numero dei mionuclei appare convincente.
La maggiore attivazione delle cellule satellite potrebbe essere parte del meccanismo di moltiplicazione dei mionuclei, e forse dell’iperplasia nel caso si verificasse. L’aumento del numero di recettori degli androgeni invece non sembra convincere dato il possibile ritorno alla normalità sia con l’utilizzo cronico molto prolungato che dopo la sospensione dall’utilizzo.
Ciò che solleva dei dubbi sulla validità di queste osservazioni sull’uomo, è che si tratta di indizi basati perlopiù su studi osservazionali retrospettivi. Le correlazioni tra questi adattamenti e l’uso di steroidi sono state osservate su popolazioni che ne facevano uso (e abuso) da almeno 5 fino a oltre 10 anni (4,5,16), non potendo fornire invece indizi, e tantomeno prove, su quanto possa influire un utilizzo contenuto a distanza di tempo, ad esempio per qualche ciclo isolato diversi anni prima.
Un ultimo grande limite della letteratura sull’uso di steroidi è che i soggetti studiati prevedibilmente assumono varie combinazioni di AAS e altri farmaci anabolizzanti (come GH, insulina e IGF-1) nell’arco degli anni (4,5,15,16), quindi non si può capire l’effetto isolato dei singoli farmaci sui guadagni ottenuti, né l’effetto delle varie differenti associazioni.
È infatti comune tra i preparatori di doped bodybuilding e gli utilizzatori ritenere che alcuni farmaci riescano a permettere dei guadagni permanenti, o perlomeno a farlo meglio rispetto ad altri (come Primobolan® o varie forme di trenbolone e derivati) (17). Per quanto si tratti di osservazioni aneddotiche di scarsa affidabilità, bisogna prendere in considerazione questa eventualità.
Infine, questi studi osservazionali ad oggi pubblicati non sono adatti per studiare gli eventuali guadagni permanenti, dato che non si prevedeva di effettuare le interviste agli atleti molto tempo dopo averli eventualmente sospesi (4,5,16). Gli studi controllati della durata di qualche settimana o mese invece misurano le differenze tra prima e subito dopo il trattamento (4), senza capire cosa o quanto di quei guadagni possa permanere, e eventualmente per quanto tempo.
Memoria muscolare “potenziata”
La memoria muscolare è un fenomeno fisiologico per cui, a seguito di un periodo di interruzione dell’allenamento a lungo termine (deallenamento), quando il soggetto torna ad allenarsi riguadagna molto rapidamente gli adattamenti precedentemente ottenuti, come l’ipertrofia. Parte di questo meccanismo sarebbe spiegato dal aumentato numero dei mionuclei, che non verrebbe perso con il deallenamento (2,18).
È stato suggerito che l’uso di steroidi potenzia la memoria muscolare proprio tramite l’ulteriore aumento dei mionuclei, in maniera che si crei una persistente maggiore capacità di riguadagnare la massa muscolare tramite l’allenamento in assenza di un ulteriore utilizzo. In questa sede la memoria muscolare da farmaci verrà chiamata “memoria muscolare potenziata” per distinguerla dal normale fenomeno osservato nei non-utilizzatori, poiché in letteratura le due non vengono separate.
L’idea è che se un soggetto è sottoposto a un periodo di allenamento con l’uso di farmaci e smette di allenarsi e di assumerli per un lungo periodo, quando torna ad allenarsi senza farmaci la memoria muscolare “potenziata” (grazie all’aumento permanente dei mionuclei) gli permetterà di riguadagnare più muscolo se confrontato ad una situazione in cui non avrebbe mai assunto nulla.
Le evidenze: lo studio Egner et al. (2013)
L’ipotesi della memoria muscolare potenziata è stata testata sui topi in un importante studio del 2013 (19). Gli scienziati hanno coinvolto un gruppo di topi femmine somministrando ad alcuni del testosterone impiantato sottopelle (gruppo sperimentale) e ad altri un trattamento finto (gruppo di controllo), in combinazione ad un allenamento contro resistenza per gli arti inferiori, per 14 giorni.
In questo periodo i topi che assumevano testosterone hanno ottenuto un aumento dei mionuclei e dell’ipertrofia nettamente superiori al gruppo che non ne assumeva.
Dopo questo periodo i topi sospesero l’uso di testosterone e seguirono una fase di deallenamento di 3 settimane, per poi tornare ad allenarsi senza riutilizzarlo. Durante la fase di deallenamento l’ipertrofia si ridusse in maniera simile in entrambi i gruppi, ma con il riallenamento, il gruppo precedentemente trattato con testosterone ottenne un significativo incremento dell’ipertrofia rispetto a chi non ne aveva assunto.
Inoltre, per dimostrare l’esistenza della memoria muscolare “potenziata” a lunghissimo termine i ricercatori indagarono sugli effetti dell’uso di steroidi anche 3 mesi (un’equivalenza di circa 10 anni per un uomo) dopo averne sospeso l’uso. Si osservò che non vi fossero differenze nell’ipertrofia tra i due gruppi, ma chi aveva usato steroidi presentava un aumento dei mionuclei superiore di circa il 30%. A questo punto i topi vennero ancora una volta sottoposti ad allenamento senza testosterone per 6 giorni, e quelli che avevano assunto testosterone nella fase iniziale guadagnarono circa 5 volte più ipertrofia rispetto al controllo (31 vs 6%).
