Intervista a Kristian Montevecchi: rivelazioni sul natural bodybuilding moderno

Questa volta Body Comp Academy intervista Kristian Montevecchi. L’idea è nata da un post sul suo profilo facebook, dove si esprimeva dettagliatamente sull’argomento sulla base dei risultati ottenuti da vari atleti natural di alto livello. Ho così pensato di dedicarne un’intervista apposita, grazie alla sua grande esperienza e al costante aggiornamento tecnico che ha portato in Italia già da molti anni. L’intervista verte sull’argomento: guadagni muscolari realistici per un atleta natural avanzato ma si estende anche ad altri argomenti legati a questo mondo.

Vorrei precisare che in questo caso si parla di guadagni netti di muscolo una volta raggiunta la forma da competizione. È normale che nelle fasi di bulk si guadagni muscolo, ma la vera domanda è quanto riesce ad essere salvato in più quando si riporta il fisico alla condizione di picco rispetto alle volte precedenti?

Da una parte, chi è al di fuori dell’ambito agonistico stretto si aspetta che guadagni di 1 kg netto di muscolo all’anno siano anche pochi; dall’altra, linee guida ed esperti parlano di aumenti di peso molto lenti ma comunque lineari, costanti e misurabili: osservando casi reali capiremo quanto c’è di vero.

Lorenzo: Ciao Kristian, ti chiedo intanto di fare una breve presentazione

Kristian: Ciao Lorenzo. Prima di tutto ti ringrazio per ospitarmi nel tuo sito! Ne sono davvero onorato. Per chi non mi conoscesse mi presento: mi chiamo Kristian Montevecchi, ho 48 anni e sono laureato in economia. Dopo avere calcato per 20 anni i più importanti campi di pallavolo di serie B e C della Romagna, nel 2006 ho appeso le ginocchiere al chiodo per dedicarmi a tempo pieno all’allenamento con i pesi, di cui sono sempre stato grande appassionato e sostenitore.

Dopo avere conseguito numerose certificazioni presso vari enti di promozione riconosciuti dal CONI e scuole di formazione nazionali ed internazionali, ho iniziato a collaborare con la rivista Olympian’s News e con la NBFI come redattore e docente ai corsi di formazione. Nel 2014, grazie all’esperienza maturata dalla collaborazione con alcuni dei migliori professionisti americani del settore (Mike Lipowski, Michael Boyle, Joe Klemczewski, John Jobst, etc..), assieme a mia moglie Annalisa Ghirotti, professionista Figure WNBF, ho strutturato e codificato il sistema di ricomposizione corporea e preparazione agonistica “Natural Peaking” e, per primo in Italia, ho divulgato i principi della “nuova scuola” di natural bodybuilding sostenibile, basati sulla dieta flessibile, con un tour di seminari ed eventi formativi che hanno visto, in 4 anni, la partecipazione di oltre 2000 persone.

Da tre anni alterno l’attività didattica e formativa con quella di consulente nel mondo del fitness e di “coach” per la preparazione di atleti agonisti nel mondo del bodybuilding, powerlifting e kettlebell lifting, solo e rigorosamente Natural.

Lorenzo: Dunque, in un post su Facebook ho letto un interessante scambio tra te e un utente, dove spiegavi un sacco di cose interessanti in merito alla questione dei guadagni realistici per un atleta avanzato. La prima domanda è, secondo te quali sono le tempistiche ottimali per far durare un bulk per un atleta avanzato in maniera che nel cut successivo siano visibili?

Kristian: La risposta come al solito è “dipende”. Prima di tutto dipende da cosa si intende per atleta “avanzato”. Se parliamo solo di anzianità di allenamento, infatti non è detto che l’atleta sia avanzato. Ho conosciuto atleti che si allenavano da oltre 10 anni, ma che non avevano la minima idea di come muovere correttamente un carico. In pratica spostavano i pesi nell’aria, ma non generavano tensioni sufficienti a stimolare la crescita muscolare. E non erano muscolarmente attivati. Nel loro caso, in genere, ci sono ancora margini di crescita visibile in tempi abbastanza brevi, a patto che imparino ad attivarsi ed a spingere come si deve.

