Perché il grasso ostinato è così ostinato e come fare per combatterlo

L’articolo è stato pubblicato in origine nell’agosto 2014 su vivereinforma.it in tre parti, e poi pubblicato riadattato nel testo del medico Massimo Spattini The COM diet & Spot Reduction‘lo stesso anno. Fu il primo articolo a trattare dettagliatamente il tema del grasso ostinato sul web italiano da una prospettiva scientifica, in largo anticipo rispetto alle altre realtà fitness nazionali.

La riduzione del grasso corporeo è un obiettivo comune a molte persone, ma per quanto possa risultare facile intaccare alcune zone corporee, altre sono molto più resistenti al processo di dimagrimento.

Parte 1: Le basi fisiologiche

Per questo motivo, durante la perdita di grasso alcune parti potrebbero rimanere immutate o ridursi sensibilmente meno di altre. In questo primo capitolo verranno racchiusi i principi fisiologici generali che caratterizzano il grasso ostinato, in modo da poter porre le basi per approfondire, nei capitoli successivi, i metodi per intaccarlo tramite la dieta e l’allenamento.

Sesso, fenotipi e distribuzione del grasso corporeo

Le differenti distribuzioni di grasso generalmente differiscono tra maschi e femmine. L’uomo più spesso deposita il grasso nelle parti superiori, nella zona addominale e tra i visceri. Nella donna invece tende a predominare l’accumulo nelle parti inferiori del corpo, nella zona gluteo-femorale (1).

Negli anni quaranta, il Medico e ricercatore Jean Vague coniò i termini androide e ginoide per identificare questi differenti modelli di distribuzione di grasso, i quali però non sono necessariamente sesso-specifici (2). Nella letteratura scientifica si fa quindi riferimento all’obesità androide (tipica maschile), se il soggetto presenta un accumulo nei depositi viscerali e addominali (si parla anche di obesità viscerale), e all’obesità ginoide (tipica femminile), se l’accumulo di grasso prevale nelle zone dei glutei e degli arti inferiori (1).

Tuttavia, i termini androide e ginoide non farebbero solo riferimento a forme di obesità, in quanto, come può confermare l’osservazione empirica, anche nei soggetti più magri è possibile riconoscere queste diverse distribuzioni di grasso corporeo. Nel contesto del grasso ostinato infatti, sono soprattutto i soggetti magri e normopeso, e non gli obesi, a dover prendere in considerazione l’appartenenza al tipo costituzionale. Si parlerà più correttamente di fenotipo androide e fenotipo ginoide (3) per riconoscere queste tipologie, anche se il soggetto presenta un livello di grasso corporeo nella norma e può essere più difficile riconoscerne l’appartenenza.

Naturalmente, è superfluo dire che il fenotipo androide è più comune negli uomini ma è rilevabile anche nelle donne  (dopo la menopausa, inoltre, le donne tendono sempre ad acquisire questa conformazione), e viceversa il fenotipo ginoide per gli uomini (1). Così come esistono a loro volta distribuzioni di grasso differenti all’interno dello stesso fenotipo, non tutti rientrano necessariamente o completamente in queste due categorie. È stato quindi riconosciuto anche il tipo “misto” o “intermedio”, che presenta un accumulo uniformemente distribuito (1), ma che non per questo non presenta zone adipose più resistenti ai processi di dimagrimento.

I siti di accumulo del grasso ostinato dipendenti dal sesso e dal fenotipo

Per quanto riguarda il grasso ostinato legato al sesso e ai fenotipi, si può dire che (4):

  • per gran parte degli uomini, e per il fenotipo androide, il grasso ostinato è rappresentato essenzialmente dal tessuto adiposo sottocutaneo addominale  (soprattutto della zona inferiore) e da quello situato nell’area della bassa schiena;
  • per gran parte delle donne, e per il fenotipo ginoide, il grasso ostinato è invece rappresentato dal tessuto adiposo sottocutaneo situato nelle aree glutea e femorale, o generalmente nelle zone inferiori.

