Il concetto di esercizio ridondante si riferisce a quegli esercizi che hanno delle caratteristiche almeno per alcuni aspetti molto simili ad altri che già si eseguono in un allenamento, e che quindi sarebbero superflui in quanto lo “stimolo” sarebbe praticamente identico, cioè appunto ridondante.
L’argomento affrontato è una risposta all’interessante articolo scritto dal famoso coach Nick Tumminello su T-nation. Oltre all’analisi critica questo è un buon pretesto per affrontare l’argomento anche dal punto di vista tecnico.
Indice
Esempi di ridondanza
Una domanda frequente è rivolta proprio a questo dubbio. Ad esempio se già si esegue una spinta con bilanciere, che senso ha eseguire un altro esercizio simile nello stesso allenamento, come una chest press?
Molti risponderebbero che uno è ai pesi liberi l’altro è una macchina vincolata. Ma al di là di queste differenze, alcuni esercizi non fanno altro che riprodurre un movimento che, almeno riguardo a una certa articolazione, è uguale, quindi “lo stimolo è uguale”, e quindi “non va bene”.
Tumminello sostiene ad esempio che:
- Non occorre fare il curl al cavo basso visto che il normale curl ai pesi liberi prevede una curva della resistenza analoga, piuttosto usate esercizi con un diverso angolo articolare, come la panca Scott;
- Non occorre usare le spinte con manubri se già usate le croci con manubri dato che la curva della resistenza nei due esercizi è analoga, piuttosto usate le croci ai cavi;
- Non occorre fare il plank se già fate i push-up, dato che a livello lombare il lavoro addominale è analogo;
- Non occorre usare le alzate frontali dato che i deltoidi anteriori vengono già molto stimolati con le spinte orizzontali, le spinte su panca inclinata e ancora più con le spinte verticali (argomento già discusso altrove), piuttosto fate le croci inverse per i deltoidi posteriori;
- Non occorre fare esercizi mirati per la bassa schiena come l’hyperextension (HPX) o il superman, dato che squat e stacchi già stimolano a sufficienza questi muscoli;
Considerazioni
Può essere comprensibile che spesso gli articoli vengono scritti più per il grande pubblico o per sensibilizzare i neofiti su certi argomenti, ma queste posizioni risultano discutibili. Ad esempio:
- C’è una certa differenza tra un curl al cavo basso e un curl ai pesi liberi, perché la distribuzione della tensione può essere differente. I cavi di solito permettono di mantenere la tensione alta in più angoli del ROM (1), anche se la curva della resistenza è simile;
- Anche la comparazione tra spinte con manubri e croci con manubri non convince, dato che in uno vengono coinvolti i tricipiti e nell’altro i bicipiti come sinergici. La curva della resistenza discendente è tale per tutti i movimenti di spinta orizzontale, quindi per coerenza si dovrebbero limitare anche tutte le spinte dato che hanno caratteristiche simili alle croci con manubri.
- Anche la comparazione tra push-up e plank è discutibile. Nel primo esercizio l’anello debole è rappresentato dai flessori di spalla (gran pettorale soprattutto), i muscoli che cederanno per primi portando ad arrestare la serie. Nel secondo le capacità di resistere nel tempo sono molto maggiori dato che l’anello debole è rappresentato dagli addominali e il petto non viene coinvolto. In altre parole il plank è più adatto per lavorare sull’endurance muscolare isometrica dei muscoli addominali, il push-up è invece più adatto per l’endurance muscolare dinamica e l’ipertrofia del gran pettorale, ma gli addominali cederanno (almeno quasi sempre) ben dopo il petto;
- Non c’è per forza la necessità di evitare le alzate frontali dato che possono esistere dei validi motivi per inserirle in un programma per l’ipertrofia. Una novità emersa di recente è che il deltoide è stato riconosciuto come un muscolo “grande” al pari di gran pettorale e gran dorsale (2), quindi non ha ulteriormente senso ragionare in termini conservativi per limitare il volume dedicatogli;
- Anche l’ultimo punto è molto discutibile. È vero che la bassa schiena viene già stimolata con squat e deadlift, ma bisogna vedere con che entità e con quale specificità. Questi esercizi di solito sono svolti con carichi relativamente alti, quindi gli erettori spinali intervengono in pseudo-isometria contro resistenze elevate (forza), negli esercizi più mirati come HPX e superman questi sono sottoposti a tensioni molto minori, e soprattutto nel HPX possono lavorare anche in maniera dinamica raggiungendo un elevato grado di allungamento. Quindi vale la pena di valutare uno stimolo più mirato all’endurance muscolare come viene suggerito in letteratura (3), dato che tutto questo non si ottiene molto bene con squat e stacchi pesanti. Questo è a maggior ragione suggerito proprio perché i powerlifter (squattisti e stacchisti per eccellenza) possono beneficiare di un lavoro mirato con l’HPX per rafforzare gli estensori lombari (4).