Se invece parliamo di atleti “avanzati” dal punto di vista motorio, quindi, oltre che esperti anche molto forti ed attivati, i margini di miglioramento sono davvero pochi. Considera che l’80% del proprio potenziale genetico di crescita muscolare si raggiunge nei primi 3-4 anni di allenamento corretto e che dopo i 30 anni, con il profilo ormonale che cambia, ulteriori incrementi di massa muscolare sono davvero difficili da ottenere. Quella che può migliorare ancora è la qualità del muscolo, intesa come separazione, simmetria, dettagli e rocciosità. Ma il volume è davvero duro da far crescere!

Un esempio? Brian Whitacre, pluricampione del mondo WNBF sia di categoria che assoluto, come si vede nel video, uno che in off season, a 78 kg di peso, fa le doppie di stacco con 288 kg. Guarda queste foto! Tra le due ci sono 2 anni di differenza, durante i quali Brian ha fatto bulking. Quello che ha ottenuto è un miglioramento qualitativo che tra l’altro solo un occhio esperto riesce ad apprezzare. Per quanto riguarda il peso invece, tra le due, non c’è alcuna differenza…sempre 71,5 kg!

Lorenzo: Ho notato che anche Eric Helms ha espresso simili considerazioni, a conferma che provenite dalla stessa scuola. In pratica questo indica che è necessario protrarre l’eccesso calorico per un certo periodo per fare in modo che la crescita muscolare riesca ad essere visibile e misurabile. Esiste secondo te una soglia minima per rendere produttiva una fase di bulk per un avanzato?

Kristian: Si, entrambi veniamo dalla scuola di Joe Klemczewski! E sai cosa dice il Dr Joe? Che “il bodybuilding Natural è una disciplina in cui i risultati in termini di crescita muscolare sono visivamente apprezzabili nell’arco di decenni”.

Personalmente considero un atleta in bulk solo quando si prende almeno 18-36 mesi di off season. Periodi più corti, 6-12 mesi, preferisco chiamarli “recovery” ossia off season funzionale a recuperare dallo stress psicofisico provocato dalla preparazione di una competizione. Poi è chiaro che tutto va contestualizzato. Una cosa è il bodybuilder al 4% di grasso corporeo, una il men’s physique al 6% ed una la bikini al 12%…

Quindi, per rispondere alla tua domanda, le tempistiche sono lunghe, molto più lunghe di quanto comunemente si creda. E diventano tanto più lunghe quanto più sei esperto e anziano. Questo dovrebbe fare riflettere molto chi pratica il Natural Bodybuilding con l’obiettivo di diventare grosso sulle aspettative realistiche e sui risultati realmente ottenibili. I grandi volumi sono, prima di tutto, una questione di genetica, non di allenamento o di alimentazione, men che meno di integrazione.

Del resto, anche in ambito competitivo, ciò che viene premiata nel Natural è proprio l’estetica generale e non la massa di per sé, altrimenti Brian non avrebbe mai vinto un mondiale! Poi è chiaro che se ti arriva il Babacar di turno che, oltre all’estetica, ha anche volumi pazzeschi, finchè decide che vuole gareggiare, vince lui. Punto.

Lorenzo: Ricordo che Alberto Nuñez (preparatore del team di Helms) parlava almeno di 6 mesi di bulk, mentre tu sostenevi che quando un bulk dura solo 3-6 mesi, anche se in questo periodo puoi guadagnare qualcosa lo riperdi durante il cut.

Kristian: Conosco bene Nuñez, che tra le altre cose è il preparatore del mio amico e collega Mattia Nicolò Agostinelli, ottimo atleta Men’s Physique WNBF Pro.

Guarda caso, dopo 2 anni consecutivi di preparazione, che lo hanno portato quest’anno a vincere la Pro Card e piazzarsi al 5° posto ai mondiali di Los Angeles, ha deciso di fermarlo per 18 mesi per permettergli di recuperare al meglio e poi provare a costruire un po’ di nuovo muscolo per puntare a scalare la classifica.

Sei mesi di “bulk” NON SONO bulk. Anche se puoi mettere su qualche etto di muscolo come effetto supercompensatorio dopo uno starving [periodo di dieta] prolungato, in realtà se non stabilizzi il peso e la massa magra costruita, appena torni a dieta il corpo ritorna allo stato precedente.

