Macchine vincolate vs pesi liberi: implicazioni per ipertrofia e forza funzionale

Nell’ambito del resistance training è sempre esistito un dibattito sul fatto che le macchine vincolate possano rappresentare una modalità di allenamento di valore paragonabile ai pesi liberi, al corpo libero e alle macchine svincolate.

Nell’articolo si analizzano le differenze nel potenziale delle due attrezzature nel favorire lo sviluppo dell’ipertrofia, e si dedica un’ulteriore sezione all’effetto delle macchine vincolate sulla forza funzionale e sul transfer funzionale, sulla base della letteratura scientifica e del parere di importanti esperti e scienziati del settore.

Attivazione muscolare: differenze tra macchine e pesi liberi

Le evidenze sulle differenze di attivazione tra macchine vincolate e pesi liberi (paragonando lo stesso movimento) sono miste, con alcuni studi che documentano una simile attivazione dei muscoli agonisti (1-3) e altri una maggiore attivazione con i pesi liberi (4,5).

Ma queste differenze possono dipendere da quanto è instabile l’esercizio ai pesi liberi (manubri vs bilancieri, in piedi vs seduti) (2,6), dall’entità del carico utilizzato (% 1-RM) (5) e da fattori soggettivi (5). A complicare il tutto, alcuni muscoli sinergici possono subire una maggiore attivazione con le macchine, e altri una maggiore attivazione con i pesi liberi (1,5).

Sulla base dei dati pubblicati non può essere affermato chiaramente che una modalità comporta una maggiore attivazione muscolare rispetto all’altra, e anche se fosse, questo non prova chiaramente una differente efficienza nello sviluppare ipertrofia generale.

I pesi liberi sono superiori per l’ipertrofia?

Come visto, gli studi sull’attivazione muscolare non documentano una netta superiorità dei pesi liberi, tuttavia gli strumenti per misurare l’attivazione muscolare (come l’elettromiografia), soprattutto se presi isolati, sono giudicati inaffidabili per predire lo sviluppo dell’ipertrofia muscolare (7).

Gli studi comparativi a lungo termine – gli unici che possono documentare empiricamente un vantaggio per l’ipertrofia (7) – sono molto scarsi, e risulta che entrambe le attrezzature (in realtà un mix tra macchine vincolate e ai cavi) abbiano una simile capacità di sviluppare ipertrofia muscolare (24).

Ma anche se fosse documentata un’ipotetica superiorità assoluta dei pesi liberi, ciò non significa che debba essere selezionata esclusivamente questa categoria scartando le macchine, grazie a pregi e caratteristiche complementari di varia natura trattati qui di seguito.

Sicurezza articolare

Una comune critica verso le macchine vincolate è che queste impongono delle traiettorie innaturali, per cui sono le articolazioni a doversi adattare alla macchina e non il contrario.

In certi casi questo potrebbe enfatizzare lo stress articolare, ma nella ricerca questa idea non è univoca: d’altro canto le macchine vincolate possono risultare più sicure grazie alla grande stabilità fornita (1,8,9).

Inoltre, una semplice modifica degli angoli di lavoro delle articolazioni – correzione della postura – può ridurre o annullare l’eventuale stress articolare (10,11). Ma è curioso notare che lo stesso principio vale per i pesi liberi: anche con queste attrezzature la correzione della postura è fondamentale per minimizzare lo stress articolare, di conseguenza non vi sarebbero particolari differenze da questo punto di vista.

Se lo stress articolare rimane una preoccupazione anche con una postura corretta, una buona strategia è quella di utilizzare carichi corrispondenti a intensità di carico medio-basse (>10-12 RM) e/o a buffer (RIR), in quanto tali strategie riducono lo stress articolare e il rischio di infortuni (12,13).

Nei centri fitness una parte delle macchine è però caratterizzata dai cavi o comunque da una traiettoria libera, come le poliercoline, il pulley row e le lat machine, per cui questo problema non sussiste.

Benefici delle macchine per l’allenamento di ipertrofia

1. Focus interno e connessione mente-muscolo (MMC)

Le macchine sono molto compatibili con la tecnica del focus interno, e quindi nello sfruttare più efficientemente la connessione mente-muscolo (MMC), grazie alla grande stabilità offerta. La MMC è definita come la visualizzazione del muscolo bersaglio, e la capacità di direzionare consapevolmente l’impulso neurale verso lo stesso muscolo durante l’esercizio (14).

