Da diversi decenni i classici esercizi per gli addominali sono stati al centro di alcune controversie circa il loro impatto sulla salute della bassa schiena, per motivazioni in parte differenti.
La questione è stata ampiamente discussa nella letteratura scientifica e non, ma nei programmi formativi è rimasta spesso sbilanciata verso un approccio eccessivamente precauzionale e terroristico, mentre tra i praticanti i rischi rappresentati da questa classe di esercizi sono spesso totalmente ignorati o minimizzati.
Esistono fondamentalmente due ipotesi a sostegno del potenziale effetto negativo di questi esercizi sulla lombalgia e sulla salute della bassa schiena, che nell’articolo sono stati classificati come:
- Ipotesi del distress discale;
- Ipotesi dello squilibrio muscolare;
Mentre la prima ipotesi riguarderebbe tutti gli esercizi dinamici rivolti agli addominali, la seconda si riferisce specialmente a quegli esercizi dinamici dove vengono attivati anche i numerosi muscoli che flettono l’anca (come l’ileo-psoas e il retto femorale).
L’articolo riassume le due ipotesi per come sono state riconosciute da diversi scienziati e autorità, per passare ai rispettivi contraddittori, espressi da altri esperti, che ne ridimensionano gli effetti deleteri per la salute della colonna. Si conclude l’articolo con le estrapolazioni pratiche e delle chiare linee guida per il professionista in maniera da trasmettere una maggiore consapevolezza su come interpretare queste nozioni e applicarle sui clienti.
Indice
L’ipotesi del distress discale
Un’ipotesi sostenuta da alcune autorità, tra cui Stuart McGill (uno dei massimi esperti nella biomeccanica spinale) è che i movimenti di pura flessione lombare, primo tra tutti il crunch nelle sue varianti, nel tempo comportano usura e quindi danno dei dischi vertebrali.
Questa ipotesi si basa in parte sulla nozione che il disco vertebrale ha un numero limitato di cicli di flessione, quindi eccedere con questi movimenti nel corso della vita prima o poi provocherà danno a queste strutture (1,2).
Dal punto di vista biomeccanico, le posizioni e i movimenti di flessione lombare, o quelli che attivano gli addominali, aumentano la pressione tra i dischi, e con il crunch questo aumento è potenzialmente tra il 40 e oltre il 100%. Durante la flessione lombare il nucleo polposo migra posteriormente, e le ernie discali sintomatiche sono proprio il risultato della migrazione posteriore di questa porzione (2).
Un’altra base dell’ipotesi sono dei famosi studi ex vivo (parte corporea staccata dal corpo) sulla porzione cervicale della spina dei maiali, che hanno osservato come ripetuti cicli di flesso-estensione con concomitante carico in compressione provocasse erniazione dell’anulus in gran parte dei dischi (1,2).
Quindi la continua flesso-estensione del tratto lombare nei classici esercizi dinamici per gli addominali (crunch, ma anche sit-up, leg raise ecc) provocherebbe uno stress alla bassa schiena che nel tempo si tradurrebbe in usura dei dischi e, nel peggiore dei casi, contribuirebbe a provocare fenomeni di erniazione. Per questo si indicherebbe la preferenza di esercizi isometrici, capaci di mantenere l’arco lombare statico pur permettendo una buona stimolazione muscolare, primo tra tutti il plank.
L’ipotesi dello squilibrio muscolare
Un altro potenziale problema riguarda in particolare gli esercizi dinamici multi-articolari, in cui avvengono in concomitanza flessione lombare e flessione d’anca; esercizi come sit-up, leg raise, alcune macchine, jacknives, captain’s chair, scissors (sforbiciate), bicycle crunch hanno queste caratteristiche, prevedendo il sollevamento delle cosce o il loro uso come punto fisso (3).
Questi esercizi coinvolgono una vasta muscolatura ulteriore al gruppo addominale per permettere il movimento (4), la cui stimolazione creerebbe squilibri muscolari tali da causare o peggiorare la lombalgia (3).
Il gruppo dei flessori dell’anca è composto da una decina di muscoli (4), e alcuni di questi possono essere particolarmente implicati: il retto femorale, lo psoas (solo nei soggetti lordotici), ma soprattutto l’iliaco, favoriscono l’antiversione (tilt anteriore) del bacino (5,6). Specie se eseguiti male, in questi esercizi i flessori d’anca risultano di fatto agonisti, e nel movimento alcuni di questi “tirano” la colonna lombare anteriormente, accentuando la curva e creando potenzialmente dolore nei soggetti lombalgici.