Lorenzo: Immagino a rigor di logica che un soggetto intermedio potrà far durare queste fasi per meno tempo. Potresti darci delle linee guida generali sulle tempistiche in relazione all’esperienza? Naturalmente metteremo in conto che si tratta di linee guida generali da non prendere in maniera letterale.

Kristian: Dal mio punto di vista un soggetto intermedio farebbe meglio a stare in bulk fino a quando non è diventato esperto. Dove con esperienza io intendo la qualità del movimento sotto carico pesante. Questo forse è l’unico punto in cui sono ancora d’accordo con Stuart McRobert. Fino a quando un atleta non riesce a fare  una ripetizione di panca con una volta e mezzo il suo peso, uno squat con il doppio del suo peso ed a staccare da terra due volte e mezzo il suo peso con tecnica perfetta, non è esperto.

E finché non è esperto dovrebbe mantenersi in una condizione lievemente anabolica, magari periodizzandola con periodi di mini cut per non ingrassare troppo, ma senza preoccuparsi troppo di non essere tirato. A questo punto potrebbe anche iniziare ad alternare i classici 6 mesi di off season e 6 mesi di cut sapendo però che, ogni 2 o 3 anni, è meglio prolungare l’off season per almeno 18 mesi.

Lorenzo: Cosa ne pensi delle vecchie metodiche dove si proponeva di ciclizzare l’eccesso e la restrizione calorica su base regolare, come la dieta ABCDE o la Delta 1250? In questi modelli si prevedevano delle fasi a breve termine (5-21 giorni) di eccesso alternate a periodi della stessa durata di restrizione, in un ciclo continuo con lo scopo del ‘lean bulk’, praticamente l’esatto opposto di quello che si propone oggi in ambito natural competitivo.

 Kristian: Penso che se nel lungo termine avessero funzionato gli atleti le farebbero ancora. In realtà i problemi che queste metodiche hanno creato sono stati molti di più dei risultati che hanno portato. Una delle criticità di quelle diete è l’eccessivo sbalzo calorico tra i periodi di sovralimentazione e quelli di restrizione.

Come sai meglio di me, quando si sta per un po’ di tempo con un apporto calorico molto basso, il corpo va in allarme e mette in moto meccanismi di emergenza per salvaguardarsi e sopravvivere: aumenta la sensibilità all’insulina, aumenta la capacità assimilativa, si riduce lo spreco termico, si riduce l’azione degli ormoni tiroidei, il NEAT diminuisce, etc…

Poi all’improvviso arriva un periodo di sovralimentazione, spesso non controllata adeguatamente a causa delle restrizioni patite, ed ecco che tutti gli eccessi vengono assimilati e depositati. Il dott. Joe Klemczewski, in un suo esperimento di tanti anni fa, aveva stimato che questi modelli di “clean bulking” in realtà portavano nel medio lungo termine ad una diminuzione sostanziosa del ritmo metabolico e ad un incremento nella capacità di deposito dei grassi. Non certo una grande idea…

Oggi si privilegiano metodiche molto meno aggressive, con lunghi periodi di moderata sovralimentazione alternati a fasi più o meno lunghe di moderata sottoalimentazione, i famosi mini-cut. Sostanzialmente il principio è lo stesso, ma l’applicazione è spalmata su tempi più lunghi e con differenze caloriche molto più limitate. Questa modalità ha anche un altro vantaggio: è più sostenibile dal punto di vista psicologico e non crea meccanismi di rebound tali da portare a disturbi del comportamento alimentare (binge eating) che invece erano abbastanza comuni con le vecchie metodiche.

Lorenzo: Cosa ne pensi invece in merito alla distribuzione calorica nella giornata? Per te, per questo scopo sono controproducenti quei tipi di digiuno intermittente dove non si mangia per 16-20 ore consecutive? Lo chiedo perché l’unico studio su bodybuilder ha osservato un’alterazione in negativo dell’equilibrio tra ormoni anabolici e catabolici (Moro et al, 2016), e mi chiedevo anche nella pratica esistessero indizi evidenti che non sia così ottimale.

