Il Position of Flexion (POF) è una modalità di allenamento per il bodybuilding presentata nel 2001 dallo statunitense Steve Holman, editore della nota rivista di settore Iron Man (1).
La formula del POF consiste nello stimolare il muscolo bersaglio da tre diverse “angolazioni” con tre diversi esercizi e modalità. Viene anche chiamato “3D POF” proprio perché impone lo stimolo di ogni muscolo a diverse lunghezze, che produrrebbero ciascuna degli stimoli differenti e complementari per ottimizzare la crescita muscolare.
Quindi il caposaldo del 3D-POF è porre l’accento sulla variabile selezione degli esercizi, su cui si regge l’intera teoria presentata dall’autore. L’articolo analizza in maniera critica e accurata il metodo in tutte le sue contraddizioni e incongruenze, per capire se o cosa di ciò che promuove può essere valutato nei programmi di allenamento per l’ipertrofia.
Indice
La formula in breve
Il POF fonda la sua strategia su una precisa sequenza di tre esercizi in base al diverso range di movimento (ROM) articolare che li caratterizza, e quindi al diverso livello di allungamento-accorciamento che raggiunge il muscolo agonista in ognuno di essi. A queste tre diverse lunghezze vengono spesso abbinate determinate caratteristiche degli esercizi e specificità.
Posizione intermedia: Il primo esercizio per stimolare il muscolo dovrebbe prevedere un ROM “intermedio”, cioè che non raggiungerebbe gli angoli coincidenti né con il massimo allungamento, né con il massimo accorciamento del muscolo. Gli esercizi in posizione intermedia sono più spesso multi-articolari ed eseguiti con alti carichi e più basse ripetizioni;
- Posizione in allungamento: Il secondo esercizio prevede un ROM coincidente con gli angoli in cui il muscolo raggiunge il massimo allungamento ma non un buon livello di accorciamento. Gli esercizi allungamento dovrebbero prevedere una curva della resistenza discendente (i punti più duri del ROM coincidono con il massimo allungamento), sono più spesso mono-articolari e eseguiti a moderati carichi e ripetizioni;
- Posizione in accorciamento: Il terzo esercizio prevede un ROM coincidente con gli angoli in cui il muscolo raggiunge il massimo accorciamento ma non un buon allungamento. Anche questi esercizi sono più spesso mono-articolari, dovrebbero consentire il blocco circolatorio (occlusione) grazie al forte grado di accorciamento, e sono suggeriti con bassi carichi e alte ripetizioni;
Analogie con le teorie precedenti
Il POF ha delle forti similitudini con approcci per l’ipertrofia già proposti almeno dagli anni ‘80, ad esempio da Fred Hatfield e Charles Poliquin per citare solo i più noti. Non erano nuove le teorie secondo cui il muscolo avrebbe dovuto essere stimolato in vari modi, con diversi range di ripetizioni, esercizi, angoli di lavoro, stressor e specificità.
Il POF sembra aver quindi riconfezionato, come spesso accade, dei concetti già esistenti, aggiungendo però una sua formula per distinguersi e proporsi all’apparenza come un metodo innovativo. Ciò per cui il POF effettivamente si contraddistingue rispetto ad approcci simili è la “formula delle tre lunghezze muscolari” con la precisa sequenza “intermedio > allungamento > accorciamento”.
La proposta ha anche delle affinità con l’ipotesi dei tre meccanismi dell’ipertrofia formalizzata nel 2010 da Brad Schoenfeld (3): la tensione meccanica sarebbe soddisfatta dalla posizione intermedia, il danno muscolare dalla posizione in allungamento, e lo stress metabolico dalla posizione in accorciamento/occlusione. Ciò sembra conferirne credibilità anche in tempi attuali, se non fosse che danno muscolare e stress metabolico sono stati ridiscussi come meccanismi ipertrofici (4,5), e che la tensione meccanica non dipende strettamente dal carico.
Come gran parte dei metodi e dei programmi di allenamento proposti nella letteratura commerciale sul bodybuilding, anche il POF non manca poi di contraddizioni, approssimazioni, e retoriche accattivanti intrise di pseudo-scienza.
