Il Peripheral Heart Action (PHA), ovvero azione periferica del cuore, è un tipo di allenamento a circuito con i pesi ideato nei lontani anni 1940 ma popolarizzato nel settore bodybuilding dagli anni 1960.
A differenza dei normali allenamenti a circuito, il PHA si contraddistingue da una precisa sequenza di esercizi che stimolano, in maniera alternata, gruppi muscolari distanti tra loro (alternanza tra parte superiore e inferiore) per intensificare la circolazione e il lavoro cardiovascolare.
Perlomeno in Italia, lo logica del PHA sembra aver visto una riscoperta dagli 2000 quando ha iniziato ad essere promosso come struttura di allenamenti ibridi tra esercizio con i pesi e esercizio aerobico per trattare problemi circolatori e cellulite nelle donne.
Molti concetti qui esposti ripropongono in maniera più sintetica quanto spiegato nel mio articolo del 2013 su Wikipedia, ma qui cercherò di riassumere e aggiornare quanto oggi sappiamo su questo metodo, e se può valere la pena valutarlo per qualche scopo, valutando anche tutta la ricerca sul tema.
Caratteristiche generali
Il PHA rispetta generalmente i dettami del classico circuit training (CT), ovvero un allenamento total body con sovraccarichi e corpo libero dove si svolgono una serie di esercizi in monoserie consecutivamente, con tempi di recupero tra 0 e al massimo 30 secondi. Una volta terminata la serie di esercizi (cioè, il curcuito) segue una pausa più lunga, per poi ripetere il circuito un numero variabile di volte (1).
L’unica effettiva differenza tra il PHA e il CT tradizionale è l’imposizione di un preciso ordine degli esercizi, per cui si alterna costantemente la stimolazione della parte superiore, centrale, e inferiore del corpo (ad esempio, cosce > petto > addome > polpacci > spalle, ecc). Nel CT tradizionale invece la sequenza degli esercizi tende a non avere un criterio preciso, limitandosi al massimo a dare la priorità ai muscoli grandi per poi terminare con quelli di minori dimensioni (il cosiddetto principio centrifugo). In altre parole, il PHA è semplicemente un ordine degli esercizi applicabile agli allenamenti a circuito.
La logica alla base del PHA è richiamare la circolazione nelle parti opposte del corpo e favorire così il flusso sanguigno durante l’intera durata della sessione di allenamento (2,3). Secondo Bob Gajda, ex-campione di bodybuilding degli anni ’60 che lo promosse da quell’epoca, il beneficio sarebbe stato semplicemente migliorare il recupero attraverso un più rapido smaltimendo delle scorie generate dal lavoro muscolare (3).
La filosofia sembrava reggersi semplicemente sull’opposizione allo stress metabolico (e quindi a pompaggio, bruciore, infiammazione, ecc) tutt’oggi supportato tra molti scienziati dell’ipertrofia, sebbene i benefici ipotetici fossero spiegati in maniera vaga, anche per la scarsità di ricerche sull’esercizio con sovraccarichi all’epoca.
Cardio-PHA
Circa dagli anni 2000, alcuni autori e scuole di fitness italiani hanno iniziato a promuovere il PHA non tanto come allenamento muscolare (per l’ipertrofia muscolare), ma piuttosto per il fitness femminile. La proposta è stata adattare il criterio del PHA a quello che nella ricerca era comunemente chiamato aerobic circuit training (ACT), un ibrido tra circuito con i pesi e esercizio aerobico (1,4).
Il generico ACT prevede diversi esercizi con sovraccarichi e corpo libero in tri set o set giganti (cioè senza recuperi, o con recuperi molto brevi), intervallati da alcuni minuti di esercizio aerobico (recupero attivo) (1,4). Il cosiddetto cardio-PHA è quindi nient’altro che un ACT contraddistinto da una sequenza di esercizi con i pesi in “stile PHA” (5,6) (si vedano gli esempi che riportavo nell’articolo su Wikipedia).
Il cardio-PHA è stato pensato per le donne con problemi circolatori, ritenzione idrica, o cellulite a livello degli arti inferiori, poiché consentirebbe un rapido afflusso di sangue verso le regioni superiori del corpo impedendo il ristagno sanguigno di acido lattico, tossine, e cataboliti nelle zone critiche (5,6). Poiché queste problematiche sono presenti essenzialmente nelle donne appartenenti al fenotipo ginoide, tale protocollo troverebbe un’applicazione sensata perlopiù per questa categoria di soggetti (6).
Pseudoscienza sul PHA

Come spiegato varie volte, nel fitness è molto forte la tentazione di lasciarsi andare a conclusioni affrettate che strizzano l’occhio alla pseudoscienza. Del resto, se questo succede anche nel campo della medicina, è inevitabile che nel fitness questo meccanismo sia ancora più accentuato a causa di una competenza generale sulla biologia più carente, il facile sensazionalismo, ricerche più scarse e di minore qualità, e la logica del “male non fa”.
Le argomentazioni sui presunti benefici del PHA vanno distinte tra quelli che avrebbe comportato l’applicazione del protocollo originale nel contesto della pura muscolazione (perlopiù recupero o maggiore efficienza), e quelli che avrebbe comportato quando applicato negli allenamenti ibridi tra pesi e cardio (cellulite, ristagno sanguigno, ecc).
Le conclusioni sensazionalistiche di Gajda si affidavano a nozioni vaghe secondo cui il metodo avrebbe migliorato il recupero non solo favorendo la circolazione sanguigna, ma dei fluidi in generale, coinvolgendo quindi anche la linfa e il liquido interstiziale (3). Naturalmente queste affermazioni mancavano di prove di efficacia, e non sembra che l’autore riportasse evidenze scientifiche anche solo su indizi a riguardo.
Ad esempio, è plausibilissimo che almeno a distanza di poche ore dall’allenamento i marker del recupero non differiscano tra il PHA e un circuito tradizionale. Inoltre, tutt’oggi il pompaggio e l’infiammazione locali (e in generale i meccanismi dello stress metabolico) sono riconosciuti da molti scienziati come favorevoli all’ipertrofia (7), e sebbene la questione sia dibattuta, dopo 60 anni di ricerca questi meccanismi non sono certo ritenuti un chiaro ostacolo alla crescita muscolare.
Anche le affermazioni sull’efficacia del cardio-PHA non si basavano su evidenze, e discutibilmente su solide basi di fisiologia circolatoria. Ad esempio, anche se la continua alternanza tra stimolazione di parte alta e parte bassa impedisse il ristagno sanguigno negli arti inferiori (cosa comunque non scontata), un beneficio simile si potrebbe ottenere stimolando inizialmente la parte inferiore per poi terminare la seduta con la parte superiore, come del resto impone il classico principio centrifugo applicato agli allenamenti total body. Per contenere lo stress metabolico basterebbe inoltre evitare alte ripetizioni e pause brevi (e quindi di fatto il circuito) per gli esercizi dedicati agli arti inferiori.
Ricerca sul PHA
Quando si parla di scienza bisognerebbe ammettere quali sono le affermazioni prive di basi e rette solo su “ipotesi” discutibili, quali sono basate su indizi e nozioni decontestualizzate, e quali su prove dirette di efficacia.
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