In realtà, il grasso tra i due sessi e tra i due fenotipi è fisiologicamente identico  (come dimostrato dalla biopsia). Il grasso delle aree inferiori infatti è sempre più resistente rispetto a quello delle zone superiori in entrambi i sessi e i fenotipi, ma la differenza sta semplicemente nella differente predisposizione all’accumulo e alla mobilizzazione area-specifici. Ovvero, anche se il grasso delle zone inferiori è sempre più resistente rispetto a quello delle zone superiori in entrambi i sessi (5), per l’uomo e per il fenotipo androide ciò non rappresenta un problema, poiché questi sono predisposti a non accumularne significativamente in tali aree (4). Questo può essere spiegato anche dal fatto che i depositi di grasso viscerale hanno il maggiore tasso di turnover  (ricambio), i depositi di grasso sottocutaneo addominale hanno un tasso intermedio, mentre i depositi sottocutanei nella zona gluteo-femorale subiscono un ricambio più lento (6).

In altri termini, il grasso ostinato tipico del’uomo e del fenotipo androide  (specie il grasso sottocutaneo addominale) è sensibilimente “meno ostinato” di quello caratteristico della donna o del fenotipo ginoide  (grasso sottocutaneo gluteo-femorale), perché più sensibile ai processi di lipolisi, relativamente meno sensibile ai processi di lipogenesi, e più esposto ai processi di turnover. Il grasso ostinato maschile o androide può essere quindi più facile da eliminare, pertanto possono essere sufficienti le normali strategie dietetiche e di allenamento. Tuttavia, questo discorso prescinde dagli obiettivi dei culturisti professionisti, che per ottenere una forma fisica da competizione necessitano di ridurre a livelli estremamente bassi anche le aree molto resistenti alla lipolisi, come i glutei e la bassa schiena (4).

L’influenza degli ormoni steroidei

Una delle principali differenze nella distribuzione del grasso corporeo tra i sessi e tra i fenotipi è associato a diverse classi di ormoni steroidei, tra cui gli ormoni sessuali (7, 8, 9). Questi sono testosterone, cortisolo, estrogeni  (estradiolo) e progesterone. Tutte queste molecole potrebbero essere definite come “ormoni schizofrenici”, nel senso che sono tutti in grado di stimolare, direttamente o indirettamente, la mobilizzazione (lipolisi) o l’accumulo (lipogenesi) di grasso a seconda della circostanza, del sesso, della regione adiposa e di altre variabili.

Comunque, viene ritenuto che essi abbiano un ruolo determinante nella distribuzione del grasso: testosterone e cortisolo conferiscono le caratteristiche morfologiche maschili e androidi, mentre estrogeni e progesterone caratterizzano la conformazione femminile e ginoide. Tutto questo pur riconoscendo l’esistenza di uomini di tipo ginoide, e donne di tipo androide (1).

Essendo un argomento molto complesso, non completamente chiaro, nonché dettato anche dalla genetica e non propriamente utile nella pratica, ci si può limitare a dire che queste classi ormonali siano implicate nella differente distribuzione del grasso corporeo tra le categorie citate. Recenti ricerche inoltre hanno identificato la possibilità di rilasciare i grassi da alcune zone e ridepositarli in altre. Questo può essere osservato ad esempio nelle donne, in cui possono essere rilasciati i grassi depositati nelle aree superiori per poi essere ri-esterificati nelle aree inferiori (10). Inoltre, è stato osservato che nelle donne obese di costituzione androide, il cortisolo è capace di mobilizzare il grasso da alcune aree per ridepositarlo nel tessuto adiposo viscerale  (dotato di molti più recettori dell’ormone, 11). Questo spiegherebbe almeno in parte come fattori quali ormoni steroidei, sesso e fenotipo, determinino la conformazione e il pattern di distribuzione del grasso corporeo.

