Il termine sempre più diffuso “zuccheri liberi” utilizzato dalle raccomandazioni della Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS o WHO) ha portato ad allargare l’incriminazione delle fonti di zuccheri ad ulteriori alimenti che in precedenza potevano passare inosservati.
Questa controversia ha portato a fraintendimenti e generalizzazioni spesso supportati in maniera acritica con la classica fallacia dell’autorità “lo dice l’OMS”. L’articolo intende quindi chiarire i paradossi dietro all’ormai popolare etichetta generica.
Indice
Definizione di zuccheri liberi

Bisogna dapprima chiarire che “zuccheri liberi” è un termine vago che nel mondo scientifico era usato essenzialmente come sinonimo di “zuccheri” o carboidrati semplici (sebbene fossero inclusi anche gli oligosaccaridi, come la maltodestrina) (1,2).
In parole semplici, in chimica il termine riconosce da sempre la struttura di un carboidrato, e non una categoria di alimenti arbitrariamente definita da una singola organizzazione della salute neppure accettata universalmente nella comunità scientifica (3).
Il termine “zuccheri liberi”, perlomeno nel contesto delle raccomandazioni alimentari, è stato introdotto dalle linee guida della OMS già nel 1989 (4), ma gli è stata data una prima definizione solo nelle linee guida del 2003 (5).
La definizione nel tempo è stata leggermente rivisitata includendo ulteriori categorie alimentari. Dalle più recenti linee guida del 2015: (5)
Gli zuccheri liberi includono monosaccaridi e disaccaridi aggiunti ad alimenti e bevande dal produttore, dal cuoco, o dal consumatore [ovvero, gli zuccheri aggiunti], e gli zuccheri naturalmente presenti in miele, sciroppi, succhi di frutta, e concentrati di succhi di frutta.
La differenza fondamentale dall’etichetta più utilizzata di “zuccheri aggiunti”, e che negli zuccheri liberi vengono inclusi non solo questi ultimi, ma anche dei prodotti derivati dalla frutta, e alimenti naturali ad alta concentrazione di zuccheri (essenzialmente il miele, che è quasi zucchero puro). Anche se sembra entrato nell’uso comune solo in tempi recenti, il termine zuccheri liberi è comunque meno usato nella ricerca sul tema, e non è privo di controversie (3,6).
Ulteriori inclusioni negli zuccheri liberi?

Seguendo il criterio della OMS, sarebbe ragionevole includere negli zuccheri liberi anche le marmellate senza zuccheri aggiunti, le puree e gli omogeneizzati di frutta, i frullati di frutta, la frutta cotta o disidratata, il malto d’orzo, e probabilmente altri prodotti alimentari.
L’inclusione di questi ultimi alimenti deriva da una deduzione logica, ma non essendo chiaramente menzionati nella definizione della OMS va interpretata cautamente; d’altra parte, sarebbe anche paradossale che questi siano esclusi, come se un frutto reso succo abbia un effetto così diverso dallo stesso frutto disidratato o reso poltiglia.
Ammessa l’inclusione di questi alimenti ulteriori, ne deriverebbe che se un frutto viene mangiato intero non rientra nella definizione di zuccheri liberi e quindi nei limiti raccomandati dalla OMS; mentre se lo stesso frutto viene frullato, disidratato, o cotto, diventa uno zucchero libero, rappresentando un rischio che prima non rappresentava.
Sta nel lettore ragionare sul fatto che questa distinzione abbia quindi senso in qualsiasi caso, e se sia così facile definire una chiara linea di separazione tra uno zucchero libero e la frutta.
La generalizzazione dell’etichetta “zuccheri liberi”
Dalle precedenti considerazioni si capisce quanto sia vago parlare di zuccheri liberi, dato che all’interno si includono zuccheri puri e quindi totalmente privi di micronutrienti e matrice alimentare (le cosiddette “calorie vuote”), o il risultato di qualsiasi forma di processamento della frutta, miele, o malto, ovvero zuccheri ad alta o buona densità nutrizionale, e comunque con una densità calorica molto diversa.
Questo ha portato a una cieca generalizzazione, concludendo che zucchero da cucina e miele, succo di frutta, frutta cotta, frullata, o disidrata, avrebbero tutti lo stesso impatto sulla salute generale perché “sono sempre zuccheri liberi”. Oltre alla palese generalizzazione indebita, tali affermazioni rischiano di essere supportate sulla base di un mero argomento ab auctoritate (fallacia dell’autorità), ovvero “lo dice l’OMS”, piuttosto che sulla base di prove scientifiche che non è scontato siano riportate dall’organizzazione.
Se ragionassimo sulla base di questa etichetta generica, significherebbe che i fattori extra-zuccherini di un alimento (come micronutrienti, matrice alimentare, composti bioattivi, fibre) non contano, hanno impatto 0 a prescindere. Quindi, che si assuma per abitudine una certa quantità giornaliera di zuccheri da soli zuccheri aggiunti (“calorie vuote”), o che si ricavino le stesse quantità solo da fonti di alta qualità nutrizionale, l’impatto sulla salute sarebbe uguale.
