Articolo originariamente pubblicato in due parti su vivereinforma.it l’11 maggio 2015.
Il digiuno intermittente (IF, intermittent fasting) è un termine generico riferito a un’ampia categoria di modelli alimentari dove viene previsto un periodo di digiuno totale o di semi-digiuno (forte restrizione calorica) a breve termine, in maniera più o meno frequente e per un tempo più o meno lungo.
Proprio perché un termine estremamente generico, possono insorgere delle difficoltà a riconoscere e inquadrare un modello di questo tipo.
I modelli di digiuno intermittente iniziarono ad essere testati nella ricerca già dalla fine del 1800 (1), anche se gran parte degli studi iniziarono ad essere condotti su animali tra gli anni 1910 e gli anni 1930.
Nel tempo il digiuno intermittente si è diramato e definito in diverse sottoclassi. Attualmente la letteratura scientifica riconosce in essenza due grandi famiglie di digiuno intermittente:
- Intermittent Energy Restriction (IER): una forte restrizione calorica in intere giornate nella settimana;
- Time-restricted feeding (TRF): l’accesso al cibo in una finestra temporale ristretta nelle 24 ore;
A partire soprattutto dalla seconda metà degli anni 2000 gli approcci di digiuno intermittente hanno cominciato a diffondersi tra il grande pubblico tramite best seller e social media. Più che trattare degli aspetti scientifici questo articolo intende descrivere e codificare in maniera sintetica i vari modelli di IF per capirne le modalità e offrire la possibilità di scegliere con più chiarezza quello più adatto alle proprie esigenze.
I protocolli scientifici
In questa prima parte verranno approfonditi i principali modelli testati nella ricerca, mentre nella seconda parte si passerà ad una descrizione delle varianti proposte da autori esterni al mondo scientifico.
Intermittent Energy Restriction (IER): fast days & feed days
L’Intermittent Energy Restriction (IER), ovvero restrizione energetica intermittente, è un termine generico che raggruppa una buona parte dei modelli di digiuno intermittente (IF) studiati in ambito scientifico. L’IER di fatto include quei protocolli di IF dove si prevedono, all’interno della settimana, uno o più giorni interi di digiuno totale o di semi-digiuno (fast day, cioè “giorno di digiuno”), e uno o più giorni interi di alimentazione ad libitum o al mantenimento (feed day, cioè “giorno di alimentazione”) (2).
Ad esempio, un protocollo IER può consistere in 1-2 giorni settimanali di fast day e 5-6 giorni di feed day, oppure in 3 giorni di fast day e 4 giorni di feed day in maniera consecutiva, oppure ancora in un’alternanza tra un giorno di fast day e un giorno di feed day in maniera continua (2).
- Fast days: La forma di digiuno più frequentemente proposta nei fast days è in realtà il semi-digiuno, ovvero una forte restrizione calorica più che un digiuno totale. Nella ricerca il semi-digiuno viene riconosciuto come Very Low Calorie Diet (VLCD), una dieta fortemente ipocalorica dove l’introito energetico è inferiore alle 800 kcal, oppure dove l’introito energetico corrisponde a meno del 50% del metabolismo basale dell’individuo (3). Ma i protocolli IER spesso vengono testati anche nelle modalità in cui i fast days consistono in veri e propri giorni di digiuno totale, comportando come conseguenza circa 36 ore di astensione totale dal cibo.
- Feed days: Per feed day (“giorni di alimentazione”) o feast day (“giorni di banchetto”) vengono intese le giornate di normale alimentazione ad libitum, cioè di consumo di cibo libero, spontaneo e non controllato (2), oppure dove l’assunzione di calorie è in prossimità dei livelli di mantenimento (4,5).
Il vantaggio dei regimi IER risiede nel creare spontaneamente una restrizione calorica, ma su base settimanale piuttosto che su base giornaliera: se si impostano 2-4 giorni su 7 di digiuno totale o di semi-digiuno, il bilancio energetico settimanale risulterà fortemente in negativo, permettendo una efficace e progressiva perdita di grasso (2).
