Potrà sorprendere alcuni che nella comunità scientifica la precisa definizione di dieta iperproteica non è unanimamente accettata.
D’altra parte, nel senso comune o per i poco informati il termine “iper” proteica potrebbe essere spesso associato al concetto di “eccesso proteico”, ma la letteratura scientifica spiega che non sono assolutamente sinonimi.
L’articolo approfondisce le varie controversie sulle diete ad alto apporto di proteine per fare chiarezza sulla questione secondo le varie linee guida, documenti di posizione e review, per fornire delle indicazioni pratiche.
Indice
Definizione di dieta iperproteica
Le controversie sulla definizione oggettiva di dieta iperproteica sono state affrontate da diversi scienziati(1,2). Combinando quanto spiegano entrambi i gruppi, nella letteratura scientifica secondo alcuni dieta iperproteica consisterebbe in un consumo di proteine oltre la Dose Giornaliera Consigliata (RDA: >0.8 g/kg), secondo altri sarebbero quantità superiori a 1.2 g/kg, oppure oltre il 15-16% dell’apporto energetico, secondo altri ancora potrebbero essere quantità superiori al 25%, e secondo altri al 35% dell’apporto energetico (1,2). Non vi è quindi accordo su ciò che definisce una dieta “iper” proteica.
Valori relativi (%) vs valori assoluti (g/kg)
Un’altra importante controversia riguarda l’uso delle percentuali come mezzo per definire la dieta come “iper” o “normo” proteica. Ovviamente se si rapporta la percentuale al fabbisogno energetico (mantenimento) o alla restrizione calorica le quantità cambiano, e possono farlo di molto.
Se un soggetto con un fabbisogno di 2500 kcal assumesse il 20% di proteine, sarebbero 125 g di proteine, ma se lo stesso instaurasse un deficit calorico del 30%, il 20% di proteine rapportato alla restrizione calorica consisterebbe in 87 g, ben 38 g in meno. Tuttavia, è noto che nella restrizione calorica le proteine dovrebbero essere mantenute più alte dei livelli minimi ideali nel contesto dell’abbondanza calorica, in modo da prevenire la perdita della massa magra e il declino del metabolismo (3).
Naturalmente questo discorso è piuttosto scontato per molti, ma è necessario ribadirlo per chi ha poca dimestichezza con la questione dell’apporto proteico (non a caso viene fatto presente anche dagli scienziati specializzati per altri scienziati o operatori). In questo caso il “problema” è risolvibile in due semplici modi:
- rapportare le percentuali solo al fabbisogno/dispendio calorico (mantenimento o TDEE) e mai all’apporto calorico se corrisponde a una restrizione o un eccesso calorico;
- usare i g/kg di peso in quanto basati su un valore assoluto e non relativo, in maniera da non falsare le stime dell’apporto proteico ideale (per le controversie tra g/kg di peso vs g/kg di massa magra si veda qui);
In altre parole quando si parla di percentuali lo si potrebbe anche fare, ma per logica sarebbe corretto farlo in rapporto al fabbisogno calorico e non all’apporto calorico. Di per sé quindi non sarebbe neppure così sbagliato usare questo metodo, ma bisogna usarlo in rapporto al giusto valore.
Un ulteriore problema insorge però considerando che nella restrizione calorica cronica il TDEE si riduce, e lo può fare anche di molto (2) (>500 kcal); quindi anche se le percentuali vengono rapportate a questo valore, possono comunque sottostimare l’apporto proteico ottimale per il soggetto. Questo è il motivo per cui usare i g/kg di peso rimane una strategia più precisa per impostare l’apporto proteico, ma questo i più attenti lo sapevano già.
Ipoproteica, normoproteica e iperproteica sono relativi?
Nonostante l’RDA venga spesso interpretato come un valore assoluto ideale per tutti, ciò che sappiamo dalla letteratura scientifica è che questo risultava semplicemente il valore minimo ottimale per l’uomo in generale, per coprire le richieste basali del 97.5% di uomini e donne adulti sani di età superiore ai 19 anni.
L’RDA si basava sui risultati di tutti gli studi disponibili che stimavano l’introito proteico minimo necessario per evitare una progressiva perdita di massa magra, come indicato dal bilancio azotato. È curioso notare che una ri-analisi più accurata di questi stessi studi ha concluso che i livelli del RDA dovrebbero stare a 1 g/kg (4), e la misurazione del bilancio azotato, usata per stabilire il vecchio RDA, ha dimostrato di sottostimare il fabbisogno proteico (5).
