La fallacia ad naturam o appello alla natura (appeal to nature) è una fallacia logica in cui a priori si propone che una cosa è buona o giusta perché è “naturale”, o che sia cattiva o sbagliata perché è innaturale o artificiale (1,2,3).
Si tratta di un errore logico spesso presente nelle argomentazioni in cui chi attacca si basa sulla retorica secondo cui una certa pratica o un certo prodotto non sono giusti o buoni perché non sono frutto della natura o di processi naturali, ma il risultato dell’elaborazione dell’uomo.
A livello concettuale la fallacia ad naturam consiste in: “X è naturale, Y è innaturale, quindi X è per forza meglio di Y” (3) (talvolta dando per scontato che “Y è nocivo”).
Il problema fondamentale di questo errore è che non considera l’esistenza di sostanze naturali che sono mortali o nocive, e sostanze artificiali neutre o benefiche. In altre parole, non c’è alcuna relazione diretta tra la “naturalezza” di qualcosa e una conseguenza positiva e viceversa (1,2); in alcuni casi qualcosa di naturale può avere conseguenze negative, così come qualcosa di artificiale può avere conseguenze positive.
L’articolo espone vari esempi di ad naturam in campo di allenamento, alimentazione e supplementazione, per far comprendere in quali casi questa fallacia viene abusata per poter sostenere una posizione o semplicemente per incentivare la vendita di prodotti o servizi. L’ad naturam è infatti largamente sfruttato in campo commerciale grazie all’associazione automatica delle persone tra il concetto di naturale e qualcosa di positivo e viceversa.
Indice
“L’uomo non è fatto/nato per…”
In generale, tutte le argomentazioni che fanno appello alla frase fatta “l’uomo non è fatto per” o “non è nato per” rischiano di essere soggette al ad naturam, dato che si basano praticamente sul presupposto per cui tutto ciò che altera il vivere dell’uomo originario e non-industrializzato sarebbe sbagliato o nocivo a prescindere. È paradossale però che chi si appella al ad naturam per screditare qualcosa, inevitabilmente si avvale di beni e servizi “non naturali”, cioè buona parte di ciò che offre la società moderna.
Sarebbe contraddittorio che si criticasse un alimento solo perché di per sé “non-naturale”, quando poi ci si avvale di un mezzo per spostarsi, si cuoce il cibo, si guarda la tv, si lavora sul pc, si usa il telefono per comunicare o ci si cura (o ci si salva) con i farmaci, dato che questi sono tutti mezzi “non-naturali”. Sulla base di questo ragionamento, si potrebbe sostenere che prendere un mezzo per andare a lavoro o mandare un’e-mail sarebbe sbagliato, dato che “l’uomo non è fatto per…”.
Esempi di ad naturam nell’allenamento
Il caso degli esercizi contro resistenza “innaturali”:
Un tipico caso di ad naturam nel contesto dell’esercizio contro resistenza è rappresentato dai critici delle macchine isotoniche e/o degli esercizi monoarticolari (di isolamento).
Spesso viene avanzata l’argomentazione che questi esercizi sono innaturali e non mimano i gesti quotidiani; un tipico concetto proposto è che “l’uomo non è nato per compiere movimenti di questa natura”, come se questo provasse una presunta inadeguatezza di tali movimenti per l’essere umano in senso generale.
Ma il fatto che gli esercizi alle macchine o di isolamento non vengano riproposti nella quotidianità o nei gesti spontanei, e che quindi non siano “naturali”, non è di per sé una prova oggettiva che siano da ritenersi “sbagliati”, nocivi e controproducenti. D’altra parte esistono dei dati a conferma che gli esercizi alle macchine e/o di isolamento, per quanto “innaturali”, in molti casi possano apportare benefici sia nella preparazione atletica che nella vita quotidiana per alcune popolazioni (4,5,6) (si vedano gli articoli sugli esercizi di isolamento o alle macchine).
Il caso dell’esercizio cardiovascolare “innaturale”
Alcuni critici dell’allenamento di natura aerobica sfruttano la retorica che “l’uomo non è nato per compiere sforzi di lunga durata” sulla base di presunte caratteristiche metaboliche e ormonali inadeguate; in alcuni casi viene asserito che la corsa sia una forma di deambulazione per cui l’uomo è inadatto dal punto di vista evolutivo (senza considerare che la corsa è solo uno dei tanti gesti possibili durante l’aerobica, ma del resto, anche la pedalata è “innaturale”).