Ciò viene permesso anche dal fatto che il digiuno a breve termine non porta a compensare successivamente la restrizione calorica creata dal digiuno stesso (6), quindi sul lungo termine il deficit energetico può essere instaurato e mantenuto facilmente anche se si prevedono dei giorni in cui l’alimentazione non è controllata o ipocalorica.
La forma più rappresentativa e più studiata di IER è probabilmente l’Alternate-Day Fasting (ADF) (2), ma sotto questa categoria rientrano anche altre popolari tipologie di digiuno intermittente come la 2-Day Diet, la Fast Diet 5:2 o la Eat Stop Eat, descritte in seguito.
Time-Restricted Feeding (TRF): fasting hours & feeding window
Il time-restricted feeding (TRF), letteralmente alimentazione a tempo ristretto, è il termine generico che ingloba l’altra grande famiglia di modelli di digiuno intermittente studiati nella ricerca. Il termine è stato introdotto nel mondo scientifico almeno dagli anni sessanta (7).
Al contrario del Intermittent Energy Restriction (IER), il TRF prevede l’alternanza tra fasi di digiuno e di alimentazione entro periodi di tempo molto più brevi, sempre all’interno delle 24 ore; il periodo di digiuno totale (fasting) viene alternato alla cosiddetta finestra di alimentazione (feeding window), cioè il periodo in cui è consentito l’accesso al cibo.
Il TRF si caratterizza quindi da “finestre di alimentazione” di una durata variabile da circa 2-3 a non più di 12 ore, e periodi di digiuno totale a breve termine per le restanti 12-22 ore (8).
Come l’IER, anche il TRF prevede spesso un’alimentazione ad libitum senza imporre la restrizione calorica. L’assunzione di cibo è però confinata all’interno della finestra di alimentazione, quindi più la finestra è ristretta e più è facile che il consumo ad libitum possa favorire una restrizione calorica spontanea. Ma in molte ricerche classiche il TRF viene testato in modalità eucalorica (mantenimento), non prevedendo quindi alcuna restrizione energetica.
Tecnicamente il TRF si riferisce anche ai classici schemi con un monopasto giornaliero (OMAD, one meal a day), ma il modello più popolare di TRF è probabilmente la versione da 16 ore di digiuno e 8 di alimentazione, il cosiddetto rapporto “16/8” popolarizzato dalla dieta LeanGains.
In realtà il TRF può apportare benefici legati alla sua influenza sui ritmi circadiani biologici a prescindere dal deficit calorico, che per l’appunto in molti casi non viene previsto (8,9).
Altra caratteristica fondamentale del TRF sarebbe organizzare la finestra di alimentazione nelle ore diurne, e per questo non andrebbe scambiato col Ramadan, il quale impone l’alimentazione nelle sole ore notturne.
Queste tempistiche del Ramadan non sarebbero contemplate dal TRF, dove al contrario viene promossa l’alimentazione diurna proprio per ciò che influisca positivamente sui ritmi circadiani biologici (8,9).
La formula del TRF è stata riproposta per il grande pubblico da diversi autori, come la The Fast-5 Diet (2008) del Medico statunitense Bert Herring (10), la The 8-hour Diet (2012) del giornalista e imprenditore statunitense David Zinczenko (11), o la Lean Gains (2006) del personal trainer e bodybuilder svedese Martin Berkhan (12). Anche la Warrior Diet dell’israeliano Ori Hofmekler si ispira alla tipica formula del TRF in forma riadattata (13).
Ramadan intermittent fasting (RIF)
Il Ramadan è una pratica religiosa caratterizzata da digiuno dall’alba al tramonto, alternata ad un periodo di alimentazione consentita quindi solo nelle ore notturne (in base alla latitudine, 8-16 ore) (8).
Nella ricerca scientifica il Ramadan è ampiamente studiato, ed è comunemente associato ai protocolli TRF per la sua caratteristica alternanza tra periodi di alimentazione e di digiuno quotidiano nelle 24 ore (Ramadan intermittent fasting; RIF).