Questo senza considerare le ipotesi che al tempo avevano un certo supporto anche nel mondo scientifico ma che oggi, con l’evolversi della ricerca di settore risultano superate o comunque molto ridiscusse, come lo stimolo ormonale, il pompaggio e l’occlusione.
Contraddizioni sulla “formula delle 3 lunghezze”
Il POF trasmette l’idea che la “formula delle 3 lunghezze” sia applicabile allo stesso modo per tutti i gruppi muscolari, senza considerare che l’anatomia può essere estremamente differente tra i vari muscoli bersaglio. Ciò si spiega in buona parte dalla differenza strutturale tra i muscoli mono-articolari, bi-articolari, e misti (6), che il POF ignora per rendere la teoria più semplice e quindi appetibile.
Per queste differenze anatomiche, in alcuni casi si riferisce solo alla lunghezza di certi fasci di un muscolo, in altri si riferisce all’intero muscolo (7). Ma il concetto di stimolare un muscolo a diverse lunghezze è ben diverso dallo stimolare solo alcuni suoi fasci a diverse lunghezze. La “formula delle 3 lunghezze” quindi cambia completamente logica e significato in base alla struttura del muscolo stimolato, fino a risultare potenzialmente controproducente (8).
Un’altra contraddizione sta nella definizione arbitraria e variabile delle tre posizioni, che spesso non coincide con quelle suggerite nelle schede (9). Esercizi di lunghezza “intermedia” possono coincidere con il massimo accorciamento o il massimo allungamento, o entrambi. Molte volte vengono fatte delle eccezioni introducendo delle lunghezze ibride come “allungato-accorciato”, “intermedio-accorciato” ecc (1,2).
Il ROM e le lunghezze raggiunte sono spesso analoghe tra i 2 o 3 esercizi, distinti solo per la curva della resistenza. In altre parole, mentre il fine dichiarato del POF sarebbe indurre uno stimolo muscolare a diverse lunghezze e angoli articolari, spesso l’alterazione è data solo dagli angoli più duri del ROM, e molte altre volte neppure da quello (9,10).
Tutte queste contraddizioni sono dovute al fatto che spesso non è fattibile rispettare la regola delle 3 lunghezze letteralmente così come viene definita, quindi è necessario riadattare gli esercizi e fare molte eccezioni, in modo che questo principio cardine molte volte non è realmente rispettato.
L’evidente bro-science del POF
Per poter essere accolto più positivamente il POF doveva essere presentato come un metodo basato sulla Scienza. Data l’ovvia assenza di prove scientifiche dirette, Holman usò la tattica ben collaudata di citare ricerche che apparentemente ne avrebbero dato credito, almeno indirettamente.
Per provare l’efficacia della posizione di allungamento fu citata una review del 1993 che discuteva l’iperplasia muscolare osservata su modelli animali (11). I protocolli di allungamento usati in questi studi erano totalmente irrealistici e inapplicabili (12), e tutt’oggi l’iperplasia muscolare non è stata provata sull’uomo (13), tantomeno si sono trovati dei metodi di allenamento specifici per promuoverla.
Per giustificare la posizione di accorciamento si citava uno studio in cui i livelli di GH nel post-allenamento risultavano maggiori con serie da 15 RM rispetto a serie da 5 RM o 10 RM (14). Lo studio però non documentava alcun vantaggio anabolico; oggi la comunità scientifica non riconosce l’aumento acuto degli ormoni anabolici molto influente sull’ipertrofia (15), e range di carico/ripetizioni molto diversi producono una simile crescita muscolare (16).
Un altro studio fu citato per supportare l’ipotesi dell’occlusione, che sarebbe favorita dalla posizione in accorciamento. Una contrazione isometrica dei flessori del polso subito dopo l’occlusione per 2 minuti aumentava la forza isometrica, forse grazie all’aumento dell’afflusso di sangue (iperemia) (17). Il metodo testato era il pre-condizionamento ischemico (18), che nulla ha a che vedere con il lavoro in accorciamento. Forse gli autori volevano dimostrare i benefici dell’allenamento ad occlusione (BFR), ma i vantaggi di questo metodo per l’ipertrofia non sono convincenti (19), e in ogni caso si tratta di una modalità piuttosto differente dal normale stimolo in accorciamento.