In definitiva l’articolo di Tumminello, per quanto utile a sensibilizzare su alcune caratteristiche biomeccaniche degli esercizi, sembra basato su una falsa dicotomia: “dato che alcuni esercizi hanno caratteristiche simili (neppure identiche) ad altri, allora non occorre farli”, quasi a lasciare intendere che siano controproducenti.
Abbiamo visto che in realtà le caratteristiche spesso non sono neppure identiche, ma lo sono solo apparentemente da un giudizio superficiale.
Esercizio ridondante = sbagliato?
Esiste un ulteriore argomento di fondo su cui si regge l’intero articolo di Tumminello. Il senso sarebbe, “che senso ha fare una lat machine a presa larga se poi faccio già il pull-up?”, oppure “che senso ha fare una panca piana al multipower se già faccio la panca piana?”.
Notiamo che in entrambi i casi la meccanica del gesto è praticamente analoga, si potrebbero certo trovare delle differenze ma grosso modo il gesto è quello, stesso piano di lavoro, stesso ROM, stessa curva della resistenza.
Questa idea sarebbe supportata anche dalla famosa ipotesi del “variare gli angoli di lavoro” largamente accettata nel bodybuilding più e meno tecnico (5,6,7), per cui gli esercizi selezionati in un programma in linea di massima dovrebbero prevedere delle caratteristiche differenti. Purtroppo in questo caso tale principio viene portato all’estremo e reso dicotomia, nel senso che ragionando in bianco e nero si concluderebbe che “tutti gli esercizi devono essere differenti l’uno dall’altro in termini di caratteristiche biomeccaniche, angoli articolari e piani di lavoro”, lasciando praticamente sottinteso che “altrimenti non si cresce in maniera ottimale”.
Ma ragionandoci si realizza che nel mondo reale non funziona affatto così. Si è vero, se in un allenamento scelgo 4-5 esercizi per un gruppo muscolare, alcuni di questi potrebbero essere molto diversi l’uno dall’altro, altri invece possono essere molto simili, ma questo è un male? Direi di no, e per capirlo possiamo soffermarci su un semplice esempio.
Avete presente il 10 X 10? Ne esistono varie interpretazioni, come il popolare German Volume Training (GVT), ma il succo è che si eseguono 10 serie con lo stesso esercizio. Ah ma allora in questo caso va bene? Ma come, non dicevamo che bisogna variare tassativamente angoli di lavoro in un allenamento per ottimizzare l’ipertrofia?
Il 10 X 10 è un esempio estremo, ma è giusto per far capire che se 10 serie di un singolo esercizio possono essere accettabili (del resto è un programma famoso che nessuno metterebbe in discussione in quanto tale), figurarsi se si dedicano complessivamente 6-8 serie suddivise tra due esercizi simili.
Volume vs varietà nella selezione degli esercizi
Un altro argomento importante è capire la gerarchia di importanza delle variabili dell’allenamento. Il volume è riconosciuto come una delle variabili principali per ottimizzare l’ipertrofia (5,6,8), la selezione degli esercizi (“cambiare angoli di lavoro”) è invece riconosciuta come una variabile secondaria (5,6).
Quindi cosa è più importante tra questi due estremi dicotomici? Fare un solo esercizio con un volume ottimale per stimolare un dato gruppo muscolare, oppure variare molti esercizi dedicati allo stesso gruppo muscolare, ma con un volume subottimale? Dopo tutto, usare un solo esercizio per un gruppo muscolare in un programma per l’ipertrofia permette di ottenere comunque dei miglioramenti anche in soggetti allenati (9).
Ma questo è un voluto esempio dicotomico, giusto per far capire la differenza di peso tra una e l’altra variabile. Il discorso è che spesso ci si fa troppe seghe mentali senza essere in grado di dare il giusto peso a una certa nozione, e quindi senza capire il suo valore e la sua applicabilità nel mondo reale.