Anche il RIF infatti consiste in un’alternanza tra finestra di alimentazione e digiuno totale nelle 24 ore (8), e alcuni scienziati includono anche le ricerche sul Ramadan per valutare l’impatto generale del TRF (8). Tecnicamente il Ramadan potrebbe avvicinarsi al TRF classico nel caso la finestra si estenda per 3-5 ore dopo il tramonto. Il paragone tra i due sarebbe però scorretto poiché esistono importanti aspetti che li distinguono:
- Ore di alimentazione: Nel Ramadan le ore di alimentazione sono obbligatoriamente dal tramonto all’alba (ore notturne), mentre nel TRF sono in genere suggerite all’interno delle ore diurne. Per riuscire a mangiare e bere tra il tramonto e l’alba, le ore di sonno nel Ramadan vengono facilmente alterate, e ciò può portare ad una perturbazione dei ritmi circadiani biologici (8) e ad una riduzione delle ore di sonno, possibile causa di fatica, stress fisico e calo della performance (14).
- Durata della finestra di alimentazione: Nel TRF la durata delle finestre di alimentazione è molto più flessibile, indicativamente tra 2 e 12 ore in base alle preferenze; un esempio estremo potrebbe essere 22 ore di digiuno e 2 ore di alimentazione diurna (TRF “22/2”). Il Ramadan è invece sempre caratterizzato dalla possibilità di bere e mangiare nelle ore comprese dal tramonto all’alba (8). Inoltre, la finestra notturna del Ramadan viene interrotta dal sonno riducendone la durata effettiva, cosa che non accade nel TRF.
- Astensione dai liquidi: Un’altra distinzione fondamentale è che il Ramadan prevede la totale astensione dai liquidi nelle ore di digiuno, quando questi sono permessi e anzi suggeriti nel normale TRF. Ad esempio, gli atleti sottoposti al periodo di Ramadan sono altamente esposti a disidratazione a causa dell’impossibilità di assumere cibo e liquidi in prossimità dell’attività fisica diurna, e la fame e la sete possono causare stress e un declino della performance (14).
In ultima istanza, le ricerche sul Ramadan in genere non testano diete sperimentali e non controllano l’alimentazione e la qualità della dieta, e le diete tipicamente seguite durante il Ramadan possono essere facilmente risultare di bassa qualità (14).
Alternate-Day Fasting (ADF)
L’Alternate-Day Fasting (ADF), cioè digiuno a giorni alterni, è uno dei modelli di digiuno intermittente più studiati in letteratura, nonché la forma più classica di Intermittent Energy Restriction (IER).
Introdotto come termine nella ricerca almeno dagli anni ottanta, questo prevede generalmente un giorno di alimentazione libera o non controllata (feed day) in cui il cibo viene consumato ad libitum o al mantenimento, in alternanza ad un giorno di digiuno o di semi-digiuno (fast day) (15).
Il giorno libero e il giorno di digiuno tipicamente durano una giornata intera. L’ADF propone più spesso il semi-digiuno che il digiuno totale, di solito una restrizione del 75% sul fabbisogno calorico 3-4 giorni su 7 (15).
Alcuni ricercatori hanno riproposto questa tipologia di digiuno intermittente in alcuni libri per il grande pubblico, come il Medico statunitense James Johnson con la sua UpDayDownDay Diet (nota anche come Alternate-Day Diet, dal libro omonimo del 2008) (16), o la Nutrizionista e ricercatrice statunitense Krista Varady con la The Every Other Day Diet (dal libro omonimo del 2014) (17).
Protocollo di Halberg (ADF + TRF)
Una modalità di digiuno intermittente meno popolare è stata testata da Halberg et al. in una ricerca pubblicata sul Journal of Applied Physiology nel 2005 (18). Di fatto questa si caratterizza praticamente dall’unione di due dei modelli descritti in precedenza – ADF e TRF – prevedendo l’alternanza tra un giorno di alimentazione normale (feed day) e un giorno di TRF 20/4, composto quindi da 20 ore di digiuno totale e una finestra di alimentazione di 4 ore nel periodo serale.