L’apice della bro-science venne raggiunto con un classico ingannevole prima e dopo, un “esperimento” a cui si sottopose Jonathan Lawson, co-autore del POF. Nelle prime 5 settimane si allenò con esercizi fondamentali evitando gli esercizi in posizione di allungamento, nelle successive 5 settimane usò il POF abbassando i volumi. Nell’arco delle 10 settimane avrebbe guadagnato quasi 10 kg di muscoli senza doping, e gran parte dei guadagni sarebbero avvenuti nel periodo di applicazione del POF (1,2).
Conclusioni: cosa si salva del POF?
Dagli argomenti presentati si potrebbe essere portati a credere che, pur essendo pieno di contraddizioni, dopo tutto il POF ha portato qualcosa di buono e innovativo nei programmi di ipertrofia, stimolando a un’evoluzione dei metodi.
Ma al di là della discutibile “formula delle tre lunghezze” con la precisa sequenza, i principi della selezione di esercizi con diversi angoli di lavoro e range di ripetizioni erano già da tempo radicati nei metodi di allenamento per l’ipertrofia, e in questo il POF non portava nessuna novità.
Analizzando invece la formula stessa si capisce che questa il più delle volte non è messa in pratica così come viene descritta, e anche se fosse, non appaiono motivi logici né convincenti per cui la “magica” sequenza “intermedio > allungamento > accorciamento” dovrebbe permettere di ottenere migliori risultati.
Sarebbe ingenuo credere che questo principio sia universale e applicabile allo stesso modo su muscoli strutturalmente molto diversi. La selezione e la sequenza degli esercizi va espressa sulla base di molti altri criteri che richiedono delle conoscenze anatomiche-biomeccaniche e metodologiche più profonde, per non parlare della personalizzazione soggettiva.
In questo senso il POF può risultare molto spesso controproducente, perché costringe ad adattarsi a una specifica sequenza di 3 esercizi con caratteristiche in parte arbitrarie, vincolando la selezione sulla base di motivazioni tecnicamente inconsistenti. Questo ostacola la personalizzazione e impedisce di valutare la selezione degli esercizi da una prospettiva più ampia e consapevole, rispettando le vere priorità dell’atleta.
Gli studi presi in esame per dare una credibilità scientifica al POF erano interpretati in maniera molto semplicistica e non fornivano neppure indizi che il metodo si rivelasse superiore né complementare ai metodi già usati al tempo; l’”esprimento” di Lawson non merita alcun commento, confermando la bassa credibilità degli autori agli occhi dei più tecnici. Quindi in merito a “prove” scientifiche e empiriche di certo non possono essere valutati i dati proposti Holman.
Riferimenti:
- Holman S. Train, Eat, Grow: The Positions-of-Flexion Muscle-Training Manual. Ironman. 2001.
- Holman S, Lawson J. 3D Muscle Building. e-book. 2007. pp. 50-51.
- Schoenfeld BJ. The mechanisms of muscle hypertrophy and their application to resistance training. J Strength Cond Res. 2010 Oct;24(10):2857-72.
- Dankel SJ et al. Do metabolites that are produced during resistance exercise enhance muscle hypertrophy? Eur J Appl Physiol. 2017 Nov;117(11):212
- Damas F et al. The development of skeletal muscle hypertrophy through resistance training: the role of muscle damage and muscle protein synthesis. Eur J Appl Physiol. 2018 Mar;118(3):485-500.
- Muscoli composti sia da fasci biarticolari che monoarticolari (misti): tricipite brachiale, tricipite surale, quadricipite, ischiocrurali. Muscoli puramente monoarticolari: gran pettorale, gran dorsale, deltoide, addominali (soleo se inteso isolato). Muscoli puramente biarticolari: bicipite brachiale (gastrocnemio se inteso isolato).