Diversi scienziati hanno proposto che l’assente richiesta di equilibrio dei macchinari permetta di migliorare l’attenzione verso l’esecuzione del gesto e l’espressione di forza dei muscoli agonisti (1,8,15). Dato che nel bodybuilding uno degli scopi principali è stimolare specificamente il muscolo agonista, tali qualità dei macchinari sono particolarmente interessanti, ad esempio in condizioni di fatica accumulata, oppure per meglio applicare la MMC.

2. Tecniche di intensità

Le macchine si dimostrano particolarmente interessanti con le tecniche ad alta intensità. Queste si riferiscono alle tecniche che permettono di superare il cedimento muscolare durante la serie, come lo stripping, il rest-pause, le burn reps, le cheat reps, il super set, il carico eccentrico aumentato (AEL), le ripetizioni sovramassimali ecc.

Anche in questo caso l’alta fatica rende più difficile mantenere la pulizia del gesto nelle ripetizioni in prossimità e oltre il cedimento, e la grande stabilità potrebbe aiutare a minimizzare questa conseguenza, a beneficio dell’impatto articolare.

3. Alta densità

Un ulteriore pregio delle macchine ancora legato alla fatica è la migliore compatibilità con gli allenamenti o le serie ad alta densità. I tempi di recupero brevi tra le serie, combinati spesso con ripetizioni elevate, comportano un grande accumulo di fatica e quindi una perdita di focus e una maggiore difficoltà ad eseguire correttamente esercizi ai pesi liberi rispetto alle macchine.

Non è un caso che l’autore del famoso Escalating Density Training (EDT), l’emblema dell’allenamento ad alta densità per il bodybuilding, suggerisca di utilizzare preferenzialmente i macchinari per svolgere questo protocollo.

Macchine e forza funzionale

La forza funzionale e il fitness funzionale si riferiscono alla capacità di esprimere forza muscolare nei gesti quotidiani, come camminare, correre, saltare, salire le scale, ma anche eseguire movimenti di base come squat, stacchi e affondi (16,17).

Il concetto è particolarmente usato in gerontologia, dove lo scopo è rendere gli anziani più mobili, autosufficienti e meno inclini a cadere.

Molti studi su soggetti anziani e/o con difficoltà deambulatorie dimostrano dei sensibili miglioramenti con il solo utilizzo delle macchine dedicate agli arti inferiori, anche solo monoarticolari (16,17); ma il miglioramento della forza funzionale con le macchine è stato osservato anche in soggetti giovani e sani (16). Curiosamente, in alcuni studi gli esercizi funzionali (ai cavi) e le macchine vincolate non hanno dimostrato differenze nel migliorare la forza funzionale negli anziani (18).

“…può essere fuorviante descrivere un esercizio ‘funzionale’ o ‘non-funzionale’, perché il transfer funzionale [ottenuto] dall’allenamento esiste in un continuum. Per coloro che sono molto decondizionati, una routine che utilizza solo macchine può essere tutto ciò che è necessario per migliorare sufficientemente la capacità di un individuo di svolgere le attività desiderate della vita quotidiana.”  (Schoenfeld & Contreras, 2010) (17)

Utilizzo accessorio e transfer funzionale

L’allenamento funzionale si riferisce a un allenamento che ha una trasferibilità (transfer o carry over) su altri gesti.

Una comune critica verso le macchine vincolate è che queste sarebbero “non-funzionali”, e quindi inutili come esercizi accessori per migliorare i gesti atletici, ma questa idea è stata messa in discussione da diversi esperti ed evidenze.

Come accennato sopra, l’accezione “non-funzionale” per riconoscere la dissimilitudine con i gesti sportivi è da tempo riconosciuta come inappropriata (17,19-21). In parte questo è dovuto al fatto che se un esercizio è usato per sviluppare preferenzialmente ipertrofia, non per forza non può contribuire in parte anche al miglioramento di qualità neuromotorie (19); in parte perché per essere funzionale un esercizio non deve necessariamente riprodurre lo stesso identico pattern motorio (19).

