Articolo originariamente pubblicato in due parti su vivereinforma.it il 23 maggio 2014, poi sintetizzato nell’articolo Mantenimento della massa muscolare nella dieta ipocalorica.
Secondo quanto stabilito nella letteratura scientifica, il metodo ottimale per attuare la perdita di peso è il modello in cui la massa grassa viene persa e la massa magra (FFM o LBM) viene mantenuta (1, 2, 3, 4).
La preservazione della massa magra fornisce molti vantaggi durante la perdita di peso, come il mantenimento del metabolismo basale (BMR), il controllo glicemico, l’ossidazione dei lipidi (1, 5) e la prevenzione del riacquisto di peso (3).
La perdita di massa magra nel percorso ipocalorico invece si riflette su un peggioramento nella gestione della perdita di peso (4, 6), su una maggiore esposizione ad infortuni, e su un peggioramento della performance negli sportivi (4).
Poiché la massa muscolare scheletrica è l’unica parte della FFM che può essere significativamente alterata, i due termini vengono spesso usati, seppur impropriamente, come sinonimi (7). Peraltro, è stato proposto che il dispendio energetico legato al metabolismo del muscolo scheletrico sia l’unica componente del BMR che può variare considerevolmente, grazie alla sua possibilità di subire delle variazioni significative, al contrario di quanto non accadrebbe per gli altri tessuti e organi (5). In realtà, con forti variazioni di peso e grasso corporeo può variare anche l’attività metabolica di altri organi (8), anche se sembra che normalmente ciò avvenga in maniera minima (5).
Il muscolo scheletrico ha un’attività metabolica specifica piuttosto bassa, di appena 13 kcal/kg (ad esempio, contro le 200 kcal/kg di fegato, cervello e polmoni) (9). Pur avendo una spesa energetica specifica molto ridotta, questo tessuto è anche il più esteso del corpo, costituendo nell’uomo circa il 40% del peso corporeo (in media, 30 kg) (9). Per questi motivi, la spesa energetica complessiva o assoluta per il suo mantenimento, turnover o accrescimento, può arrivare a coprire il 25% del BMR, e la percentuale aumenta in condizioni di attività fisica (10), confermando quanto il metabolismo sia sensibile alle variazioni della FFM. Per questi ed altri motivi, la preservazione o l’aumento del tessuto muscolare è stato considerato un fattore di protezione dall’obesità, dalle malattie metaboliche e da altre patologie (5).
È importante precisare che la FFM può essere distinta a sua volta in massa magra essenziale e non essenziale, e le sue alterazioni possono essere provocate anche dalle sole variazioni del contenuto di glicogeno, acqua, e altri tessuti non muscolari (2, 8). Di conseguenza, le variazioni della FFM non sempre e non necessariamente sono correlate alle variazioni della massa proteica muscolare, o della massa proteica miofibrillare. In alcuni casi l’aumento della massa magra può essere caratterizzato anche dall’accrescimento di tessuti non muscolari come le ossa e il tessuto connettivo (11), in altri può essere perlopiù dovuto ad un aumento dell’acqua corporea più che dalla massa proteica (8, 12), e coinvolge innumerevoli altre componenti cellulari.
Comunque, il metabolismo specifico della FFM tende ridursi in proporzione all’aumento del suo peso, semplicemente perché, dove gli incrementi di peso vengono apportati dall’aumento di acqua e minerali, l’attività metabolica basale rimane costante o aumenta in maniera marginale (8). Sebbene spesso non venga fatta distinzione tra le variazioni della massa magra (potenzialmente dovute anche al solo spostamento dei fluidi corporei) e le variazioni della massa proteica muscolare, è importante riconoscere questa possibilità, senza considerare necessariamente gli aumenti della FFM un fenomeno positivo in termini di attività metabolica e spesa energetica.
Risparmio della massa magra nella dieta ipocalorica
È ben noto che per garantire un’efficiente riduzione della massa grassa sia necessario attuare una restrizione energetica (dieta ipocalorica) (13,14) e aumentare l’apporto proteico rispetto ai livelli basali per coprire l’aumentato fabbisogno richiesto (1, 15, 16). Ciò significa che in queste condizioni l’apporto proteico debba risultare superiore alle quantità minime suggerite dal RDA (>0.8 g/kg/die) (1, 4, 15) e il rapporto tra l’apporto totale di macronutrienti e i livelli di attività fisica debba risultare tale da rendere il bilancio calorico negativo (4, 13, 14).