Gli scopi dichiarati dei limiti raccomandati dalla OMS
Lo scopo generale della OMS nel limitare gli zuccheri liberi è ridurre lo sviluppo di tutte le malattie croniche. In realtà, gli scopi specifici dichiarati sono tre:
- ridurre il rischio di eccedere con le calorie e quindi prevenire l’obesità (condizione che effettivamente aumenta molto il rischio di sviluppare malattie croniche, nonché considerato da alcuni scienziati una vera e propria malattia); (7)
- aumentare l’introito calorico da carboidrati con un’alta densità nutrizionale (evidentemente a parità di calorie e carboidrati totali);
- ridurre il rischio di sviluppare carie dentali;
Di questi tre punti, notiamo che due si rivolgono alla prevenzione diretta della patologia, mentre il secondo si riferisce alla prevenizione di carenze nutrizionali che idealmente sarebbero evitate consumando carboidrati integrali (amidi integrali e frutta intera).
Il primo punto conferma che l’aumento dell’assunzione di zuccheri nella dieta comporta di solito un aumento dell’introito calorico spontaneo, esponendo quindi all’eccesso calorico e all’ingrassamento. Naturalmente questo problema non sussiste se gli zuccheri vengono tracciati e “fatti rientrare” nei carboidrati o nelle calorie giornaliere (in ricerca è noto che gli zuccheri non “fanno ingrassare” di per sé) (8), ma è rilevante per la popolazione generale che non adotta queste pratiche di nicchia.
Il secondo punto è molto discutibile dato che non tutti gli zuccheri liberi sono poveri di micronutrienti, né tutti gli amidi di uso comune ne sono ricchi. Succhi di frutta, miele, o malto, ammesso che siano di qualità, hanno un’alta densità nutrizionale (9-11), mentre gli amidi raffinati sono notoriamente poveri di micronutrienti (tranne nel caso siano arricchiti). Infatti, per prevenire carenze micronutrizionali era stato stabilito il limite del 20% da zuccheri aggiunti (non liberi) (12), ovvero il 100% in più di quanto stabilito dalla OMS includendo gli zuccheri liberi non-aggiunti ricchi di nutrienti.
Il terzo punto è rilevante, ma ancora generalizzante. Ad esempio, è dibattutto che la frutta disidratata (formalmente non zuccheri liberi) (6) o i succhi di frutta 100% (13) abbiano lo stesso potere cariogeno degli zuccheri aggiunti. Sebbene si creda che gli zuccheri della frutta intera siano non-cariogeni perché non fermentabili da parte dei batteri della placca, anche questa può aumentare il rischio di carie (14), così come lo possono fare gli amidi raffinati (15,16).
Ciò non vuole necessariamente mettere in discussione la validità delle raccomandazioni della OMS in linea di massima, se intese come messaggio generale rivolto a miliardi di persone, ma mette in luce la comprensibile generalizzazione, mentre guardare i dettagli può raccontare una storia anche molto diversa.
Il limite del 10% da zuccheri liberi

La OMS non approfondisce l’impatto di diversi zuccheri liberi su tutti parametri di salute, né porta prove che “tutti gli zuccheri liberi hanno lo stesso impatto sulla salute” come qualcuno ha concluso.
Al contrario, non si parla di salute in senso generale. Le evidenze citate a supporto inoltre sono osservazionali, e il limite del 5% è basato su studi ecologici riconosciuti di qualità molto bassa (5) (gli studi ecologici inoltre hanno un’affidabilità bassa di per sé).
Per semplificare, i limiti del 10% raccomandati dalla OMS non si basano su evidenze causali circa la prevenzione di qualsiasi malattia cronica, ma solo su evidenze osservazionali (non prove causali) per la prevenzione di carie, obesità, e malattie cardiometaboliche. Infatti, le controversie su questi limiti evidentemente arbitrari sono state portate all’attenzione da diversi scienziati (17-19).
Gli studi osservazionali citati dalla OMS sulla relazione tra zuccheri liberi e salute cardiometabolica e ingrassamento sono in predominanza sulle bibite zuccherate (18), che non sono certo rappresentative di qualsiasi forma di zucchero libero, essendo calorie vuote liquide. Ad esempio, zuccheri liberi come il miele o i succhi di frutta sono piuttosto discussi per l’impatto potenzialmente positivo su diversi parametri di salute in virtù del loro contenuto di vitamine, minerali, antiossidanti e composti bioattivi (9,10). Inoltre, gli zuccheri liberi liquidi possono portare più facilmente all’eccesso calorico rispetto alla controparte solida (18), a conferma che in questo discorso vada valutata anche la consistenza dell’alimento.