Limitazioni
Le estrapolazioni sensazionalistiche dello studio Egner da parte di qualche testata giornalistica sono state che gli steroidi possono favorire gli atleti per un decennio dopo l’utilizzo, ma una valutazione cauta e critica ridimensiona queste conclusioni.
Un principio cardine della ricerca scientifica è che i risultati su animali non possono essere considerati come prove sull’uomo (2,20,21) (fallacia della falsa analogia), e questo sembra essere particolarmente vero per i farmaci (20).
Inoltre, 9 giorni di vita per un topo di età adulta equivalgono a circa 1 anno di vita per l’uomo adulto (22), quindi i 14 giorni di trattamento equivalevano a circa un anno e mezzo di somministrazione cronica di testosterone per un uomo. Infine non sono ben chiare le equivalenze nei dosaggi di testosterone, non lasciando capire se mimassero quantità realistiche o se fossero ben superiori a quanto un uomo assumerebbe per settimana, soprattutto nell’arco di un anno e mezzo (23). Un altro limite comune degli studi sui roditori è infatti che spesso le dosi del trattamento risultano irrealistiche e sproporzionate rispetto a quanto avverrebbe nell’uomo.
Sebbene lo studio possa fornire degli indizi sul fatto che la somministrazione cronica e molto prolungata di steroidi permetta dei guadagni cellulari permanenti e una memoria muscolare “potenziata”, non lo si prova chiaramente nell’uomo, tanto meno con uno o pochi cicli nelle tempistiche (e forse nei dosaggi) comuni.
Più di recente è stato anche messo in discussione che i mionuclei permangano nei roditori e che la memoria muscolare sia mediata dall’aumento dei mionuclei (2,24); anche evidenze recenti sull’uomo suggeriscono che la memoria muscolare non dipenda dai mionuclei e che il loro numero possa ridursi (2).
Mantenimento di massa muscolare e/o performance superiori alla norma nell’atleta
L’altro caso in cui si può parlare di guadagni permanenti è quando un atleta ha fatto uso di doping per un dato periodo, e smettendo riesce a mantenere alcuni guadagni (performance o muscolo) da essi indotti continuando però ad allenarsi e seguire un’alimentazione specifica.
È possibile che questo contesto sia diverso dal precedente, in cui un soggetto smette sia di assumere farmaci che di allenarsi. D’altra parte non è neppure scontato l’effetto dei farmaci sia simile al caso dell’interruzione totale dell’attività, dipendendo allo stesso modo da dosaggi, tipologie, tempistiche e associazioni.
Alcuni studi suggeriscono che il numero di mionuclei nell’uomo possa ridursi con la sedentarietà o con il deallenamento, anche se le conclusioni non sono unanimi (2). Questo porterebbe a speculare che continuare ad allenarsi sia un’ulteriore variabile influente sui guadagni permanenti, riuscendo a mantenere meglio il surplus di mionuclei ottenuti e di ipertrofia ottenuti con il precedente uso di farmaci. Non risulta però che la ricerca abbia ancora condotto degli studi per cercare di capire tali risposte, lasciando aperti degli ulteriori punti interrogativi sulla complessa e ancora poco esplorata questione dei guadagni permanenti.
Conclusioni
Nel senso comune si applica spesso il ragionamento semplicistico “uso vs non-uso di doping”, dando per scontato che l’assunzione di doping comporta a prescindere dei guadagni e dei vantaggi permanenti a lungo termine, e addirittura a vita.
Questo ragionamento risulta però dicotomico e generalista, poiché non riconosce le sfumature nelle diverse variabili che dettano delle grandi differenze nei guadagni a breve e a lungo termine.
Le associazioni natural più prestigiose per prime non contemplano questa visione, accettando atleti che non assumono doping da diversi anni considerandoli per definizione natural dal punto di vista competitivo. Per mettere a confronto due casi estremi, un bodybuilder doped agonista con decenni di carriera alle spalle e un uso cronico e ciclico di farmaci anabolizzanti otterrà degli effetti permanenti diversi dall’amatore o l’inesperto che hanno assunto qualche ciclo sporadico per provare l’esperienza.
Stabilire una separazione netta nella zona grigia tra i due estremi è attualmente impossibile in ragione dell’estrema scarsità di ricerche sul tema e della miriade di variabili in gioco. Infatti è impossibile sapere quali delle diverse variabili, come dosaggi, tempistiche, combinazioni, tipologie di farmaci, e stato di attività, riescano a influire sugli eventuali guadagni permanenti.
La ricerca attualmente fornisce da una parte evidenze osservazionali sull’uomo su guadagni cellulari farmaco-indotti superiori alla controparte drug-free, dall’altra una singola evidenza su roditori su una “memoria muscolare potenziata” a lungo termine indotta da testosterone. Entrambi questi tipi di ricerche non sono però sufficienti a fornire una risposta chiara sui casi in cui è più o meno probabile ottenere dei guadagni permanenti da farmaci nell’uomo.
L’unico adattamento cellulare farmaco-indotto che sembrava permanere, validando apparentemente i guadagni permanenti, era l’aumento del numero di mionuclei, ma la ricerca recente sull’uomo (e sui roditori) dimostra che questi possono anche ridursi.
Riferimenti:
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