L’aumento dell’apporto proteico (>0.8 g/kg/die) nella dieta ipocalorica permette di mantenere la massa muscolare e il metabolismo basale (1, 17), e nel complesso, di migliorare la perdita di grasso (17, 18, 43). Alcuni documenti riconoscono che, nei soggetti obesi non sottoposti ad esercizio fisico, sotto regimi fortemente ipocalorici (VLCD, Very Low Calorie Diet) sia richiesto un introito proteico di 1.5 g/kg (quasi il doppio del RDA) per limitare la perdita di massa magra (19, 20, 21). Altri risultati su obesi sotto forte restrizione calorica rilevano effetti soddisfacenti con assunzioni proteiche più moderate, di 1.2 g/kg, garantendo comunque un migliore mantenimento della FFM e del metabolismo basale rispetto alle quantità minime di 0.8 g/kg (17).
Capitolo a parte meritano gli sportivi, categoria che necessita di apporti proteici ben superiori al soggetto medio anche solo in condizioni normocaloriche (4, 5). Dati generali indicano che durante la perdita di peso indotta dalla restrizione calorica, circa il 75% del peso perso è rappresentato dalla massa grassa e circa il 25% dalla massa magra (22, 23, 24). Queste stime però, sono piuttosto approssimative, perché non tengono conto di molte variabili che possono alterare le variazioni della composizione corporea nella dieta ipocalorica, come:
- il livello di massa grassa iniziale;
- il livello di restrizione (deficit) calorica e il bilancio calorico;
- le proporzioni dei macronutrienti e l’apporto proteico;
- l’eventuale esercizio fisico e il tipo di esercizio fisico;
L’influenza della massa grassa
I soggetti sovrappeso/obesi possiedono più grasso, ma sono anche dotati mediamente di una maggiore massa magra rispetto alle persone normopeso (25). Questo può essere correlato al fatto che l’iperalimentazione (dieta ipercalorica) abbia la capacità di aumentare la massa magra rispetto ai valori iniziali senza esercizio fisico (26, 27, 28, 29); in un contesto ipercalorico, la massa magra ha dimostrato un ulteriore accrescimento, sia con un ulteriore aumento delle calorie (a proteine pareggiate) (28), sia con un ulteriore aumento delle proteine alimentari (a calorie pareggiate) (29).
Durante il digiuno prolungato, il catabolismo del muscolo scheletrico consente di mantenere stabile l’aminoacidemia; i soggetti obesi sono capaci di mantenere l’aminoacidemia nella norma per più tempo dei soggetti normopeso, anche dopo 60 giorni di digiuno (30), riflettendo le maggiori scorte proteiche. L’aspetto più rilevante è che durante una severa restrizione calorica, gli obesi subiscono generalmente una minore perdita di proteine grazie alle maggiori scorte di grasso come combustibile alternativo rispetto ai soggetti più magri (31). È stata di conseguenza stabilita l’esistenza di una relazione curvilineare inversa tra i livelli di grasso iniziali e la proporzione di peso perso rappresentata dalla massa magra (32).
Riassumendo, durante la restrizione calorica il grasso funge da protettore della massa magra; pertanto i soggetti in partenza più grassi, a parità di condizione dietetica, non solo presentano una massa magra mediamente maggiore in partenza, ma nelle situazioni a rischio subiscono un’inferiore perdita di massa magra rispetto ai soggetti più magri. Ciò potrebbe significare che in condizioni ipocaloriche, inferiore è la massa grassa di un soggetto, e più le proteine alimentari e le calorie assumono un’importanza decisiva per mantenere o attenuare la perdita del muscolo scheletrico.
Se per un soggetto obeso non sportivo 1.2 g/kg di proteine nella dieta fortemente ipocalorica possono essere sufficienti per limitare la riduzione della FFM e del BMR (17), per un soggetto magro non sportivo le richieste proteiche potrebbero facilmente essere superiori. Gli atleti richiedono normalmente assunzioni proteiche piuttosto aumentate rispetto al fabbisogno minimo del sedentario (4, 5) (1.2-2 g/kg). Se questi presentano anche una massa grassa molto ridotta, sotto regime ipocalorico possono necessitare di apporti proteici molto elevati, oltre a mantenere un deficit calorico più moderato, per mantenere o limitare la perdita della muscolatura e della prestazione.
