Una tecnica molto popolare diffusa nell’ambiente del bodybuilding sostiene che la rotazione interna dell’arto superiore durante i movimenti di spinta orizzontale permetta di ottimizzare lo stimolo del gran pettorale, in quanto riproporrebbe la sua funzione di intrarotatore.
La variante può rientrare all’interno dei classici “bro-esercizi” del bodybuilding, dato che propone un’esecuzione per certi versi pittoresca non giustificata da solidi principi anatomici e biomeccanici per lo scopo della muscolazione.
In questo breve articolo si offrirà un’analisi tecnica della teoria per verificare se possa risultare una strategia sensata al fine di ottimizzare l’ipertrofia del muscolo gran pettorale.
Indice
- 1 Cenni anatomici
- 2 La teoria dell’intrarotazione: la twisted grip
- 3 Cenni funzionali
- 4 Curva della resistenza e tensione continua
- 5 Intrarotazione dell’omero o dell’avambraccio?
- 6 Il caso dell’extrarotazione: la twisted grip inversa
- 7 L’intrarotazione omerale non si oppone ad alcuna resistenza
- 8 Conclusioni
- 9 Riferimenti:
Cenni anatomici
Il gran pettorale è un muscolo a ventaglio essenzialmente originante dalla clavicola, dallo sterno e dalla sesta e settima costa. Esso si inserisce con un robusto tendine appiattito nel labbro esterno del solco bicipitale dell’omero.
Il gran pettorale ha diverse funzioni nel movimento della spalla su molti piani di lavoro, cioè flessione, estensione, flessione orizzontale (o adduzione orizzontale), adduzione, intrarotazione, e naturalmente in movimenti intermedi tra quelli citati. Essenzialmente questo muscolo interviene in una buona parte dei movimenti della spalla intesa come articolazione gleno-omerale.
Le distensioni (o spinte) orizzontali degli arti superiori sono la generica categoria di movimenti fondamentali utilizzata per stimolare l’ipertrofia del muscolo gran pettorale. Esercizi come le spinte su panca piana, inclinata o declinata con bilanciere, manubri o alle macchine, rappresentano le principali scelte per questi scopi che sfruttano tale movimento. In termini anatomici la distensione (o spinta) orizzontale si compone dalla flessione orizzontale della spalla e dall’estensione del gomito nella fase concentrica.
La teoria dell’intrarotazione: la twisted grip
Dato che il gran pettorale è anche un intrarotatore dell’omero (rotazione mediale sulla sua stessa asse), una teoria molto popolare nell’ambiente fitness e bodybuilding suggerisce che durante i movimenti di spinta con manubri sia possibile ottimizzare la sua ipertrofia ruotando internamente i manubri durante la fase concentrica, riportando la presa nella posizione di partenza nella fase eccentrica.
Questo tipo di presa viene spesso chiamato dagli anglosassoni twisted grip (to twist, torcere), e consiste appunto nel partire con una presa neutra o semi-prona per poi ruotare gradualmente i manubri terminando la fase concentrica con una presa ruotata più internamente rispetto alla partenza.
Secondo la teoria questo permetterebbe di aumentare il grado di accorciamento del gran pettorale, in quanto esso riuscirebbe a svolgere anche il ruolo ulteriore di intrarotatore. Di conseguenza, il gran pettorale riuscirebbe a ricevere uno stimolo ottimizzato per l’ipertrofia.
Questa idea è probabilmente basata sul principio secondo cui i movimenti a range di movimento (ROM) completo hanno un maggiore potenziale nel creare ipertrofia rispetto agli stessi movimenti compiuti a ROM parziale (1). Come si potrà capire qui di seguito, la teoria dell’intrarotazione in realtà risulta basata su un’interpretazione piuttosto semplicistica dell’anatomia funzionale.
Cenni funzionali
I promotori della teoria dell’intrarotazione non tengono conto che ciò che ruota durante il gran parte del ROM nella spinta dell’arto superiore è l’avambraccio e non il braccio (omero), nonostante il gran pettorale si inserisca sull’omero e non sull’avambraccio. Se l’omero subisse veramente una rotazione interna durante la spinta, l’avambraccio (e il manubrio) verrebbe ruotato verso il basso, non potendo quindi essere mantenuto sempre in verticale.