Fattori determinanti le differenze nell’accumulo adiposo locale

Adrenorecettori e sensibilità lipolitica

Il processo di lipolisi, cioè di mobilizzazione dei grassi depositati dalle riserve, avviene ad opera di una serie di ormoni, i cui più rilevanti sono le catecolammine. Le catecolammine sono ritenute le principali, e da alcuni le uniche, molecole in grado di promuovere effettivamente la lipolisi (12, 13, 14). Altri ormoni, come il cortisolo, il GH, il testosterone, i tiroidei, e diversi altri, hanno semplicemente un effetto potenziante e sinergico con le catecolammine in questo processo (13). Le catecolammine sono essenzialmente tre, ovvero l’adrenalina, la noradrenalina e la dopamina. Il primo è un ormone, i restanti sono neurotrasmettitori. Tuttavia, nel processo lipolitico si fa riferimento a questa classe di molecole escludendo la dopamina (13), la quale non ha un ruolo rilevante in questi termini. Adrenalina e noradrenalina hanno diverse funzioni, come l’aumento del battito cardiaco e della pressione sanguigna, stimolano la liberazione dei grassi e dei carboidrati depositati  (glicogeno), e inibiscono il rilascio di insulina.

Nelle cellule adipose il processo di lipolisi dei trigliceridi avviene grazie all’enzima lipasi ormone-sensibile  (HSL), che viene appunto attivato primariamente dalle catecolammine (13, 14). Per esercitare il loro effetto sulla lipolisi, adrenalina e noradrenalina agiscono legandosi a specifici recettori cellulari, i recettori adrenergici o adrenorecettori, posti sulla membrana cellulare, i quali determinano la risposta della HSL. Le catecolammine quindi innescano la mobilizzazione del grasso attivando la HSL, la quale libera i lipidi fuori dalla cellula.

Esistono due principali categorie di adrenorecettori: i recettori beta (β) e alfa (α), distribuiti nei vari tessuti corporei. Esistono a loro volta svariate forme di recettori alfa e beta, ma per quanto riguarda il tessuto adiposo umano, quelli che necessitano di essere considerati sono gli adrenorecettori alfa-2 e beta-2. I β-2 recettori stimolano la lipolisi indotta dalle catecolammine  (attivando l’HSL), mentre gli α-2 recettori inibiscono questo processo ad opera delle stesse molecole (inibendo la HSL – 13, 15, 16). Si potrebbe dire, usando un’analogia, che i β-2 recettori risultino come degli “acceleratori” della perdita di grasso, mentre gli α-2 recettori agiscano come un “freno” in questo processo (4).

Diverse zone adipose presentano una differente densità e un differente rapporto tra recettori α-2 e β-2. Nelle zone adipose in cui prevalgono i β-2 recettori, le catecolammine hanno un ruolo pro-lipolitico, mentre nelle zone in cui prevalgono gli α-2 esse hanno un ruolo anti-lipolitico (17, 16). Di conseguenza, per quanto le catecolammine siano i principali ormoni lipolitici, in relazione al grasso ostinato esse possono essere considerate normalmente anti-lipolitiche (4).

Proprio a causa di questo differente rapporto tra α-2 e β-2 adrenorecettori, le cellule adipose viscerali sono più sensibili all’azione lipolitica delle catecolammine rispetto alle cellule del grasso addominale sottocutaneo (18). A loro volta, in entrambi i sessi le cellule adipose sottocutanee a livello addominale sono più sensibili all’effetto lipolitico delle catecolammine rispetto a quelle situate nella regione gluteo-femorale (5, 19). Inoltre, le donne tendono a presentare un numero di recettori α-2 ancora maggiore nella zona gluteo-femorale rispetto agli uomini (16), risultando ulteriormente penalizzate nella mobilizzazione del grasso gluteo-femorale.

Può essere compreso a questo punto che i siti adiposi tipici del sesso maschile e del fenotipo androide sono generalmente più sensibili all’azione lipolitica delle catecolammine rispetto alle aree tipicamente femminili o del fenotipo ginoide. Come detto precedentemente, il grasso ostinato tipicamente maschile/androide e quindi “meno ostinato”  (specie il grasso sottocutaneo addominale inferiore) rispetto a quello femminile/ginoide. Parte di queste differenze può essere spiegata dal rapporto tra adrenorecettori α-2 e β-2 (15, 16).

In conclusione, si può dire che normalmente le catecolammine abbiano un effetto fortemente anti-lipolitico soprattutto verso il grasso ostinato caratteristico del fenotipo ginoide, e ancora più nel sesso femminile  (area gluteo-femorale).