Quello che voglio dire, è che nel mondo reale possiamo tranquillamente scegliere 2 o 3 esercizi simili e “ridondanti” dedicati allo stesso gruppo muscolare nello stesso allenamento (cosa che si è sempre fatta), perché al di là della “varietà degli angoli di lavoro” esistono variabili più importanti da considerare per rendere un allenamento produttivo per l’ipertrofia, come appunto il volume o l’intensità dello sforzo.
High Volume Training (HVT) = inevitabile ridondanza
Sicuramente un altro dettaglio che solleva forti dubbi sull’argomento di questo articolo, è che negli allenamenti ad alto volume specifico è quasi inevitabile che si selezionino alcuni esercizi ridondanti. Nella ricerca recente il volume è stato sempre più riconosciuto come variabile di primaria importanza per ottimizzare gli adattamenti di ipertrofia (5,6,8).
Il volume a settimana da dedicare al singolo gruppo muscolare può tranquillamente superare le 20 serie, di conseguenza è normale che, con un’ampia selezione di esercizi dedicati allo stesso muscolo, alcuni di essi saranno ridondanti. Sarebbe decisamente irrealistico che in 20 o 30 serie compiute in un microciclo, tutti gli esercizi scelti per coprirlo debbano essere per forza molto differenti tra loro sotto l’aspetto biomeccanico. Ma del resto, la ridondanza può essere aggirata manipolando altre variabili dell’allenamento.
Esercizio ridondante non è stimolo ridondante: gesto vs specificità
Un altro grandissimo limite nel ragionamento sugli esercizi ridondanti è che si guarda solo all’aspetto anatomico, le caratteristiche generali di un gesto, e non la modalità con cui il gesto stesso viene eseguito.
Ma il bodybuilding è una disciplina che promuove non solo la “varietà degli angoli di lavoro”, promuove anche la varietà di altre variabili come l’intensità di carico, l’intensità dello sforzo, i tempi di recupero, il tempo e il time under tension (TUT).
Quindi anche se scelgo due esercizi molto simili, ciò non esclude che uno dei due si possa eseguire con una determinata specificità (ad esempio basse ripetizioni, pause lunghe, tempo rapido) e l’altro con una specificità completamente differente (alte ripetizioni, pause brevi, tempo lento, soste isometriche). Questi ragionamenti sono abbastanza scontati per chi ha almeno un’infarinatura generale sull’organizzazione dei piani di allenamento, ma spesso vengono accantonati perdendo di vista il grande schema.
Ma la diversa specificità si può applicare anche sullo stesso identico esercizio. Faccio 4 serie di lat machine inversa con un buffer-2 su 10 RM e fermo di 1 secondo in contrazione, proseguendo con l’allenamento andrò a fare un di nuovo la lat machine, ma questa volta a cedimento per 14 RM con un tempo “2.0.2.0”. Era uno stimolo ridondante?
Il discorso si può estendere anche alla necessità di una certa specificità per un dato scopo. Tumminello fa l’esempio degli stacchi e degli squat come esercizi sufficienti per stimolare la bassa schiena. Tuttavia la specificità che si ottiene con questi esercizi nella modalità più comune non è la stessa che magari si vuole cercare, ad esempio per migliorare la resistenza isometrica degli erettori spinali invece che la forza.
Riferimenti:
- Keogh JWL et al. Practical applications of biomechanical principles in resistance training: Moments and moment arms. J Fit Res. 2013 2(2), 39-48.
- Ribeiro AS et al. Large and small muscles in resistance training: is it time for a better definition? Strength Cond J. Oct, 2017. 39:33–35.
- McGill SM. Low back stability: from formal description to issues for performance and rehabilitation. Exerc Sport Sci Rev. 2001;29(1):26-31.
- Androulakis-Korakakis P et al. Comparison of isolated lumbar extension strength in competitive and noncompetitive powerlifters, and recreationally trained men. J Strength Cond Res. 2018 Jul 2.
- Helms ER, Valdez A, Morgan A. The Muscle and Strength Pyramid – Training. e-book. 2015.
- Schoenfeld BJ. Science and Development of Muscle Hypertrophy. Human Kinetics. 2016.
- Antonio J. Nonuniform response of skeletal muscle to heavy resistance training: can bodybuilders induce regional hypertrophy? J Strength Cond Res. 2000 14(1):102-113.
- Schoenfeld BJ et al. Dose-response relationship between weekly resistance training volume and increases in muscle mass: A systematic review and meta-analysis. J Sports Sci. 2017 Jun;35(11):1073-1082.
- Haun CT et al. Effects of graded whey supplementation during extreme-volume resistance training. Front Nutr. 2018; 5: 84.