L’influenza del livello di deficit calorico
Un altro degli aspetti principali nel determinare le alterazioni della massa magra nella dieta ipocalorica è il livello di deficit calorico (33). L’apporto calorico viene riconosciuto, assieme all’apporto proteico di per sé, come uno nei principali modulatori del bilancio azotato, e quindi del fabbisogno proteico (34, 35). Questo indica che anche i carboidrati e i grassi hanno un ruolo nel mantenimento della massa magra nel contesto ipocalorico (secondo alcune evidenze, i carboidrati avrebbero un’importanza maggiore rispetto ai grassi – 36, 37). Anche se forti restrizioni energetiche croniche possono velocizzare il processo di dimagrimento, sembra che il corpo sia limitato nella quantità di grasso di cui si può liberare senza una perdita di proteine corporee (38). Ciò significa che nonostante una grande restrizione calorica cronica favorisca una perdita di grasso più rapida, più facilmente può penalizzare il risparmio della massa magra.
La riduzione della massa magra dovuta allo scarso apporto calorico è strettamente connessa con l’attività metabolica, poiché, come detto, la massa magra è un importante predittore del metabolismo basale (39). Assunzioni caloriche eccessivamente basse determinano infatti anche una riduzione del metabolismo basale che rallenta la perdita di grasso (2, 40), e anche in questo caso il decremento è dipendente dall’entità della restrizione calorica (2). Alcuni risultati su obesi ad esempio hanno verificato che, passando da una dieta da 1120 kcal a una da 440 kcal, il metabolismo basale dei pazienti diminuisse di 2 volte in 5 settimane (41). Secondo alcune evidenze, un deficit calorico cronico di 1000 kcal sembrerebbe essere la soglia per abbassare il metabolismo (42).
Questi dati però, possono facilmente risultare approssimativi, perché ciò può dipendere anche dalle proporzioni dei macronutrienti distribuite all’interno dell’apporto calorico. Più proteine in condizioni di restrizione energetica più marcata potrebbero garantire un maggiore risparmio o un mantenimento della massa magra e del metabolismo basale (17) rispetto a diete in cui la restrizione energetica è inferiore ma l’apporto proteico risulta insufficiente (43). Questo lascia intendere che non sono solo le calorie generali ad incidere sul bilancio azotato, ma anche la frazione calorica rappresentata dalle proteine alimentari (44).
È importante sottolineare che queste considerazioni valgono nel contesto della restrizione calorica cronica, ma non a breve termine. Ad esempio, è ben noto che il metabolismo basale aumenta nel digiuno a breve termine (36-48 ore) (45, 46); mentre esiste la possibilità che la massa magra possa essere sensibilmente meno compromessa con singole giornate di forte restrizione calorica (deficit del 75%) alternate a giornate di alimentazione ad libitum (digiuno intermittente), rispetto a restrizioni caloriche, forti o moderate, mantenute cronicamente (47).
Riassumendo queste informazioni, quando si dice che la massa magra e il metabolismo basale vengono compromessi sotto restrizione energetica, bisogna anche valutare il livello di deficit raggiunto, in quanto maggiore è la restrizione in rapporto al livello di mantenimento (su questo incide in negativo anche l’attività fisica) e maggiore può essere il rischio di ridurre la massa magra e il metabolismo basale. Ciò è dovuto al fatto che non solo le proteine alimentari condizionano il bilancio azotato, ma anche le calorie apportate dagli altri macronutrienti; sotto regime ipocalorico, maggiori sono le calorie in relazione ai livelli di mantenimento (ovvero, minore è il deficit), e maggiore è probabilità di preservare o limitare la riduzione della massa magra e del metabolismo basale.
Sembra che il massimo livello di restrizione energetica per prevenire queste perdite, in termini molto indicativi, ammonti a un deficit di circa 1000 kcal. Tuttavia queste stime non sarebbero da prendere alla lettera a causa di altri fattori estremamente condizionanti, prevalentemente la componente proteica. Inoltre, è necessario valutare entro quale termine si verificano queste modificazioni, perché i risultati variano significativamente in dipendenza di modificazioni alimentari acute o croniche.
L’influenza delle proporzioni dei macronutrienti e della componente proteica
Un altro potenziale errore di impostazione della dieta ipocalorica potrebbe essere quello di non considerare importanti le proporzioni dei macronutrienti all’interno dell’apporto calorico totale. Come detto, ai fini del risparmio della massa muscolare nella dieta ipocalorica l’apporto proteico viene considerato un aspetto critico (1,2,4, 15). Ciò significa che a parità di apporto calorico, diete ipocaloriche dalle diverse proporzioni di macronutrienti – in particolare della componente proteica – portano a risultati differenti in termini di composizione corporea (43) e di metabolismo basale e totale (48). In condizioni ipocaloriche l’aumento dell’apporto proteico rispetto ai livelli minimi suggeriti dal RDA (>0.8 g/kg/die) è infatti necessario per consentire un risparmio della massa magra (1, 2, 3, 4, 15, 43). È stato proposto che la perdita di muscolo scheletrico sia il fattore che contribuisce maggiormente alla riduzione del metabolismo basale (49) e che lo scarso apporto proteico sia una causa della soppressione del metabolismo durante i regimi fortemente ipocalorici (50).