Sensibilità insulinica

In pieno antagonismo con le catecolammine, l’insulina è nota come il principale ormone anti-lipolitico, ovvero che impedisce la mobilizzazione dei grassi depositati (13, 14, 20, 21). Ciò avviene a causa del suo effetto inibitorio sulla regolazione dell’enzima lipolitico HSL (15), principalmente stimolato dalle catecolammine. In realtà, l’inibizione della HSL non è regolata solo dall’insulina, poiché anche il solo aumento dei lipidi plasmatici (a seguito di un pasto puramente lipidico) è in grado di inibirla senza aumentare i livelli dell’ormone (22).

Comunque, l’insulina è stimolata prevalentemente dai carboidrati e dalle proteine, anche se normalmente in maniera più potente da parte dei carboidrati (23). Soprattutto se stimolata dai carboidrati o dai pasti misti, l’insulina ha l’effetto fisiologico di inibire in acuto la liberazione e l’impiego energetico dei grassi, di promuoverne invece il rideposito e la sintesi epatica, e di portare al preferenziale impiego energetico dei carboidrati a scapito dei grassi (20, 21). Questo accade anche perché fisiologicamente i carboidrati hanno la priorità sui grassi in termini di impiego energetico, quindi l’ingestione dei carboidrati porta in acuto ad enfatizzare la loro ossidazione, inibendo invece l’ossidazione dei grassi  (24, 25).

Eccetto rari casi, l’effetto anti-lipolitico dell’insulina normalmente sovrasta l’effetto lipolitico delle catecolammine, inibendo l’attività lipolitica. Oltre ad essere fortemente anti-lipolitica, l’insulina è anche il più importante attivatore del principale enzima coinvolto nei processi di accumulo dei trigliceridi, la lipoproteina lipasi  (LPL) adipocitaria (26). Pur risultando rilevante nei processi lipogenetici, l’LPL non sembra tuttavia essere la più importante. La LPL infatti è semplicemente responsabile dell’idrolisi dei trigliceridi presenti nei chilomicroni plasmatici in acidi grassi liberi all’esterno della cellula, mentre una molecola più importante, l’ASP (acylation stimulating protein), determina l’effettiva sintesi dei trigliceridi in sede intracellulare, indipendentemente dall’attività insulinica (27).

Per quanto riguarda le varie zone adipose, esse presentano una diversa “sensibilità anti-lipolitica” all’ormone insulina. È stato infatti osservato che l’insulina sia in grado di sopprimere la lipolisi per circa la metà nel tessuto adiposo viscerale rispetto al grasso sottocutaneo, soprattutto quello distribuito nelle zone inferiori (28, 29, 30). In altri termini, l’insulina esercita maggiormente i suoi effetti inibitori sulla liberazione dei grassi dal tessuto adiposo sottocutaneo che in quello viscerale. Mentre tra i due principali depositi adiposi sottocutanei, l’ormone è più anti-lipolitico nell’area gluteo-femorale, e meno anti-lipolitico nella regione addominale.

Anche se la lipolisi è meno inibita nel grasso viscerale rispetto al grasso sottocutaneo, la captazione del glucosio è invece maggiore nel grasso viscerale (31). Questo indica che i depositi sottocutanei sono più influenzati dall’insulina per quanto riguarda l’inibizione della liberazione dei grassi, ma sono meno sensibili all’azione insulinica per quanto riguarda l’uptake di glucosio. Sintetizzando, l’insulina sopprime di più la lipolisi nella zona gluteo-femorali, proprio i siti di deposito che sono anche più resistenti alla mobilizzazione dei grassi perché più densi di recettori α-2 adrenergici (antilipolitici).

Flusso ematico

Un altro fattore condizionante e fondamentale nei confronti del grasso ostinato è il flusso sanguigno del tessuto adiposo (nella ricerca viene identificato con l’acronimo ATBF). Nel tessuto adiposo, il flusso degli acidi grassi attraverso la membrana cellulare è bi-direzionale: va verso l’esterno nei periodi di netta mobilizzazione dei grassi, come nel digiuno o durante l’esercizio, mentre va verso l’interno durante il periodo post-prandiale (6, 32). L’ATBF viene quindi aumentato sia durante i processi di mobilizzazione che durante quelli di deposito, ma per scopi e con meccanismi differenti.