Infine, secondo l’ad naturam potrebbe essere affermato che l’aerobica non serve a dimagrire proprio perché innaturale, solo sulla base di mere osservazioni aneddotiche prive di prove causali, come se ciò bastasse a confermare il fondamento dell’argomentazione. Nella letteratura scientifica appare piuttosto chiaro che l’esercizio aerobico può contribuire alla perdita di peso anche senza seguire la dieta (7,8,9). Inoltre, l’aerobica risulta più efficace dell’esercizio con i pesi o del cardio anaerobico per dimagrire (7,8,9)
D’altra parte, dal punto di vista fisiologico è noto che l’esercizio aerobico contribuisce di fatto a ridurre la massa grassa al pari dello stesso deficit calorico senza aerobica, semplicemente perché incide in negativo sul bilancio energetico (10,11,12) (come spiegato nel dettaglio in Bruciare grassi non significa dimagrire).
Esempi di ad naturam nell’alimentazione
Uno degli esempi più emblematici di ad naturam nell’alimentazione è il fondamento della Paleo-dieta, presentata come migliore perché basata solo su ciò che si trova in natura e che non è soggetto all’elaborazione dell’uomo. Non vengono però riportate prove inconfutabili (studi comparativi) per dimostrare che sarebbe indiscutibilmente migliore, per tutti, rispetto ad altre diete che includono anche alimenti soggetti a qualche forma di elaborazione (banalmente, cereali integrali, legumi, tuberi, latticini e farinacei).
Per contro, nella Paleo dieta sono state spesso riscontrate deficienze di alcuni micronutrienti (13,14), e i suoi sostenitori promuovono spesso l’utilizzo di supplementi (prodotti “non-naturali”) (15). Esistono infine varie contraddizioni sul fatto che l’uomo dell’antichità non mangiasse alcuni alimenti esclusi dalla Paleo-dieta, dato che è stato osservato il contrario per gli amidi (16,17,18) o per il latte (19).
Uno degli innumerevoli ma paradossali esempi di ad naturam nell’alimentazione è quello della cottura dei cibi. La cottura è un processo artificiale che permette all’uomo di digerire, o digerire meglio, alcune molecole come l’amido e ottimizzare l’assorbimento di alcuni micronutrienti (20,21). La cottura è un sistema adottato da tutta la popolazione industrializzata, ma se si dovesse fare appello al ad naturam, si potrebbe attribuirgli un’etichetta negativa in quanto processo “non naturale”.
“L’uomo non è fatto per bere latte post-svezzamento”
Una parentesi su un classico caso di fallacia ad naturam nell’alimentazione riguarda il consumo di latte per l’uomo quando supera l’età in cui se ne nutre “naturalmente” dalla madre.
L’argomento retorico usato dai detrattori del latte e dei latticini spesso si basa in primis proprio su questa fallacia, asserendo che l’uomo è l’unico essere vivente che beve latte dopo lo svezzamento, e lo beve di altre specie, come se l’appello alla natura fosse di per sé una “prova” che berlo dopo questo periodo e/o da altre specie sia sbagliato.
Ma per dimostrare la nocività del latte per l’uomo post-svezzamento è necessario portare prove scientifiche dirette di queste affermazioni, non appellarsi a una retorica.
In un post recente il ricercatore e nutrizionista Alan Aragon porta un buon esempio che dimostra come l’uomo non sia l’unica specie che beve il latte da altre specie: i gabbiani occidentali, i chioni (un uccello marino) e i gatti selvatici ad esempio rubano il latte direttamente dalle mammelle degli elefanti marini (22)…sempre che questa possa essere presa come “prova” di conseguenze positive o negative.
All’affermazione che il 65% della popolazione è intollerante al lattosio, il ricercatore risponde che non vi è motivo per cui il rimanente 35% debba evitare i latticini se non accusa problemi.
Se l’uomo dovesse evitare tutti gli alimenti per cui esiste un rischio di intolleranza o allergia solo per una fetta di popolazione, per coerenza bisognerebbe sconsigliare a tutti di mangiare i “naturali” noci, arachidi, grano e soia, dato che rappresentano 4 degli 8 allergeni alimentari più comuni (23).
Ma nella ricerca recente il consumo di latticini è riconosciuto come positivo per la salute, come fattore di protezione dalle malattie croniche (24,25,26), per la composizione corporea (27) e per la massa ossea (28). Al contrario, nella ricerca l’ipotesi acidificante del latte (acid ash hypothesis), secondo cui questo alimento causerebbe una demineralizzazione ossea, è stata da tempo messa in discussione e non confermata dall’evidenza (28).
