La fallacia dello sforzo notevole: “no pain, no gain?”

Lo sforzo notevole (notable effort fallacy) è una fallacia logica per cui si riconosce erroneamente un impegno o uno sforzo elevato come una valida argomentazione per accettare la verità della conclusione, nonostante lo sforzo non sia prova di verità (1).

Concettualmente lo sforzo notevole consiste in: è stato compiuto uno sforzo notevole per dimostrare Y, quindi Y è vero. Talvolta si potrebbe far intendere che la validità di un’argomentazione (o di un metodo) sia proporzionale al grado di sforzo impiegato per dimostrarla.

Un esempio di sforzo notevole potrebbe essere: Come puoi negare la sua affermazione? William ha scritto un intero libro cercando di spiegare perché crede che la sua affermazione sia vera. Pertanto, deve essere vero. Il fatto che William abbia fatto uno sforzo notevole per dimostrare la sua affermazione, pubblicando un intero libro, non implica automaticamente che l’affermazione sia vera (1).

Sforzo notevole nello sport

Lo sforzo notevole è una fallacia estremamente comune nel mondo della palestra e dello sport in generale. In questo ambito infatti lo sforzo viene particolarmente premiato, ed è comune la percezione che “più è meglio” per ottenere risultati.

Riprendendo l’esempio precedente riadattandolo al contesto sportivo, un caso di sforzo notevole potrebbe essere: Come puoi negare che questo allenamento non sia stato produttivo? Mi sono letteralmente massacrato tanto da vomitare e non riuscire neppure a camminare. Ma il solo fatto che un allenamento sia estremamente duro e faticoso, o peggio massacrante, non è una prova oggettiva che questo sia ottimale per ottenere i migliori risultati ricercati.

Sebbene entro certi limiti ci possa essere una relazione tra il grado di sforzo e i risultati, il “più è meglio” non è un’argomentazione corretta dal punto di vista logico per provare automaticamente la validità o la superiorità di un metodo.

Nella teoria dell’allenamento di base l’eccesso di sforzo e di stress è spiegato dai concetti di sovraffaticamento non-funzionale (non-functional overreaching) e dalla sindrome da sovrallenamento (overtraining syndrome) (2). In questi casi il grado di sforzo a lungo termine è talmente elevato da diventare controproducente per promuovere lo sviluppo di adattamenti positivi in maniera ottimale.

Nella realtà dei fatti la relazione tra stress indotto dall’allenamento e risultati potrebbe seguire piuttosto un andamento a U rovesciata, laddove un eccesso di sforzo ostacola gli adattamenti positivi oppure comporta adattamenti negativi.

La fallacia del “no pain, no gain”

Probabilmente l’emblema dello sforzo notevole nello sport è rappresentato da una certa interpretazione del popolare aforisma “no pain, no gain” (nessun dolore, nessun guadagno). Contestualizzato nel bodybuilding questo potrebbe essere inteso nel senso che, se non si prova dolore negli allenamenti non si ottengono buoni risultati in termini di crescita muscolare.

Sebbene la sua lettura corretta sia fondata (per ottenere grandi risultati bisogna fare grandi sacrifici), talvolta la frase viene malinterpretata in maniera estrema nel senso di “the more you pain, the more you gain”, cioè maggiori sono lo sforzo e il dolore meglio è per ottenere risultati.

È molto comune sostenere che la produttività di una serie di un esercizio con i pesi sia indicata dal senso di bruciore, e quindi di dolore, avvertito durante lo sforzo (da qui l’altro celebre aforisma “feel the burn”). Durante una serie di un esercizio contro resistenza il senso di bruciore è determinato dalla produzione e dall’accumulo di ioni idrogeno (H+), meccanismo dipendente dalla glicolisi anaerobica (o sistema anaerobico lattacido); questo bruciore è proporzionale alla durata della serie (TUT) o al numero di ripetizioni compiute (2).

Ma è un fatto ben stabilito che la produttività degli allenamenti per promuovere l’ipertrofia muscolare non è proporzionale a quanto bruciore e dolore si prova durante le serie. Ad esempio, carichi molto elevati e sforzi brevi (che non producono bruciore) sono altrettanto se non più produttivi se paragonati a carichi più bassi e sforzi di durata molto lunga, e quindi molto più dolorosi (3).