La ricerca di Halberg dimostrò come questo protocollo, in 15 giorni e su giovani maschi sani, incrementava la sensibilità insulinica dopo le 20 ore di digiuno, senza rilevare differenze nel peso corporeo e nelle citochine infiammatorie. Studi successivi, testando lo stesso protocollo non osservarono cambiamenti nella sensibilità insulinica, nel uptake di glucosio e nella lipolisi (19).
Va comunque precisato che questo modello ibrido è abbastanza diffuso negli esperimenti sul IER, perché nei fast day in semi-digiuno l’apporto calorico è talmente basso che è più compatibile con pochi episodi di alimentazione nella giornata, prevedendo spesso anche un solo pasto. Per questo motivo tali ibridi potrebbero tradursi in una sorta di OMAD a giorni alterni.
The 2-Day Diet
La 2-Day Diet è un digiuno intermittente di tipo Intermittent Energy Restriction (IER) presentato dalla Dietista e ricercatrice britannica Michelle Harvie nel 2011. In linea generale si prevedono 5 giorni settimanali di alimentazione ad libitum/eucalorica (feed day), alternati a 2 giorni consecutivi di semi-digiuno da circa 500-600 kcal (fast day).
Questa dieta è stata dapprima testata con successo in alcune ricerche del 2011 (4,20), e poi descritta più nel dettaglio nel 2013 all’interno dell’omonimo libro della stessa Harvie, co-autrice con il Prof. Tony Howell (21).
Nella prima ricerca in cui la 2-Day Diet è stata testata (pubblicata sulla rivista International Journal of Obesity), questa si componeva da 5 giorni di alimentazione eucalorica (normocalorica) e 2 giorni consecutivi di dieta VLCD con il 75% di restrizione calorica o circa 500 kcal/die (4).
Lo studio successivo ha presentato altre varianti del protocollo; in una di queste, nei 2 giorni di semi-digiuno da 650 kcal venivano limitati i carboidrati a 50 g (200 kcal), nell’altra, per due giorni veniva prevista solo la restrizione dei carboidrati a 50 g, lasciando ad libitum proteine e grassi (20). Quest’ultimo protocollo, oltre a rispettare i canoni generali del digiuno intermittente, sembra riproporre una strategia molto simile alle giornate di “scarica di carboidrati” tipiche dei regimi carb cycling adottati da molti bodybuilder.
Nel primo studio la 2-Day Diet ha dimostrato in 6 mesi di ridurre il peso e il grasso corporeo, e di migliorare la sensibilità insulinica, in maniera simile ad una normale dieta ipocalorica da 1500 kcal/die (4). Nel secondo studio si dimostrò che la 2-Day Diet, in entrambe le varianti testate, in 4 mesi riuscisse a ridurre il peso e il grasso corporeo, e migliorare la sensibilità insulinica, in maniera superiore alla normale restrizione calorica cronica da circa 1500 kcal/die (20). Questo modello alimentare condivide le caratteristiche fondamentali con la Fast Diet 5:2 trattata in seguito, nome con cui il pattern sarà meglio conosciuto dal pubblico.
I protocolli commerciali
Nella prima parte sono state analizzate le varie principali tipologie di digiuno intermittente testate nella ricerca. Le due grandi categorie da tempo testate sono il time-restricted feeding (TRF) e l’Intermittent Energy Restriction (IER):
- Il TRF si contraddistingue dall’alternanza quotidiana tra fasi di digiuno e di alimentazione all’interno delle 24 ore (fasting/feeding window);
- L’IER propone questa alternanza all’interno dei 7 giorni, imponendo 24 o più ore di digiuno totale/semi-digiuno e 24 o più ore di alimentazione libera (fast day/feed day);
Del IER e TRF sono poi state proposte, solo negli ultimi anni, delle varianti o dei semplici riadattamenti per il pubblico che verranno esaminate in questa seconda parte. Molto spesso si è trattato semplicemente di riproporre i pattern testati nella ricerca da decenni, altre volte i metodi sono stati raffinati e personalizzati dagli autori.