In realtà ruotare l’avambraccio durante la spinta può permettere anche la rotazione dell’omero solo una volta che l’arto è quasi completamente disteso, cioè quando si trova in verticale rispetto al suolo o negli ultimissimi gradi della distensione. Esistono tuttavia alcuni problemi biomeccanici di cui tenere conto.
Curva della resistenza e tensione continua
Ai pesi liberi il torque articolare varia in base all’angolo articolare lungo il ROM previsto dall’esercizio (1). Questa variazione è più tradizionalmente spiegata dal concetto di curva della resistenza: le spinte per il petto hanno una curva della resistenza discendente, dato che la resistenza si riduce progressivamente durante la fase concentrica (2).
Nel caso delle spinte orizzontali, nelle parti iniziali del movimento il gran pettorale è più sovraccaricato perché il momento trova il suo picco in questa parte del ROM.
Al contrario, ad arto completamente disteso in verticale il momento meccanico a livello della spalla (articolazione gleno-omerale) è ridotto al minimo, ovvero i flessori orizzontali della spalla come il gran pettorale non sono sottoposti ad una rilevante tensione (1). Questo è uno dei motivi per cui molti bodybuilder spesso modificano l’esecuzione delle spinte evitando la massima distensione dell’arto: in questo modo si mantiene una cosiddetta tensione continua sul gran pettorale evitando i punti morti del ROM.
Se l’omero viene mantenuto sullo stesso piano di lavoro, l’intrarotazione dell’avambraccio può portare all’intrarotazione dell’omero solo nelle parti finali del ROM, un livello dove appunto il gran pettorale non è più sottoposto a rilevante tensione, agendo perlopiù come stabilizzatore per mantenere l’arto in verticale.
Intrarotazione dell’omero o dell’avambraccio?
Come detto, per fare in modo che la rotazione interna dell’avambraccio produca anche una rotazione interna dell’omero (cioè, dove si inserisce il gran pettorale, accorciandolo), il gomito deve essere quasi completamente esteso e l’arto superiore quasi completamente disteso in verticale.
Se la rotazione interna dell’omero avvenisse prima di questo punto, l’avambraccio verrebbe ruotato inevitabilmente verso il basso e non potrebbe rimanere verticale, impedendo l’esecuzione dell’esercizio stesso.
Di conseguenza un importante motivo per cui l’intrarotazione non trova un senso è proprio perché l’omero può ruotare internamente solo nelle parti finali del ROM, quando la tensione sul gran pettorale è ridotta al minimo.
Per evitare questo obbligo spesso si nota l’esecutore spingere il gomito verso l’esterno durante la risalita, in maniera che non ruoti internamente solo l’avambraccio ma anche l’omero. In questo modo effettivamente l’omero subisce una minima rotazione interna, tuttavia non si considera che spingendo esternamente i gomiti il gran pettorale tende ad allungarsi piuttosto che contrarsi. Il risultato è che anche se il muscolo si contrae un po’ per la rotazione omero, dall’altra si allunga a causa dell’allontanamento dell’inserzione dalle origini.
Il caso dell’extrarotazione: la twisted grip inversa
Una tecnica altrettanto popolare consiste nello sfruttare la twisted grip in senso contrario, ovvero ruotando l’avambraccio esternamente.
Se la rotazione interna sembrerebbe avere apparentemente una logica per aumentare il grado di accorciamento del gran pettorale sfruttando la sua funzione di intrarotatore, in questo modo l’effetto avrebbe ancora meno senso.
Come accade con la rotazione interna, un problema fondamentale è che la rotazione dell’arto sulla propria asse riguarda perlopiù l’avambraccio e non l’omero, ma anche se in questo caso avvenisse una extrarotazione omerale, questo perderebbe senso in quanto il muscolo ruota il segmento internamente e non esternamente.
In alcuni casi il motivo di questa rotazione esterna viene giustificato dal fatto che in questo modo si consentirebbe un maggiore grado di accorciamento del muscolo. In realtà non sembra essere il caso, in quanto anche nella normale spinta con una presa inalterata l’omero riesce ad essere portato perfettamente in verticale, cioè il livello di massimo accorciamento del gran pettorale secondo quanto permesso dall’esercizio.