Ma secondo quanto riportano le varie linee guida, diverse popolazioni hanno diverse necessità, e quindi diverse soglie minime ottimali, tra queste:
- Pre-adulti: 1.8 g/kg neonati; 1.2 g/kg età pre-scolatica; 1 g/kg età scolastica; (6)
- Anziani: 1-1.5 g/kg; (7,8)
- Donne in gravidanza: 1.2-1.5 g/kg; (variabile in base alla fase) (9)
- Obesi: 2-2.5 g/kg (di peso ideale); (10)
- Sportivi: 1.2-2 g/kg (5,11); 1.6-2.2 g/kg per chi si allena con i pesi; (5,12)
Sulla base di queste differenze si potrebbe concludere che un determinato apporto proteico sarebbe “iper” per alcune popolazioni ma “normo” per altre.
Ad esempio, per uno sportivo o una donna nelle fasi avanzate della gravidanza 1.5 g/kg sono “normo” (o meglio ottimali), ma sarebbero stati “iper” per gli stessi se non fossero stati sportivi o in gravidanza, rispettivamente, mentre 0.8 g/kg sarebbero “ipo” per entrambi, rappresentando una carenza.
Questo solleva un problema strettamente semantico, perché oltre ad essere la definizione di “iperproteica” poco chiara, questa non può essere associata a un presunto eccesso rispetto ai livelli proteici ottimali per una data popolazione. Se “iper” si riferisse a valori assoluti (ad esempio >1.2 g/kg), significherebbe che per alcune popolazioni la dieta iperproteica è ideale mentre la normoproteica è insufficiente e carente (tutte quelle elencate sopra).
Se “iper” si riferisse a valori relativi, significherebbe invece che ciò che “iper” per una popolazione può essere “normo” per un’altra e “ipo” per un’altra ancora. Questo purtroppo alimenta ulteriormente la confusione.
“Iper” non è sinonimo di “eccesso”
Un comune equivoco è quello di associare il termine iperproteica al concetto di “eccesso” di proteine. Per “iper” infatti si può intendere “oltre”, facendo pensare a valori al di sopra un livello ottimale o sano per l’uomo. Se interpretato in questo modo “iper” è fuorviante, dato che le linee guida parlano chiaramente di range accettabili piuttosto ampi, all’interno del quale rientrano anche i valori tipici della dieta iperproteica.
Le soglie massime dei range accettabili si spingono fino al 35% dell’apporto/fabbisogno calorico, secondo la stessa organizzazione medica che ha stabilito l’RDA come soglia minima (i famosi 0.8 g/kg) (13).
Il 35% del fabbisogno calorico si traduce in 220 g per un normale fabbisogno di 2500 kcal, che per un soggetto di 75 kg sono circa 3 g/kg. Se lo stesso soggetto di 75 kg è molto attivo o sportivo, portando il suo dispendio/fabbisogno a 3200 kcal, il 35% diventano 280 g, tradotti come 3.75 g/kg.
Forse l’espressione che usano gli anglofoni e la comunità scientifica, “high-protein diet” (tradotta come “dieta alta in proteine”), è meno soggetta a questo malinteso. L’eccesso di proteine per l’essere umano è stato effettivamente definito, ma è ben più alto dei valori proteici tipici delle diete iperproteiche, che ribadiamo vengono ritenuti accettabili entro il 35%.
Ma se dieta iperproteica può significare 2 g/kg o il 20% di proteine sul fabbisogno energetico, cosa si intende realmente per eccesso proteico? Una review di Bilsborough & Mann del 2006 cercò di dare una risposta: (14)
Le diete ad alto contenuto proteico comportano [un eccesso di proteine nel range tra] 200 e 400 g/die, che possono equivalere a livelli di circa 5 g/kg/die, i quali possono superare la capacità del fegato di convertire l’eccesso di azoto in urea. I rischi di un [apporto proteico] eccessivo, definito da [un valore superiore al] 35% dell’apporto energetico totale, comprendono iperaminoacidemia, iperammonemia, iperinsulinemia, nausea, diarrea e persino morte (morbo del caribù).
[…] Un apporto proteico massimo suggerito basato sulle richieste corporee, sulle evidenze sul controllo del peso e sull’evitare tossicità proteica, sarebbe approssimativamente del 25% del fabbisogno energetico o tra circa 2 e 2.5 g/kg/die, corrispondenti a 176 g di proteine giornaliere per un individuo di 80 kg con una dieta di [2900 kcal]. Questo è ben al di sotto del range massimo di sicurezza teorico per una persona di 80 kg (da 285 a 365 g/die [cioè tra 3.5 e 4.5 g/kg]).
Gli autori confermavano prima di tutto la differenza concettuale tra dieta iperproteica e eccesso proteico, ma oltre a questo confermavano anche che l'”eccesso proteico” è ben più alto di quanto molti si aspetterebbero intuitivamente. Dieta iperproteica può essere 1.5-2 g/kg, eccesso proteico inequivocabile è 5 g/kg, oltre 2-3 volte di più. Da quanto spiegano, in percentuale l’eccesso è un valore superiore al 35% del fabbisogno energetico, cioè proprio la soglia massima che delimita i livelli accettabili secondo le linee guida.