Nei processi di accumulo, l’ATBF è regolato dall’ossido nitrico (NO), mentre nei processi di mobilizzazione è regolato dai recettori β-2 adrenergici (lipolitici – 33). Durante i processi lipolitici, l’ATBF aumenta per facilitare la mobilizzazione e rifornire l’albumina plasmatica richiesta per il trasporto degli acidi grassi, mentre nel periodo post-prandiale esso aumenta per favorirne il deposito (34).

È importante precisare che i vasi sanguigni sono controllati dagli adrenorecettori esattamente come accade per il metabolismo degli adipociti, quindi l’attività delle catecolammine nel processo lipolitico è in grado di inibire (vascocostrizione) o di aumentare (vasodilatazione) l’ATBF a seconda dell’area in cui prevalgono rispettivamente gli α-2 o i β-2 recettori (32, 35).

Per questo motivo, poiché gli α-2 recettori sono maggiormente espressi nelle regioni inferiori, durante la lipolisi il flusso ematico nella zona gluteo-femorale è molto minore rispetto a quello della zona addominale (attorno al 65% in meno – 36), e le catecolammine possono indurre vasocostrizione dei vasi in queste aree pur aumentando l’ATBF nelle regioni superiori, più dense di β-2 recettori (35).

In relazione ai processi di accumulo adiposo (lipogenesi), l’ATBF viene aumentato dall’insulina. L’insulina ha infatti l’effetto di aumentare il flusso ematico tramite la stimolazione dell’ossido nitrico  (NO – 37). Come è stato visto in precedenza, l’insulina risulta essere il più potente ormone anti-lipolitico (13), ma anche l’ossido nitrico di per sé è noto per sopprimere i processi lipolitici (38). Nei processi di accumulo di grasso, l’ATBF inoltre differisce tra i sessi. Nel periodo post-prandiale, nelle donne l’aumento del flusso ematico viene osservato nel tessuto adiposo delle regioni inferiori, ma ciò non avviene significativamente negli uomini (39, 40). Inoltre, il grasso addominale sottocutaneo della parte inferiore è penalizzato da un minore flusso ematico rispetto a quello superiore (41), e questo può in parte spiegare la maggiore difficoltà spesso osservata nel ridurre il grasso ostinato del basso addome.

Per quanto non sembrino esistere evidenze sul ATBF in relazione ai fenotipi, in base all’evidenza empirica si può presumere che anche l’appartenenza fenotipica sia in grado di condizionare questo aspetto nei processi di accumulo lipidico. In sintesi, durante i processi di accumulo, il flusso ematico verso il tessuto adiposo (ATBF) aumenta per consentire un efficiente stoccaggio degli acidi grassi. Tuttavia, gli aumenti del ATBF sono condizionati dal sesso, e molto probabilmente anche dal fenotipo. Negli uomini, l’ATBF nel periodo post-prandiale è generalmente maggiore nelle zone superiori, mentre nelle donne prevale nelle aree inferiori.

Per quanto riguarda invece i processi di liberazione dei grassi dagli adipociti (lipolisi), l’ATBF viene normalmente aumentato, ad esempio, durante il digiuno a breve (42) e a lungo termine (43), durante l’attività aerobica molto prolungata (3-4 ore, 44), o con l’aumento della temperatura corporea (45). Poiché, come detto, i β-2 recettori (che favoriscono i processi lipolitici) sono maggiormente espressi negli adipociti e nei vasi sanguigni delle parti superiori, normalmente la lipolisi e la ATBF prevalgono in queste aree, mentre vengono inibite nelle zone inferiori a causa della prevalenza di recettori α-2.

In sintesi, in entrambi i sessi, e presumibilmente in entrambi i fenotipi, il flusso ematico del tessuto adiposo durante i processi lipolitici aumenta nelle parti superiori e si riduce nelle parti inferiori. L’aumento del flusso ematico nei processi lipolitici pare essere piuttosto importante, sia per garantire che gli ormoni lipolitici raggiungano le aree interessate, sia per facilitare il trasporto degli acidi grassi per via ematica in modo da essere ossidati.