LeanGains (LG)
La Lean Gains è essenzialmente un time-restricted feeding (TRF) riadattato per gli atleti, in particolare per i bodybuilder o in generale per gli sportivi.
Il metodo elaborato nel 2006 dal personal trainer e bodybuilder svedese Martin Berkhan e descritto originariamente nel suo blog (12), rispetta i dettami del TRF con circa di 16 ore di digiuno e 8 ore di alimentazione.
Al contrario del generico TRF la LeanGains è più strutturata, impostando le calorie, il rapporto dei macronutrienti, il loro timing e la durata della finestra in maniera specifica per ottimizzare i risultati in palestra.
Essendo un modello alimentare pensato per gli atleti, la sua organizzazione è costruita attorno al programma di allenamento e agli obiettivi estetici e prestativi ad esso legati. Nei giorni di attività l’ammontare di calorie e carboidrati è maggiore, e gran parte dell’apporto calorico viene concentrato nel primo pasto post-allenamento. Nei giorni di riposo l’apporto calorico e glucidico vengono ridotti, e il pasto più calorico è il primo della finestra (12).
La collocazione della finestra di alimentazione nelle 16 ore di veglia è adattabile alle preferenze del soggetto, pertanto questo regime non impone di saltare la colazione come si sarebbe portati a pensare. Anche la frequenza dei pasti, pur consistendo normalmente nelle canoniche 3 assunzioni all’interno della finestra, è variabile e adattabile.
Eat Stop Eat
La Eat Stop Eat è un modello di Intermittent Energy Restriction (IER) popolarizzato dal nutrizionista canadese Brad Pilon nel 2007 (22).
Questo comporta semplicemente un digiuno totale (non un semi-digiuno) di 24 ore per 1 o 2 giorni mantenendo inalterata l’alimentazione per i restanti 5-6 giorni della settimana.
In linea con le altre tipologie di IER, questo modello permette di creare un deficit calorico settimanale senza la necessità di seguire un vero regime o imporsi delle rinunce.
La formula è effettivamente simile a quella della 2-Day Diet di Harvie, con la differenza che in questo caso il digiuno è totale, non prevedendo quindi alcuna assunzione calorica nelle 24 ore.
The Fast Diet 5:2
La 5:2 Diet, a volte definita anche come Fast Diet o Fast Beach Diet, è un modello di Intermittent Energy Restriction (IER) introdotto dal Medico e giornalista televisivo britannico Michael Mosley e dalla giornalista Mimi Spencer.
Questo è stato dapprima introdotto tramite un documentario della BBC nel 2012, e in seguito descritto in forma aggiornata nel libro The Fast Diet (2013) (5).
La Fast Diet consiste essenzialmente in 5 giorni settimanali di alimentazione non ristretta e preferibilmente eucalorica, e 2 giorni settimanali di semi-digiuno per un apporto di circa 500 kcal per le donne, e 600 kcal per gli uomini (5). L’apporto calorico nel semi-digiuno è indicativo, poiché dovrebbe consistere in 1/4 del fabbisogno del soggetto. Gli autori suggeriscono di distaccare tra loro i giorni di digiuno nella settimana, anche se è possibile organizzarli consecutivamente.
Si può notare che la 5:2 Diet corrisponda fondamentalmente alla 2-Day Diet, testata negli studi di Harvie et al. l’anno precedente alla presentazione del modello di Mosley (4,20). Se impostata con i giorni di semi-digiuno consecutivi, i due modelli possono effettivamente ritenersi identici.
La 5:2 diet condivide alcuni punti anche con la Eat Stop Eat di Pilon, differenziandosi da quest’ultima essenzialmente per i 2 giorni settimanali di semi-digiuno piuttosto che di digiuno totale. La Fast Diet può prevedere anche un approccio time-restricted feeding (TRF) nei giorni di semi-digiuno, perché è consentito assumere la quota calorica giornaliera in un solo pasto (OMAD) o all’interno di una finestra di alimentazione.
