Il web ci permette ormai di osservare i video di molte persone eseguire gli esercizi con i pesi, e quindi di notare una grande variabilità nelle esecuzioni. Si notano spesso dei sollevamenti con tecniche non canoniche, o comunque non così vicine alla forma didattica (volgarmente, “sporche”), che provocano accese discussioni sulla loro efficacia o pericolosità ma forniscono a mio parere un grande spunto di riflessione.
Le esecuzioni di stacchi da terra con schiene molto curve, o squat difficilmente distinguibili da un good morning, sono sbagliate e da correggere? Sono fatte di proposito perché efficaci, o sono semplicemente sbagliate e prima o poi se ne pagheranno le conseguenze? Vedrò di esporre la questione sia dalla prospettiva di coach e powerlifter, sia da quella di operatore sanitario nell’ambito muscolo-scheletrico.
Indice
Individualità dell’esecuzione
Bisogna subito chiarire che spesso chi critica queste esecuzioni “sporche” lo fa perché confronta ciò che vede con un’esecuzione ideale dell’esercizio (perlomeno a suo parere).
Ad esempio, qualcuno può credere che lo squat ideale si esegua con il tronco più verticale e quindi dominante di ginocchia; in tal caso, ciò che si discosta verrebbe ritenuto sbagliato e potenzialmente pericoloso. Il risultato di questa convinzione è che se si vede l’esecuzione di uno squat con il tronco molto inclinato, in cui si utilizza molto la catena posteriore, lo si reputa automaticamente sbagliato e pericoloso.
Ma al di là dell’arbitrarietà e delle esecuzioni sport-specifiche, bisogna tenere presente che le esecuzioni di riferimento sono ideali e stereotipate, e spesso irrealizzabili per la maggioranza delle persone comuni. Gli esercizi con i pesi liberi come squat, panca, e stacco sottostanno a dei vincoli ben precisi dati dalle leve e dalle caratteristiche soggettive: una persona con le gambe lunghe e il tronco corto starà inevitabilmente molto inclinata nello squat, un vincolo geometrico da cui non si scappa.
Le proporzioni ossee e la mobilità articolare dettano gran parte dell’esecuzione di un esercizio al bilanciere libero, e ben pochi avranno la fortuna di avere le caratteristiche che permettono un movimento da manuale e bello da vedere (per esempio, uno squat molto verticale).
Quando le leve sono una scusa?
Dietro alla questione delle leve si nascondono molte scuse per giustificare le peggiori schifezze. In primis, per esperienza posso garantire che la maggioranza delle persone che si nascondono dietro all’alibi “ho i femori lunghi, per quello faccio squat così” hanno in realtà delle leve normalissime e potrebbero compiere tranquillamente meglio l’esercizio.
Secondariamente, non è così semplice capire quanto le alterazioni motorie siano da imputare al vincolo dato dalle leve e quanto alla preferenza del soggetto. Sicuramente ci vuole un certo occhio, ma un grosso indizio è questo: le leve non cambiano al cambiare del peso, della fatica o delle ripetizioni. Un esempio classico sono coloro che nelle serie più pesanti inclinano molto il busto nello squat, ma non lo facevano nelle serie più facili. Sono forse cambiati i femori a metà allenamento?
Un altro caso, molto più sofisticato, è chi in genere fa sempre degli squat (o altri esercizi) “schienati” allo stesso modo a prescindere dal peso, ma compie una fase eccentrica molto diversa dalla concentrica. Questi soggetti nella discesa tengono anche una forma “più canonica”, ma poi in risalita stanno decisamente più inclinati con il busto. Non sono facili da vedere, ma sono parecchi e di solito si giustificano con “eh le mie leve…”.
Mi spiace, ma le leve non cambiano a metà alzata, che ci si muova in un determinato modo più o meno volontariamente. Se fosse un vincolo dettato dalla lunghezze ossee, avreste le stessa inclinazione del tronco sia in discesa che in salita. Attenzione, perché non significa necessariamente che un’esecuzione del genere sia sbagliata, solo che non è colpa “delle leve” o altre scuse simili.
Perché gli atleti avanzati fanno cose strane?
La risposta breve e diretta è che fanno così perché su di loro funziona. Dal punto di vista di un principiante o di un soggetto medio che ha in mente un’esecuzione tecnica ideale, vedere un atleta avanzato fare cose anomale (uno squat molto di schiena, uno stacco a schiena flessa, una panca con affondo al petto, una military press con schiena inarcata, ecc) può far sorgere diverse perplessità. Ma se un avanzato si comporta in questo modo, evidentemente ci sono delle ragioni che lo giustificano.
Oltre al discorso leve, va considerato che noi vediamo il risultato finale di una selezione sia di tentativi che di persone sopravvissute nel tempo. Se un atleta che va ai mondiali di powerlifting fa lo stacco con la schiena flessa, lo fa volutamente e con una logica ben precisa che permette una migliore prestazione (per esempio gli permette di avere angoli più vantaggiosi).