Lo stesso si potrebbe dire per l’abuso del cedimento muscolare tipico del bodybuilding vecchia scuola. Sulla base delle vecchie filosofie si da per scontato che il cedimento sia necessario per ottimizzare l’ipertrofia, e questo viene spesso giustificato dal fatto di accusare maggiore sforzo e bruciore applicando tale strategia. In questo modo si “proverebbe” che più si soffre nella serie e meglio è (sforzo notevole), e quindi che il cedimento è meglio del buffer, e che superare il cedimento è ancora meglio, sempre e comunque.

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Ma anche in questo caso non c’è per forza relazione tra l’uso del cedimento e maggiore ipertrofia, perlomeno quando paragonati a buffer allenanti, e quindi di margine ridotto (4,5). Non è un caso che le posizioni attuali di molti tecnici specializzati nel natural bodybuilding siano quelle di limitare l’utilizzo del cedimento muscolare (2,6,7). Lo stesso si può dire per le tecniche di intensità (oltre il cedimento), che utilizzate in periodi circoscritti hanno un criterio, ma non se abusate cronicamente (8) come spesso promosso dai vecchi guru.

Nella subcultura del bodybuilding però vige ancora la concezione errata secondo cui più “ci si ammazza” negli allenamenti e meglio è per ottenere risultati. Talvolta questo è purtroppo il metro di giudizio falsato del cliente ignaro che esce massacrato dagli allenamenti di un coach “vecchia scuola”.

Naturalmente la scienza dell’allenamento, che sia essa rivolta all’ipertrofia muscolare o allo sviluppo di qualsiasi altro adattamento, spiega un’altra storia: il “più non è meglio” quando si parla di sforzo e dolore per ottenere un risultato ottimale.

“Per me, la caratteristica di una routine davvero eccellente è quando pone grandi richieste all’atleta, pur producendo un progressivo miglioramento a lungo termine senza indolenzimento, infortuni o dove l’atleta non si sente mai completamente esausto.

Qualsiasi imbecille [inteso come incompetente] può creare un programma talmente impegnativo da uccidere virtualmente i più duri marines o atleti d’élite, ma nessun imbecille può creare un programma difficile che produca progressi senza dolore inutile”. (Mel C. Siff, PhD, biomeccanico, scienziato dello sport)

Vai all’articolo principale su bias cognitivi e fallacie logiche.

Riferimenti:

  1. Bennett B. Logically Fallacious: The Ultimate Collection of Over 300 Logical Fallacies. eBookIt.com, 19 feb 2012.
  2. Schoenfeld BJ. Science and Development of Muscle Hypertrophy. Human Kinetics, 2016.
  3. Schoenfeld BJ et al. Strength and hypertrophy adaptations between low- vs. high-load resistance training: a systematic review and meta-analysis. J Strength Cond Res. 2017 Dec;31(12):3508-3523.
  4. Sampson JA, Groeller H. Is repetition failure critical for the development of muscle hypertrophy and strength? Scand J Med Sci Sports. 2016 Apr;26(4):375-83.
  5. Schoenfeld BJ, Grgic J. Does training to failure maximize muscle hypertrophy? Strength Cond J. 2019 Mar.
  6. Helms ER et al. Recommendations for natural bodybuilding contest preparation: resistance and cardiovascular training. J Sports Med Phys Fitness. 2015 Mar;55(3):164-78.
  7. Norton L, Baker P. The Complete Contest Prep Guide. CreateSpace Independent Publishing Platform, 2018.
  8. Schoenfeld BJ. The use of specialized training techniques to maximize muscle hypertrophy. Strength Cond J. 2011 33(4), 60-65.
  • Lorenzo Pansini

    Lorenzo Pansini è natural bodybuilder, formatore, personal trainer e divulgatore scientifico specializzato in nutrizione sportiva (ISSN-SNS) e allenamento per il miglioramento fisico. Con oltre 10 anni di esperienza attiva nella divulgazione scientifica, è stato per anni referente tecnico per l'azienda leader Project inVictus con vari ruoli, e richiesto da altre importanti realtà del settore nazionale. È autore per testi e riviste di settore, come Alan Aragon's Research Review, redatta dal ricercatore e nutrizionista americano Alan Aragon.

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