- Spesso per i muscoli “misti”, come il tricipite brachiale o il quadricipite, la variazione della lunghezza riguarda solo il loro fascio biarticolare, cioè il capo lungo del tricipite e il retto femorale rispettivamente; gli altri capi monoarticolari che compongono questi muscoli invece non subiscono alcuna alterazione della lunghezza e quindi per questi ultimi il POF non soddisfa ciò che promuove.
- I muscoli puramente biarticolari possono essere penalizzati nella posizione in massimo accorciamento, essendo posti interamente in insufficienza attiva, come il bicipite brachiale e i fasci biarticolari degli ischiocrurali. Per gli approfondimenti e le evidenze scientifiche si veda l’articolo sulla relazione lunghezza-tensione, o gli articoli che trattano più nello specifico del bicipite e degli ischiocrurali.
- Ad esempio, gli squat o la french press vengono considerati a lunghezza intermedia, ma i fasci monoarticolari di questi muscoli eseguono lo stesso ROM con la stessa curva della resistenza di altri esercizi in allungamento e/o in accorciamento. Considera le tirate al petto/mento di lunghezza intermedia, ma i deltoidi raggiungono lo stesso allungamento e la stessa curva delle alzate laterali, che considera però in accorciamento. Considera tutte le spinte per il petto a lunghezza intermedia, ma le croci con manubri di allungamento, quando entrambi hanno lo stesso ROM e la stessa curva della resistenza.
- Ad esempio, si definiscono posizione intermedia le tirate al petto e posizione in accorciamento le alzate laterali, che hanno lo stesso ROM e la stessa curva di resistenza. Per gran pettorale e gran dorsale alcuni esercizi vengono classificati in posizione di “allungamento-accorciamento”, senza prevedere le tre lunghezze. Per il gastrocnemio si definiscono i donkey calf in allungamento e il calf raise in piedi in accorciamento, quando prevedono lo stesso ROM, lo stesso pre-allungamento e la stessa curva di resistenza.
- Antonio J, Gonyea WJ. Skeletal muscle fiber hyperplasia. Med Sci Sports Exerc. 1993 Dec;25(12):1333-45.
- In uno dei design utilizzati dagli stessi autori della review si sovraccaricava l’ala di una quaglia con stretch isometrico continuo applicando un sovraccarico progressivo: inizialmente il carico era pari al 10% del peso corporeo, a cui seguivano incrementi del 15%, 20%, 25% e 35%; ogni aumento del carico era intervallato da un riposo di 2 giorni per un totale di 28 giorni. Un tale stimolo non è riproducibile sull’uomo, tantomeno in palestra.
- Adams GR, Bamman MM. Characterization and regulation of mechanical loading-induced compensatory muscle hypertrophy. Compr Physiol. 2012 Oct;2(4):2829-70.
- Gotshalk LA et al. Hormonal responses of multiset versus single-set heavy-resistance exercise protocols. Can J Appl Physiol. 1997 Jun;22(3):244-55.
- Schoenfeld BJ. Postexercise hypertrophic adaptations: a reexamination of the hormone hypothesis and its applicability to resistance training program design. J Strength Cond Res. 2013 Jun;27(6):1720-30.
- Schoenfeld BJ et al. Strength and hypertrophy adaptations between low- versus high-load resistance training: A systematic review and meta-analysis. J Strength Cond Res. 2017 Dec;31(12):3508-3523.
- Libonati JR, Howell AK, Incanno NM, Pettee KK, Glassberg HL. Brief muscle hypoperfusion/hyperemia: an ergogenic aid? J Strength Cond Res. 2001;15:362–366.
- Il precondizionamento ischemico (IPC) è un metodo per bloccare momentaneamente il flusso sanguigno e quindi rilasciarlo, provocando la riperfusione del sangue prima di eseguire l’esercizio.
- Ramos-Campo DJ et al. The efficacy of resistance training in hypoxia to enhance strength and muscle growth: A systematic review and meta-analysis. Eur J Sport Sci. 2018 Feb;18(1):92-103.