Sicuramente nel corso di anni di allenamenti ha provato svariate strategie, comprese ovviamente quelle più canoniche, ed alla fine ha mantenuto quella per lui più efficace e al contempo sicura: a volte questa è esteticamente gradevole, altre no.
Bisogna considerare poi che dietro ai video c’è la storia di come e perché gli atleti ci sono arrivati, magari infortuni pregressi o limiti articolari. Un atleta avanzato non fa uno squat a busto inclinato perché “non sa” come eseguirlo correttamente.
Un esempio recente è un ragazzo da podio agli italiani di powerlifting, che ha volutamente deciso di fare lo squat con il busto parecchio inclinato caricando tutto di schiena. Dopo anni di prove ed errori questa è risultata la strategia migliore che gli ha permesso di non caricare un ginocchio dolorante (operato anni prima) e allo stesso tempo compiere una buona prestazione usando la schiena, che è un suo punto di forza. Sarà brutto da vedere, ma almeno non accusa dolore al ginocchio e può competere ad alti livelli.
Quando l’esecuzione “sporca” è un errore?
In tutto questo discorso, è difficile capire quando un’esecuzione non canonica sia un errore da correggere e quando invece non lo è. Tipicamente la risposta che si dà è che dipende dal carico: a 100 kg è un errore, a 300 kg un individualità. Sicuramente il carico dice molto, perché a 300 kg significa che sei un avanzato che le ha provate tutte e alla fine ha vinto questa strategia. E se fa 300 kg probabilmente significa che quello che fa non è cosi dannoso, altrimenti non avrebbe avuto modo di accumulare gli anni di allenamento necessari per arrivare a 300 kg.
Ma con questo discorso sono solo parzialmente d’accordo. È triste ammetterlo, ma con i pesi (così come per gli altri sport ad alti livelli) la genetica detta tantissimo i risultati, e ci sono persone che semplicemente sono molto più predisposte di altre. Alcuni possono essere cosi forti e dotati (e/o farmacologicamente aiutati) da fare prestazioni eccezionali anche se sono a tutti gli effetti dei principianti nei metodi e nella tecnica. Va ponderato quindi ogni caso (vedi i famosi 300 kg di stacco di Thor), perché anche dietro alla giustificazione dei “tanti kg, quindi giusto” si nascondono tante schifezze.
Molti di questi bestioni che già da giovani e inesperti facevano numeri eccezionali in maniera non canonica, poi nel corso della loro carriera si sono decisamente avvicinati a esecuzioni più tradizionali ottenendo grandi miglioramenti. Perciò, come regola generale il carico basso è già un buon indizio di qualcosa da correggere, ma un carico elevato non per forza è sinonimo di corretto.
A mio parere, la grossa differenza la fa il contesto. Se il soggetto esegue sempre l’esercizio in quel modo, ogni ripetizione uguale, dal riscaldamento fino al massimale e anche durante uno sforzo al limite, allora è probabilmente una scelta ben studiata e voluta. Se da 50 kg fino a 300 kg ogni ripetizione è identica e con la stessa strategia, ci sono buone probabilità che sia un gesto individualizzato: su di lui quella strategia paga e avrà le sue ragioni per farlo.
Per fare un esempio di un caso famoso, lo stacco di Kostantinov è di sicuro non canonico in quanto solleva il bilanciere con una marcata flessione della colonna. Ma se si guarda bene, lui fa le ripetizioni identiche ogni volta con qualsiasi peso, mostrando un gesto molto costruito e controllato. È voluto, c’è controllo, è sempre preciso e funziona in sicurezza: ha oltre un decennio di agonismo e ha sollevato oltre 400 kg in gara svariate volte.
Ben diverso invece il caso di un soggetto che l’esecuzione “sporca” la fa solo da stanco, o solo sopra un certo carico e senza controllo. Per esempio lo squat è “bello” pulito fino ad un certo punto, ma solo alle ultime ripetizioni o vicino al massimale inclina il tronco e si sbilancia in avanti. Oppure, in uno stacco il soggetto tiene la schiena in posizione ideale, ma sopra un certo carico perde completamente la posizione quando inizia a spingere e si accartoccia sotto al carico per poterlo sollevare. Qui non siamo più di fronte ad una strategia consolidata e ricercata di proposito, ma semplicemente l’esecuzione viene compromessa con un carico pesante.
Saper vedere e capire queste dinamiche non è facile, richiede una gran dose di esperienza e occhio che di solito è appannaggio solo dei tecnici che si occupano di agonismo. Naturalmente queste considerazioni possono valere anche per quelle discipline affini dove si utilizzano le grandi alzate, come la generale preparazione atletica o il bodybuilding.
Nella seconda parte vedremo di approfondire ulteriormente la questione vagliando la ricerca sul tema.