Secondo alcuni dati, fornendo proteine alimentari durante il digiuno il catabolismo delle proteine corporee può essere evitato o attenuato (51), e fornire le giuste quantità di proteine in una dieta fortemente ipocalorica è in grado di mantenere il bilancio azotato positivo (52). È interessante anche notare che durante la rialimentazione con l’obiettivo di mantenere il peso venendo da un periodo di dieta altamente ipocalorica (circa 500 kcal), un maggiore apporto proteico possa permettere di riacquistare meno peso, e solo guadagnando massa magra(3).
In altri casi è stato mostrato che a seguito di una perdita di peso da parte dei soggetti obesi, diete dal maggiore apporto proteico consentissero di mantenere più elevato il dispendio energetico basale e totale rispetto a diete isocaloriche con meno proteine (17, 48). Un altro dato interessante è che durante la restrizione energetica moderata (~35%), un apporto proteico al di sotto dei livelli minimi (inferiore a 0.8 g/kg), possa ostacolare e ridurre la perdita di peso rispetto ad un apporto iperproteico (43), e normoproteico (17). Infine, anche seguendo regimi ipercalorici, con un apporto proteico insufficiente la massa magra tende a ridursi in ogni caso (29), nonostante l’azione positiva delle calorie in eccesso sul bilancio azotato e sul risparmio proteico (28, 34, 35).
Semplificando questi concetti, a parità di apporto calorico in una dieta ipocalorica, è possibile prevenire o limitare fortemente la riduzione della massa magra e il declino del metabolismo basale fornendo più proteine alimentari rispetto ai fabbisogni minimi (>0.8 g/kg/d) in paragone ad una dieta isocalorica (dallo stesso apporto calorico) ma con una quantità di proteine alimentari insufficiente (≤ 0.8 g/kg). Anche nel contesto di una dieta per il mantenimento del peso venendo da un’importante perdita di peso, più proteine alimentari possono garantire un maggiore riacquisto di massa magra, un inferiore aumento del grasso corporeo, e un maggiore mantenimento del metabolismo basale e della spesa energetica. Questo a conferma che “una caloria non è una caloria” se si valutano le variazioni della composizione corporea e dell’attività metabolica in relazione a diete isocaloriche (parità di calorie) ma dalla diversa composizione.
L’influenza dell’attività fisica
Sotto un regime ipocalorico, l’attività fisica ha una significativa influenza sulle alterazioni della massa magra, e il tipo di attività fisica assume anch’esso un ruolo potenzialmente determinante. Il primo aspetto da considerare è l’impatto che esercita l’attività fisica sul bilancio calorico (4). In termini molto indicativi, un’ora di allenamento intenso può portare ad un dispendio di 400 kcal per l’attività con i pesi e 650 kcal per l’attività aerobica (53). In realtà queste stime sono parziali perché non tengono conto della spesa totale indotta dall’esercizio, la quale deve comprendere anche l’aumento del dispendio energetico post-allenamento (EPOC) (54).
Poiché l’esercizio con i pesi ha più volte documentato un aumento del ritmo metabolico e del dispendio energetico/lipidico post-esercizio sensibilmente maggiore e molto più rilevante rispetto all’aerobica (55, 56), le differenze nel dispendio calorico totale indotto da queste due attività, a parità di tempo speso, vengono minimizzate. Si potrebbe comunque riconoscere che l’attività fisica, praticata per circa un’ora, induca ad un dispendio calorico medio, molto indicativo, di circa 500 kcal. Se quindi un soggetto segue una dieta eucalorica (normocalorica) in concomitanza con l’attività fisica di durata moderata, il bilancio energetico risulta negativo, potenzialmente del 15-25%. In realtà è necessario considerare anche l’eventuale attività fisica non-sportiva (NEAT), che se molto elevata può rappresentare fino al 50% del dispendio energetico totale (57), incidendo notevolmente sul bilancio calorico. Comunque, nelle stime del fabbisogno calorico viene normalmente conteggiato anche l’impatto dell’attività fisica mediante il calcolo della spesa energetica totale giornaliera (TDEE) del soggetto, pertanto, se ciò avviene, la sua influenza sul bilancio calorico viene ignorata.