Allo stesso modo, anche il fatto che le macchine siano “non-funzionali” e inutili per ottenere un transfer positivo nello sport è discutibile. Diversi studi osservano che l’inclusione nelle programmazioni di alcune macchine vincolate specifiche abbia dei potenziali benefici per la performance e per la prevenzione infortuni, anche se non mimano i gesti sportivi (20). Esercizi alle macchine sono suggeriti anche come accessori per rafforzare alcuni anelli deboli dell’alzata (22) o per facilitare lo sviluppo dello schema motorio durante le prime fasi di apprendimento (23).

Questi dati non dimostrano una superiorità delle macchine sui pesi liberi, ma dimostrano che anche le macchine possono avere un razionale in un programma funzionale e nella preparazione atletica fornendo dei vantaggi.

“In breve, sarebbe preferibile definire la ‘funzionalità’ in termini di risultato [ricercato] piuttosto che accettare le attuali opinioni contenziose, inaccurate, commercializzate e soggettive su quale singolo tipo di esercizi possa essere considerato ‘funzionale’.” (Siff, 2002) (19)

Macchine e perdita di transfer funzionale?

Un argomento spesso sostenuto dai critici delle macchine e dei movimenti monodimensionali è che questi non solo non sviluppano, ma addirittura porterebbero a un peggioramento delle abilità motorie e coordinative (19,20).

Il problema di questo assunto è che vengono presi degli esempi estremi o fuori contesto dove si utilizzano solo macchine escludendo i pesi liberi, oppure si menziona il caso degli impreparati amatori o neofiti nei centri fitness che abusano delle macchine limitando o evitando gli esercizi multiarticolari ai pesi liberi.

Ma l’argomentazione logica sarebbe piuttosto capire se l’integrazione delle macchine nei programmi di allenamento ben strutturati, in aggiunta e non a sostituzione dei pesi liberi, comprometta gli adattamenti e le abilità motorie.

Diversi scienziati, coach ed evidenze scientifiche osservano però che il solo aggiungere alcune macchine ai programmi di resistance training non compromette le abilità motorie sviluppate con gli esercizi specifici, ma in certi casi può offrire un sensibile contributo sia per migliorare lo stesso transfer funzionale, sia soprattutto per la prevenzione degli infortuni (20). 

Conclusioni: no alla falsa dicotomia e alla generalizzazione affrettata

Una scuola di pensiero molto diffusa nell’ambito del resistance training sostiene che le macchine siano secondarie e meno efficienti per gli scopi della muscolazione, senza considerare la mancata capacità di sviluppare la coordinazione motoria e il transfer funzionale, pertanto potrebbero essere evitate o al massimo lasciate in secondo piano.

Queste idee non sono corroborate dall’evidenza scientifica, che non osserva una netta superiorità dei pesi liberi né per attivare i muscoli agonisti né per forza i sinergici e stabilizzatori, né osserva un peggioramento delle abilità motorie e del transfer funzionale. Al contrario, spesso integrare le macchine negli allenamenti può apportare un contributo nello sviluppo di alcuni adattamenti e nella prevenzione degli infortuni.

“Gli esercizi contro resistenza […] non dovrebbero essere considerati come ‘reciprocamente escludibili’ [ma] come componenti complementari dell’allenamento, perché ogni tipo di esercizio contro resistenza offre dei vantaggi unici che in altri tipi possono mancare.

[L]a paura di combinare una varietà di esercizi è infondata e poco più che una congettura; piuttosto, quasi tutti gli esercizi sono sicuri, ma dovrebbero essere prescritti in maniera dipendente dal contesto.” (Tumminello & Vigotsky, NSCA PTQ 2018) (20)

Riferimenti:

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  1. Schick EE et al. A comparison of muscle activity between a free weight and machine bench press. J Strength Cond Res. 2010 Mar;24(3):779-84.
  2.  Saeterbakken AH et al. A comparison of muscle activity and 1-RM strength of three chest-press exercises with different stability requirements. J Sports Sci. 2011 Mar;29(5):533-8.
  3. Pimentel I et al. Smith machine vs. barbell: Ten repetition maximum loads and muscle activation pattern during upper body exercises. JEPonline. 2016 Oct;19(5):86-92.
  4. Schwanbeck S et al. A comparison of free weight squat to Smith machine squat using electromyography. J Strength Cond Res. 2009 Dec;23(9):2588-91.
  5. McCaw ST et al. A comparison of muscle activity between a free weight and machine bench press. J Strength Cond Res. 1994. 8: 259-264
  6. Saeterbakken AH, Fimland MS. Effects of body position and loading modality on muscle activity and strength in shoulder presses. J Strength Cond Res. 2013 Jul;27(7):1824-31
  7. Vigotsky AD et al. Interpreting signal amplitudes in surface electromyography studies in sport and rehabilitation sciences. Front Physiol. 2018 Jan 4;8:985.
  8. Cotterman ML et al. Comparison of muscle force production using the Smith machine and free weights for bench press and squat exercises. J Strength Cond Res. 2005 Feb;19(1):169-76.
  9. Arandjelović O. Common variants of the resistance mechanism in the Smith machine: analysis of mechanical loading characteristics and application to strength-oriented and hypertrophy-oriented training. J Strength Cond Res. 2012 Feb;26(2):350-63.
  10. Abelbeck KG. Biomechanical model and evaluation of a linear motion squat type exercise. J Strength Cond Res. 2002 Nov;16(4):516-24.
  11. Biscarini A et al. Modelling the joint torques and loadings during squatting at the Smith machine. J Sports Sci. 2011 Mar;29(5):457-69.
  12. Helms ER et al. Recommendations for natural bodybuilding contest preparation: resistance and cardiovascular training. J Sports Med Phys Fitness. 2015 Mar;55(3):164-78.
  13. Schoenfeld BJ et al. Effects of different volume-equated resistance training loading strategies on muscular adaptations in well-trained men. J Strength Cond Res. 2014 Oct;28(10):2909-18.
  14. Schoenfeld BJ, Contreras BM. Attentional focus for maximizing muscle development: The mind-muscle connection. Strength Cond J. 2016 Feb;38(1):1.
  15. Lander JE et al. A comparison between free-weight and isokinetic bench pressing. Med Sci Sports Exerc. 1985 Jun;17(3):344-53.
  16. Beardsley C. Functional Strength Gains By Leg Pressing? bretcontreras.com, Sep 8 2014.
  17. Schoenfeld BJ, Contreras BM. Is functional training really functional? ACSM Certified News. 2010. 20(3), 5-6.
  18. Balachandran A et al. Functional strength training: Seated machine vs standing cable training to improve physical function in elderly. Exp Gerontol. 2016 Sep;82:131-8.
  19. Siff M. Functional training revisited. Strength Cond J. 2002; 24(5): 42-46.
  20. Tumminello N, Vigotsky A. Are the seated leg extension, leg curl, and adduction machine exercises non-functional or risky? NSCA PTQ. 2017;4.4:50-53.
  21. Da-Silva Grigoletto ME et al. Functional training: functional for what and for whom?. Rev Bras Cineantropom Desempenho Hum. 2014;16(6):714-9.
  22. Androulakis-Korakakis P et al. Comparison of isolated lumbar extension strength in competitive and noncompetitive powerlifters, and recreationally trained men. J Strength Cond Res. 2018 Jul 2.
  23. Vaccaro V, Bomboletti E. Strength training. Progressione didattica per l’insegnamento degli esercizi di forza: squat, panca piana, stacco da terra e loro varianti. Calzetti Mariucci, 2018. pp. 106-107.
  24. Heidel KA et al. Machines and free weight exercises: a systematic review and meta-analysis comparing changes in muscle size, strength, and power. J Sports Med Phys Fitness. 2022 Aug;62(8):1061-1070.
  • Lorenzo Pansini

    Lorenzo Pansini è natural bodybuilder, formatore, personal trainer e divulgatore scientifico specializzato in nutrizione sportiva (ISSN-SNS) e allenamento per il miglioramento fisico. Con oltre 10 anni di esperienza attiva nella divulgazione scientifica, è stato per anni referente tecnico per l'azienda leader Project inVictus con vari ruoli, e richiesto da altre importanti realtà del settore nazionale. È autore per testi e riviste di settore, come Alan Aragon's Research Review, redatta dal ricercatore e nutrizionista americano Alan Aragon.

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