Conclusioni

In questo articolo sono stati approfonditi i principali meccanismi che determinano la differente difficoltà nei processi di mobilizzazione dei grassi dal tessuto adiposo. Questi meccanismi, in entrambi i sessi, sono essenzialmente rappresentati da:

  • rapporto tra adrenorecettori α-2 e β-2 nel tessuto adiposo e nei vasi sanguigni;
  • sensibilità insulinica verso i processi anti-lipolitici e lipogenetici;
  • flusso ematico nei processi di deposito (lipogenesi) e mobilizzazione (lipolisi) dei grassi.

Notiamo che nell’uomo l’accumulo di grasso tende a prevalere nelle aree superiori del corpo, in particolare nella zona addominale e tra i visceri (conformazione androide). Nella donna invece, l’accumulo propende nelle aree inferiori, nella zona gluteo-femorale (conformazione ginoide). Tuttavia, in entrambi i sessi, la mobilizzazione del grasso è più facile e rapida nelle aree superiori, e molto più resistente in quelle inferiori.

Questo conferisce al grasso tipicamente ginoide il nominativo di grasso ostinato per eccellenza tra i principali depositi lipidici. In realtà anche l’uomo presenta delle zone particolarmente resistenti ai processi di dimagrimento, ovvero il basso addome e soprattutto la bassa schiena. Nel prossimo capitolo verrà approfondite le modificazioni alimentari per facilitare la mobilizzazione del grasso ostinato.

Parte 2: Strategie nutrizionali

Nella prima parte sono stati approfonditi i meccanismi generali che regolano i processi di accumulo adiposo regionale. È stato riconosciuto che, in entrambi i sessi, i depositi di grasso distribuiti nelle parti superiori del corpo sono più sensibili ai processi di mobilizzazione (lipolisi) rispetto ai depositi localizzati nelle parti inferiori. Poiché nel sesso maschile è più frequente e accentuato l’accumulo adiposo nelle parti superiori del corpo (fenotipo androide) piuttosto che in quelle inferiori, è molto più facile per questi soggetti riuscire a ridurre il grasso nelle aree più predisposte al deposito.

Nel sesso femminile, al contrario, l’accumulo adiposo prevale più frequentemente nelle zone inferiori del corpo (fenotipo ginoide), ed essendo tali aree molto molto meno sensibili ai processi di mobilizzazione, è più difficile per questi soggetti ridurre l’adipe nelle aree predisposte.

Questo porta a concludere che il grasso ostinato tipicamente maschile (specie il basso addome) sia meno ostinato di quello femminile (area gluteo-femorale). In questa sede verranno affrontati gli aspetti dietetici, proposti da alcuni Autori sulla base dell’evidenza scientifica, per facilitare la mobilizzazione del grasso ostinato (1-3).

Principi generali

Il processo di riduzione del grasso corporeo necessita in primo luogo di applicare alcuni principi dietetici generali. Per consentire la perdita di grasso è necessario che la spesa calorica superi l’introito calorico (4,5), rendendo quindi il bilancio calorico negativo. Normalmente il bilancio calorico negativo si ottiene con una restrizione delle calorie in rapporto ai livelli di mantenimento, rendendo la dieta ipocalorica. In realtà, il bilancio negativo, e il conseguente decremento della massa grassa, si possono ottenere anche senza mantenere una restrizione energetica cronica o autoimposta.

Se vuoi leggere l'intero articolo abbonati adesso!

  • Lorenzo Pansini

    Lorenzo Pansini è natural bodybuilder, formatore, personal trainer e divulgatore scientifico specializzato in nutrizione sportiva (ISSN-SNS) e allenamento per il miglioramento fisico. Con oltre 10 anni di esperienza attiva nella divulgazione scientifica, è stato per anni referente tecnico per l'azienda leader Project inVictus con vari ruoli, e richiesto da altre importanti realtà del settore nazionale. È autore per testi e riviste di settore, come Alan Aragon's Research Review, redatta dal ricercatore e nutrizionista americano Alan Aragon.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Don`t copy text!

Area Membri