Anche per quanto riguarda la carie, gli studi osservazionali analizzano gli zuccheri aggiunti o parlano di zuccheri in maniera vaga (quasi tutti sono stati condotti prima che il termine “zuccheri liberi” fosse definito) (20), quindi non è dimostrabile che qualsiasi alimento che rientra all’interno dell’etichetta zuccheri liberi abbia lo stesso impatto deleterio. Ad esempio, l’impatto sulla carie dei succhi di frutta puri è ancora discusso e non conclusivo, considerando che gli studi di coorte prospettici (un tipo di studio di qualità spesso superiore a molti di quelli valutati dalla OMS per gli zuccheri liberi) non confermano una correlazione (13).
Conclusioni
La categoria degli zuccheri liberi ingloba vari alimenti che nulla hanno a che vedere con lo zucchero puro, come alcuni cibi naturali ad alta concentrazione di zuccheri e micronutrienti, spesso sottoposti a qualche forma di processamento che ne altera lo stato originale.
Inoltre, esistono delle ambiguità sulla definizione di zuccheri liberi, poiché alcuni alimenti non sono formalmente inclusi in questa categoria pur condividendone diverse caratteristiche, e sarebbe per certi versi paradossale escluderli. Sembra che la stessa OMS abbia commesso una generalizzazione indebita sugli effetti degli zuccheri liberi sulla salute, per tutti i tre scopi dichiarati.
Questo non significa che il 10% non sia un limite indicativo utile per la popolazione generale, ma che ciò non riguarda la prevenzione di malattia in generale, senza considerare le ambiguità sul potere cariogeno di diversi carboidrati, che rende questa conclusione traballante.
Rimane quindi valida l’osservazione che gli zuccheri liberi non sono tutti uguali, e che la loro qualità e il loro impatto sulla salute può differire notevolmente. Assumere il 10% delle calorie da zuccheri liberi di qualità (succhi di frutta, frullati, miele, malto) probabilmente non è paragonabile ad assumerne la stessa percentuale da fonti di zuccheri aggiunti (bibite zuccherate, caramelle, zucchero da cucina aggiunto, dolciumi di vario tipo) su molti dei parametri menzionati dalla OMS, come suggeriscono diversi dati pubblicati.
Punti chiave
- L’etichetta “zuccheri liberi” è stata introdotta nelle raccomandazioni alimentari dall’Organizzazione Mondiale della Sanità con la pretesa di sostituire altre classificazioni già usate nella comunità scientifica;
- Nella scienza della nutrizione “zuccheri liberi” era precedentemente usato per riconoscere gli zuccheri o carboidrati semplici (mono- e disaccaridi), includendo a volte anche gli oligosaccaridi;
- Negli zuccheri liberi intesi come classe alimentare, sono inclusi zuccheri aggiunti, zuccheri naturalmente presenti in miele, sciroppi, succhi di frutta, e concentrati di succhi di frutta;
- Risulta evidente che negli zuccheri liberi rientrano alimenti dalla qualità e dalla densità di nutrienti estremamente diversa, tra pure “calorie vuote” e fonti ricche di vitamine, minerali, e composti bioattivi;
- Alcuni alimenti naturali ulteriori avrebbero motivo di essere inclusi nell’etichetta, come frutta disidratata, cotta, frullata, omogeneizzati, marmellate, e malto d’orzo, ma è paradossale che non siano formalmente riconosciuti come zuccheri liberi;
- L’OMS generalizza gli effetti di tutti gli zuccheri liberi su vari parametri come grasso corporeo, salute cardiometabolica, carenza di micronutrienti, formazione della carie, ma non riporta evidenze che dimostrino un impatto equivalente di tutti gli alimenti che essa riconosce in questa etichetta;
- Gli zuccheri liberi di qualità, come succhi di frutta e miele, sono piuttosto discussi per il loro impatto potenzialmente positivo su alcuni parametri di salute;
- Alcuni alimenti zuccherini che non sono riconosciuti come zuccheri liberi, potrebbero essere similmente o forse più cariogeni di alcuni zuccheri liberi;
Estrapolazioni pratiche
- Limitare gli zuccheri liberi rimane una raccomandazione di massima utile per la popolazione generale (miliardi di persone) per prevenire diverse malattie e il sovrappeso, o peggio l’obesità;
- In termini assoluti, il limite generale potrebbe essere riconosciuto attorno a 50-60g di zuccheri liberi al giorno cronici (superare fortemente questi livelli una volta ogni tanto non ha un impatto rilevante);
- Non tutti gli zuccheri liberi hanno lo stesso impatto sulla salute, e il rischio che rappresenta ciascuna classe alimentare dovrebbe essere valutato caso per caso;
- Un messaggio utile da trasmettere alla popolazione generale è sostituire per quanto possibile gli zuccheri aggiunti (“calorie vuote”) con gli zuccheri liberi (che siano formalmente riconosciuti come tali o meno) di alta qualità, in maniera da ottenere quantomeno un aumentato apporto di micronutrienti, composti bioattivi, e eventualmente fibre;
- Questo messaggio va trasmesso in maniera da favorire la sostituzione e non l’aggiunta ulteriore di zuccheri nella dieta, come molti sarebbero portati a fare spontaneamente;
Riferimenti:
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