L’esercizio aerobico non ha propriamente un effetto ipertrofico a livello strutturale, in quanto è possibile osservare un aumento del volume muscolare, ma non un aumento della struttura proteica o delle proteine miofibrillari (58). L’esercizio di endurance infatti promuove soprattutto la sintesi proteica di mitocondri ed enzimi, piuttosto che di proteine contrattili (59). Ad esempio, negli atleti di endurance l’ipertrofia muscolare non si verifica ad un grado significativo, ma al massimo di manifesta debolmente e selettivamente nelle fibre di tipo 1, spesso con un decremento delle fibre di tipo 2 (60).
Il tradizionale esercizio aerobico in un programma alimentare ipocalorico per la perdita di peso ha spesso dimostrato di ridurre la massa magra (12, 61, 62) e il metabolismo basale (sotto l’aspetto cronico) (12, 63); per questo potrebbero essere più consigliati protocolli anaerobici come l’allenamento contro resistenza (pesi) o di l’High Intensity Interval Training (HIIT). È stato proposto che il relativo mantenimento della massa magra in un programma aerobico e dieta ipocalorica sia dovuto ad un maggiore mantenimento di acqua, potassio e glicogeno rispetto alla composizione media della massa magra (12). In altre parole, sotto regime ipocalorico il mantenimento della massa magra dovuto all’aerobica può essere semplicemente causa di una maggiore ritenzione di liquidi, e non in un mantenimento del tessuto proteico. Ciò spiegherebbe perché in questi casi il metabolismo basale può declinare anche in presenza di un mantenimento della FFM.
L’esercizio con i pesi, diversamente dall’attività aerobica, è stato proposto come metodo per la crescita, il mantenimento, o l’attenuazione della perdita di massa magra (64). L’esercizio con sovraccarichi ha un impatto sensibilmente maggiore nel promuovere la sintesi proteica delle miofibrille, cioè della struttura proteica contrattile (59). In virtù della sua capacità di influenzare positivamente il muscolo scheletrico, l’esercizio con i pesi è stato anche suggerito per gli atleti di endurance o di altri sport per preservare la massa magra (65).
Questo metodo di allenamento, sotto regime (anche fortemente) ipocalorico ha effettivamente dimostrato il potenziale di mantenere o aumentare la massa magra, e mantenere il metabolismo basale (22, 61, 66, 67). Tuttavia, anche in questo caso gli eventuali aumenti della massa magra potrebbero essere dovuti al semplice aumento della ritenzione di acqua corporea. Infatti non tutti gli studi mostrano che i pesi riescano a mantenere l’RMR sotto regime ipocalorico, pur attenuando la perdita di massa magra (68).
Queste divergenze tra i vari risultati sono dovute a differenti condizioni di studio, ma pare essere accettato che i pesi esercitino generalmente un effetto piuttosto positivo sul mantenimento della FFM e del RMR. A maggior ragione questo trova una coerenza con il fatto che l’aerobica non stimola l’aumento delle miofibrille al contrario dei pesi (58, 59). La differente influenza dei pesi o dell’aerobica sulle variazioni della FFM e del RMR nella dieta ipocalorica è dibattuta in letteratura (61, 69), tuttavia l’esercizio con i pesi sembra essere risultato più spesso una strategia superiore all’aerobica per mantenere la massa magra e il metabolismo basale in queste condizioni (7, 61, 65).
È importante sottolineare che le variazioni della composizione corporea indotte dall’attività fisica sono altamente condizionate dal regime alimentare. Pertanto, laddove con una certa attività fisica un regime alimentare inadeguato può causare una perdita di massa magra/muscolo scheletrico, con un regime alimentare ben calibrato, la stessa attività possa consentire un risparmio o un aumento di questa componente (4).
Per quanto attività aerobica e pesi (anaerobico) possano indurre dei segnali cellulari opposti in grado di promuovere rispettivamente il catabolismo e l’anabolismo (70), queste capacità risultano semplicemente intrinseche, ma vengono altamente condizionate dall’alimentazione. Esattamente come accade in assenza di attività fisica, dove la sola alimentazione può alterare sensibilmente e differentemente la variazione dei distretti corporei (a parità di calorie) (17, 29), anche nel contesto sportivo il regime alimentare riesce ad influire in maniera decisiva su queste variazioni al di là dello stimolo intrinseco indotto dalla specifica forma di attività sportiva. I principali fattori condizionanti sono stati trattati in questo articolo.
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