Questi esercizi non solo comportano un lavoro sbilanciato sui flessori dell’anca a scapito degli addominali, ma si ipotizza che se eseguiti con regolarità comportino rigidità e accorciamento in alcuni di questi (3). Questo può esacerbare il comune problema del accorciamento adattativo dei flessori dell’anca riscontrato in chi sta molte ore seduto al PC (5). Il muscolo più critico tra i citati sarebbe l’iliaco, probabilmente il più implicato nel tilt anteriore del bacino nella normale posizione eretta (6).
Gli squilibri muscolari non sono stati ipotizzati solo per gli esercizi in cui avviene flessione d’anca. Uno squilibrio dove i flessori lombari (addominali) sono più forti degli estensori lombari é un fattore di rischio per la lombalgia; non a caso questa caratteristica è tipica di molti lombalgici rispetto agli asintomatici, che potrebbe essere presente anche in chi si allena in palestra (poiché trascura l’allenamento degli estensori) (1,3).
Lo stesso McGill sollevò un’altra controversia, riportando che il sit-up genera un carico compressivo lombare superiore al limite stabilito dalle linee guida sul lavoro del National Institute of Occupational Safety and Health (NIOSH) (7). Quindi ogni sit-up eseguito supera il livello di carico associato ad un aumentato rischio di infortuni sul lavoro. Seppur non esplicitato, queste critiche potrebbero essere estese anche agli altri esercizi che provocano flessione d’anca (leg raise, scissors, macchine ecc) data la caratteristica condivisa.
Il contraddittorio
Per ognuna delle due ipotesi sono stati forniti dei contraddittori che ridimensionano i rischi associati ai comuni esercizi dedicati agli addominali, che questi prevedano o meno il movimento dell’anca e l’attivazione dei suoi flessori.
Risposta all’ipotesi del danno discale
In anni recenti l’ipotesi del danno discale è stata particolarmente messa in discussione da alcuni scienziati (1,2). La prima controversia riguarda le differenze tra uomo e animale, riferendosi ai famosi studi sulla porzione cervicale della spina dei maiali.
Il numero di cicli di flesso-estensione imposto da questi esperimenti eccede di gran lunga quelli eseguiti durante un normale programma di crunch. Il range di movimento (ROM) completo della spina dei maiali è più limitato che nell’uomo, ma il ROM testato in questi esperimenti raggiungeva la massima flessione possibile. Il crunch invece non si avvicina minimamente alla massima flessione lombare flettendosi fino a circa 30°: ciò si traduce in uno stress discale molto minore, si ipotizza ben al di sotto del 50% (1,2). Il ROM può essere anche limitato deliberatamente per evitare gli angoli che producono dolore (8).
Nell’uomo vivente la spina nel tempo si adatta agli stress imposti dall’esercizio rafforzandosi, per riuscire a resistere a determinati stressor frequenti. Le ore di recupero fisico tra gli allenamenti risultano un periodo sufficiente per permettere la rigenerazione e il rimodellamento dei tessuti spinali (1,2,8). La flesso-estensione lombare e la posizione in flessione invece possono favorire l’approvvigionamento dei nutrienti ai dischi vertebrali, aspetto particolarmente rilevante nell’invecchiamento, che peggiora lo stato nutrizionale della spina (1,2).
Dal punto di vista sportivo gli esercizi dinamici per gli addominali possono rivelarsi utili nella preparazione atletica per ottimizzare la performance e la stabilità del core in molti sport. Mentre nel bodybuilding e per gli scopi estetici in generale, questi esercizi possono essere importanti perché le contrazioni dinamiche sembrano essere migliori di quelle isometriche per sviluppare ipertrofia muscolare (1,2,8).
Sembra anche che la degenerazione spinale sia dettata per oltre il 70% da cause genetiche e solo in minima parte dal carico meccanico, suggerendo il ruolo marginale di questi esercizi nel concorrere al processo (1). Ad esempio, una spina più sottile resiste meglio agli stress ripetuti rispetto a una spina più spessa (8). Infine, non esistono studi che attribuiscono un nesso causale né una correlazione tra l’esecuzione abituale del crunch e l’ernia discale (1,2), rafforzando le argomentazioni espresse.
Risposta all’ipotesi dello squilibrio muscolare
Sebbene gli squilibri muscolari siano un problema comune in chi si allena in palestra (3,5), anche l’ipotesi dello squilibrio muscolare è stata messa in discussione, o comunque ridimensionata da molti autori (2,5,9).
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