Esempi di ad naturam nella supplementazione
Un altro classico esempio di ad naturam si ritrova nei casi in cui si criticano i supplementi asserendo che sarebbero nocivi o “meno sani del cibo” perché non naturali, senza argomentare sul perché, o senza portare le prove reali che confermerebbero questa idea. Tipico è criticare l’assunzione di pillole o polveri al posto del cibo, sfruttando la retorica de “l’uomo non è fatto per mangiare pillole o polveri”.
Il fatto che un supplemento sia di per sé nocivo o “meno sano” in quanto tale, semplicemente perché prodotto di una lavorazione, non è un’argomentazione logica perché si basa solo su un’etichetta per “valutare” sbrigativamente l’effetto di qualsiasi prodotto che ne rientra all’interno.
Allo stesso modo, il fatto che un alimento sia ridotto a polvere tramite procedure artificiali, non lo rende automaticamente nocivo; se così fosse allora l’intera categoria dei prodotti da forno dovrebbe essere incriminata perché basata su farine (comprese quelle integrali ovviamente).
Guardando invece caso per caso, si può capire che in alcuni casi i supplementi possono essere più biodisponibili degli stessi composti presenti nel cibo: può essere il caso della curcumina (29), della vitamina K1 (30), della vitamina B9 (31) o del β-carotene (32), oppure, come nel caso della vitamina C, la biodisponibilità può essere simile tra la forma naturale e il supplemento (33). Anche se non tutti questi casi sono per forza indiscutibili, ciò che è importante è il concetto per cui una molecola di sintesi non è per forza “peggio” di una molecola di origine naturale solo perché “non naturale”.
Riferimenti:
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4 risposte
Ciao Lorenzo ho un dubbio riguardo gli alimenti naturali o meglio il dubbio riguarda gli effettivi valori nutrizionali di frutta e verdura tipo quelli riportati DALL’IRAN. IL dubbio la verità mi viene ascoltando alcuni operatori del settore sport e fitness, non farò nomi per correttezza, che affermano che gli alimenti come frutta e verdura non contengano più i valori di riferimento un ribasso dovuto a colture intensive metodi di coltivazione e altro. Tale persona porta come riferimento uno studio o meglio una sintesi di studi sui multivitaminici del 2002 che suggerisce un’uso, a scopo precauzionale si chiarisce nello studio, di un multivitaminici al giorno. Ecco voglio subito chiarire che questa persona lavora anche per una conosciuta casa di integratori quindi…. Però ecco dalle poche conoscenze che mi son fatto io, non derivanti da letteratura scientifica, di solito se ne consiglia l’uso durante un periodo di forte restrizione calorica o di cut per restare nel nostro settore. Volevo chiederti se è da considerarsi ancora valido tale consiglio ovvero un uso facoltativo durante restrizione calorica. Ti ringrazio sempre della tua attenzione ai miei commenti
Confermo quanto si dice sul fatto che l’assunzione di multivitaminici è suggerita in particolare nel caso di forte restrizione calorica.
Faccio però presente che la questione andrebbe valutata caso per caso per essere più precisi. Questo perché dipende molto dalle esigenze della persona (magari è uno sportivo che ha un maggiore fabbisogno, a parità di bilancio energetico, di vari micronutrienti), dalla densità nutrizionale degli alimenti che consuma (a parità di macros e calorie), e dalla qualità generale degli alimenti consumati (a parità di selezione di alimenti).
Quindi in linea di massima si può dire che il multivitaminico ha più senso in situazioni di restrizione calorica, e questo è noto. Però non si può escludere che un multivitaminico possa essere utile anche in casi di abbondanza energetica, dove vari fattori come sport e qualità del cibo possono dettare queste esigenze.
Per assurdo, è possibile che sulla stessa persona esistano carenze di micronutrienti in una dieta eucalorica o ipercalorica senza mangia male, e che non esistano in una dieta leggermente ipocalorica se mangia alimenti alta qualità e alta densità nutrizionale.
Un’altro fattore di cui tener conto nel decidere se integrare potrebbe essere il quantitativo di fibre giornaliero derivante dall’alimentazione?
Se proprio dovessimo fare i maniaci si, perché alcune fibre potrebbe agire da anti-nutriente, ma in linea di massima direi che può andare bene così senza farsi troppe seghe mentali. Cioè, se ti mantieni a grandi linee all’interno del fabbisogno di fibre suggerito non vedo troppo il problema tranne casi particolari.