Warrior diet (WD)
La Warrior Diet (WD), tradotta come dieta del guerriero, è stata introdotta dall’artista e filosofo israeliano Ori Hofmekler nel 1999 tramite il sito t-nation.com, e poi descritta in dettaglio nell’omonimo libro del 2002 (13). Si tratta di uno dei modelli che apparentemente più si distacca dalla denominazione di digiuno intermittente.
La WD è caratterizzata da 20 ore di digiuno, suddivise tra un digiuno totale nelle ore di sonno e un semi-digiuno in circa 12 ore di veglia, a cui si aggiunge la cosiddetta “finestra di sovralimentazione” di 4 ore serali.
Molti sostengono che la WD non sia propriamente un modello di IF perché in gran parte delle ore di veglia sono ammesse piccole quantità di alimenti specifici; su 24 ore, circa 8 sono di digiuno totale (sonno), circa 12 sono in semi-digiuno (sottoalimentazione) e 4 ore sono di alimentazione vera e propria (sovralimentazione).
Ma il digiuno intermittente può prevedere da definizione anche il solo semi-digiuno e non necessariamente il digiuno totale, rendendo di fatto la WD una forma di digiuno intermittente “pseudo-TRF”. La WD ripropone la formula del TRF con la finestra di alimentazione (in questo caso della durata di 4 ore), ma prende in prestito anche il semi-digiuno del IER, seppur quotidiano e confinato ad una sola parte delle ore di veglia. Sostanzialmente la WD si potrebbe considerare una sorta di TRF 20/4 in cui la finestra è collocata di sera, e nel resto delle ore di veglia si segue un semi-digiuno e non un digiuno vero e proprio.
Durante il periodo di semi-digiuno, chiamato sottoalimentazione (circa 12 ore), vengono ammesse quantità moderate di cibi freschi e/o integrali, come frutta, verdura, frutta secca, e fonti di proteine, mentre si evitano gli amidi. L’obiettivo è quello di non impegnare il sistema digestivo e concentrare gran parte dell’apporto calorico nella finestra di alimentazione di 4 ore, cioè nella fase di sovralimentazione.
In quest’ultima viene permessa l’assunzione di cibo ad libitum (similmente alla finestra del TRF originale), ma secondo una scelta di cibi e un ordine preciso impartito da Hofmekler: far precedere le verdure, poi le proteine, e poi i carboidrati, in un pattern a “palatabilità crescente”.
Conclusioni
In questo articolo l’intenzione era fare chiarezza sull’ampio e generico significato del termine digiuno intermittente (intermittent fasting) e codificarne con precisione le varie sottoclassi.
Da una normale ricerca su internet infatti appare piuttosto difficile capire cosa indichi questo nominativo in termini generali, e tramite i media convenzionali l’impresa sembra essere ancora più ardua. La confusione non viene certo risolta nella letteratura scientifica, dove diversi gruppi di ricerca propongono diverse categorizzazioni arbitrarie.
Come si è potuto capire, sotto questa vaga denominazione rientrano modelli alimentari anche profondamente differenti tra loro, che condividono semplicemente un digiuno o un semi-digiuno all’interno di un periodo di tempo più o meno breve ma regolare.
Pur essendo scambiata come una nuova classe di approcci dietetici, il digiuno intermittente è studiato nella ricerca scientifica da oltre un secolo, e oggi le sue potenzialità in ottica di dimagrimento e di miglioramento dei parametri di salute sono solidamente dimostrate da una vasta mole di ricerche (2,24). D’altra parte, molti esperti sembrano ignorare l’evidenza scientifica su influenza di fattori strettamente culturali, rimanendo ancorati ai vecchi dogmi e alle credenze del passato.
In questo spazio è stato possibile per il lettore valutare le caratteristiche dei singoli modelli di digiuno intermittente esistenti per poter scegliere con una maggiore consapevolezza quello più adatto alle proprie preferenze.
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