Rimane comunque il problema che negli ultimi gradi della spinta il momento meccanico sulla spalla è minimo, pertanto anche se si riuscisse ipoteticamente a raggiungere un maggiore grado di accorciamento, il gran pettorale si trova in un punto morto in cui non lavora contro una rilevante resistenza.
In conclusione, la rotazione esterna dell’arto superiore ha ancora meno senso della rotazione interna proprio perché la teoria sul quale si fonda questa tecnica mirerebbe a produrre un maggiore accorciamento, cosa che avviene con la rotazione in senso contrario oppure mantenendo la presa inalterata durante il movimento.
L’intrarotazione omerale non si oppone ad alcuna resistenza
Per essere stimolato adeguatamente un muscolo deve opporsi ad una resistenza che spinge in direzione perfettamente contraria (1), ma l’intrarotazione omerale ad arto completamente disteso in verticale non si oppone ad alcuna resistenza esterna. Ai pesi liberi la linea della resistenza (forza P, la forza esterna) spinge sempre verso il basso, in senso perfettamente perpendicolare al suolo.
Per ciò che l’intrarotazione dell’omero si opponga ad una resistenza la linea della resistenza dovrebbe agire in perpendicolare all’arto (cioè in orizzontale) “tirando” verso l’extrarotazione del segmento in maniera che gli intrarotatori omerali come il gran pettorale agiscano in opposizione. Questa situazione non può essere affatto ricreata durante i movimenti di spinta, dove la linea della resistenza ai pesi liberi agisce sempre e solo verso il basso.
Anche se per assurdo si riuscisse a contrastare una resistenza che forza l’extrarotazione dell’omero contrastandola in senso contrario, in tal caso agirebbero in maniera molto importante anche gli intrarotatori dell’avambraccio (i pronatori) e non solo del braccio.
In ultima analisi, anche se per assurdo si riuscisse a impostare una resistenza che forzi l’extrarotazione dell’omero ad arto completamente disteso, questo non avrebbe alcuna utilità, perché il grado di accorciamento ulteriore del gran pettorale sarebbe insignificante e molti altri muscoli, come il sottoscapolare, il gran dorsale e il gran rotondo, interverrebbero in sinergia per permettere il movimento.
Conclusioni
La teoria dell’intrarotazione sostiene che eseguendo una rotazione interna dell’arto superiore durante la fase concentrica del movimento di spinta orizzontale si favorisca un maggiore accorciamento del gran pettorale, a vantaggio di un migliore stimolo di allenamento.
In realtà, se lo scopo è ottimizzare l’ipertrofia del gran pettorale la twisted grip non ha motivo di essere applicata durante questi movimenti perché:
- ciò che ruota internamente durante gran parte del movimento è l’avambraccio, mentre il gran pettorale si inserisce sul braccio (omero), segmento che non può ruotare internamente durante gran parte del range di movimento;
- durante la spinta il braccio (omero) può ruotare internamente solo nell’ultima fase del movimento, quando il momento meccanico sulla spalla (e sul gran pettorale) è ridotto al minimo: essenzialmente il gran pettorale durante la spinta può contrarsi mediante l’intrarotazione omerale solo nei punti morti del movimento quando non è più sottoposto a rilevante tensione;
- la rotazione dell’avambraccio in senso contrario perde ulteriormente senso in quanto il gran pettorale è responsabile della rotazione interna dell’omero, mentre in questo caso l’arto superiore viene fatto ruotare esternamente;
- rimane discutibile che la rotazione omerale possa avere un’utilità anche per il fatto che il movimento stesso di rotazione interna dell’omero non si oppone ad alcuna resistenza che trazioni in senso contrario;
Riferimenti:
- Schoenfeld BJ. Science and Development of Muscle Hypertrophy. Human Kinetics. 2016. pp. 116, 117, 121.
- Kraemer WJ, Fleck SJ. Designing Resistance Training Programs. Human Kinetics, 2014. pp. 20, 34-35.