Studi sull’eccesso proteico sull’uomo
La review di Bilsborough & Mann parlava di eccesso teorico, ma è utile verificare quei pochi studi che hanno valutato in maniera diretta delle quantità proteiche eccessive sull’uomo. A questo proposito esistono almeno due studi, pubblicati recentemente.
- Un famoso studio (15) testò su atleti una media di 4.4 g/kg di proteine per 8 settimane. Curiosamente, dei 40 soggetti coinvolti 10 abbandonarono, e di questi 10, tre dichiararono l’incapacità di consumare così tante proteine, uno lamentò disturbi gastrointestinali e 6 non diedero motivazioni. Quindi dei 20 soggetti previsti che dovevano costituire questo campione ne rimasero 10 contro i 20 del gruppo di controllo, che assumevano in media 1.8 g/kg di proteine. Dato che 10 soggetti finali costituivano il gruppo a 4.4 g/kg e 20 componevano quello a 1.8 g/kg, è intuibile che perlomeno gran parte degli abbandoni si riferissero al primo gruppo. Quei 10 soggetti che ressero per 8 settimane così tante proteine “sopravvissero” senza riportare evidenti problemi di salute, ma non furono usati dei marker clinici per poter monitorare alcuni parametri che avrebbero potuto raccontare un’altra storia. Evidentemente non era quello l’interesse.
- Uno studio meno famoso (16) però testò dei livelli ancora più estremi: 8.8 g/kg di proteine per 5 giorni su 8 ciclisti maschi, in concomitanza con degli allenamenti di endurance strutturati. Questo trattamento venne confrontato sugli stessi soggetti con una dieta iperglucidica e una iperlipidica, entrambe a 1.8 g/kg di proteine. Nello studio non sono stati riportati abbandoni o effetti collaterali con apporti proteici così elevati. Anche in questo caso gli scopi dello studio purtroppo non erano quelli di valutare l’effetto in un tale eccesso proteico su vari marker epatici e renali, e un campione così ristretto per così pochi giorni comunque non avrebbe potuto dire molto.
I pochi studi che hanno testato eccessi proteici sull’uomo ad oggi non sono in grado di dare una risposta sull’entità dal peggioramento di alcuni parametri di salute, semplicemente perché purtroppo non erano condotti con questi scopi.
Ciò che sappiamo è che perlomeno i soggetti non sono collassati o non hanno accusato insufficienza nella funzionalità di qualche organo. Quindi un essere umano, almeno se giovane e sano, potrebbe reggere anche fino a 9 g/kg entro brevi periodi senza gravi e visibili effetti collaterali.
Questo però non significa affatto che tutti possano tollerare queste quantità, o men che meno che abbia senso assumere tali eccessi. Quello che sappiamo dalla letteratura sulla nutrizione sportiva è che per gli atleti possono essere accettabili un massimo di circa 3 g/kg in certe situazioni specifiche, ma che normalmente sono sufficienti al massimo 2-2.2 g/kg (5), ben al di sotto delle soglie che determinano l’eccesso.
Punti chiave
- Il classico valore riportato dalla Dose Giornaliera Consigliata (RDA), 0.8 g/kg, è la soglia minima ottimale per coprire le richieste basali del 97.5% di uomini e donne adulti sani di età superiore ai 19 anni;
- L’RDA delle proteine è stato rivisitato da alcuni scienziati in anni più recenti, suggerendo che debba essere alzato a 1 g/kg;
- L’RDA è insufficiente per molte popolazioni: tralasciando i pre-adulti (non compresi nel RDA), questi sono gli anziani, le donne in gravidanza, gli obesi e gli sportivi. In altre parole, per tutte le popolazioni diverse dal soggetto adulto normopeso pre-anziano, non-sportivo e non in gravidanza, i livelli minimi ottimali sono superiori al RDA di almeno 0.2-0.4 g/kg, e possono essere almeno doppi per alcuni (atleti di resistance training, obesi, donne nelle fasi avanzate della gravidanza);
- L’RDA rappresenta la soglia minima ottimale, ma le stesse linee guida di Medicina e Nutrizione parlano chiaramente di range ottimali, che vanno dal 10 al 35% dell’apporto calorico, o da 0.8 a circa 2.5 g/kg (in alcuni casi il 35% può corrispondere a ben oltre 3 g/kg);
- Secondo le linee guida di Medicina sportiva e Nutrizione sportiva il range di proteine ideale per gli sportivi è tra 1.2-1.4 e 2 g/kg, ma per gli atleti che praticano esercizio contro resistenza il range è tra 1.6 e 2.2 g/kg;
- Il termine dieta iperproteica non è definito neppure nella letteratura scientifica, pertanto può essere opinabile per riferirsi a certi livelli medio-bassi (come tra 1 e 1.4 g/kg);
- Secondo le definizioni scientifiche dieta iperproteica non significa dieta con eccesso di proteine: l’eccesso proteico per l’uomo è definibile come un apporto superiore al 35% dell’introito calorico o a 3.5-5 g/kg;
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