Kristian: Per quanto riguarda la distribuzione calorica nella giornata, le ricerche più recenti hanno dimostrato che tra fare 3 pasti al giorno o farne 8, a parità di apporto calorico e macronutrienti, non fa differenza. Credo fermamente, e ci sono anche alcuni studi che supportano questo mio pensiero (Farshchi et al. 2004, 2005), che la costanza della frequenza sia più importante della frequenza stessa. Per cui agli atleti che seguo faccio scegliere la distribuzione calorica che più gradiscono oppure sulla base delle loro necessità e possibilità. L’importante è che, una volta che hanno scelto la loro frequenza ideale, la mantengano nel tempo.

Quello che invece chiedo loro è di prestare la massima attenzione al timing dei nutrienti e di consumare il 25-30% dei carboidrati della giornata sia nel pasto che precede l’allenamento, che in quello che lo segue, assieme ad almeno 0,5 grammi di proteine per kg di massa magra. Nei giorni di riposo invece consiglio di ripartire i macro equamente nell’arco della giornata.

Per quanto riguarda i digiuni intermittenti, sinceramente non li ritengo né particolarmente utili, né particolarmente dannosi. Il nostro corpo ha una capacità di adattamento straordinaria, per cui se ci abituiamo a mangiare una sola volta al giorno tutte le calorie ed i macronutrienti di cui abbiamo bisogno, il corpo si adatterà ed imparerà ad utilizzarli al meglio. La prova vivente di ciò è il mio amico Giuliano “Moses Malone” Laghi (foto a sinistra in mezzo a Kristian e Annalisa), che da 13 anni mangia una volta al giorno e che fisicamente, a 48 anni, è spettacolare!

Certo, per chi vuole gareggiare, il digiuno intermittente secondo me non è l’ideale, soprattutto per programmare il picco. Per ritrovarsi al top della forma quando si sale sul palco occorre imparare a dosare l’apporto di carboidrati fornendone la quantità necessaria per mantenere i muscoli pieni e non traboccare. Questo non è fattibile con un monopasto giornaliero.

Lorenzo: In passato ho spinto molto nella diffusione del concetto di ricomposizione corporea (come qui, qui e qui), per poi essere invitato come relatore a uno dei primi seminari in Italia. In diverse occasioni spiegavo che questo fenomeno è ottenuto spontaneamente da un neofita o un deallenato, e i metodi specifici che la promettono non sono efficaci per gli atleti avanzati. Dato che questi metodi prevedono la ciclizzazione calorica nel contesto ipocalorico, e considerando il tuo discorso, immagino che anche tu non li ritenga ottimali per questi soggetti?

Kristian: Sono perfettamente d’accordo con te. La ricomposizione per come viene normalmente intesa, ossia perdere grasso e costruire massa muscolare contemporaneamente, è un concetto applicabile solo al sedentario, al neofita o, al limite, all’atleta intermedio o avanzato che, a causa di un grave infortunio o di una lunga sospensione dell’attività, ha perso la condizione di forma.

L’atleta avanzato che si sta allenando, invece, può solo cercare di crescere qualche etto senza ingrassare troppo oppure di tirarsi senza perdere troppo muscolo! Nel suo caso la “ricomposizione” ha più a che vedere con gli effetti estetici delle nuove modalità di preparazione flessibile e sostenibile, dove la perdita di tanto grasso, il mantenimento della massa magra e la volumizzazione muscolare dovuta all’apporto di carboidrati e di tanta acqua, creano un impatto visivo tale da far pensare che ci sia stata una reale ricomposizione corporea.

Lorenzo: Parlaci del setup o set point metabolico. Io conosco l’ipotesi del set point ben nota in ambito scientifico, ma non ho ben capito se per setup/set point metabolico tu intenda qualcosa a parte, più legato al concetto di preservazione della massa muscolare nella restrizione calorica.

Kristian: Per quanto mi riguarda, considero il set point metabolico individuale come l’insieme dei valori che determinano l’equilibrio omeostatico di una persona: peso, grasso corporeo, massa magra, assetto ormonale, etc, quindi credo si tratti della stessa definizione o ipotesi di cui parli tu.

Quello di preservare la massa muscolare in ipocalorica è un obiettivo, che ovviamente diventa tanto più difficile quanto più si scende sotto al proprio set point metabolico, ad esempio con la % di grasso corporeo. Il corpo non ha alcuna voglia di farsi spostare dalla sua situazione consolidata di comodità verso una situazione di pericolo per la sopravvivenza e, nel caso questo succedesse, manda subito segnali inequivocabili e facilmente riconoscibili e metterà in moto meccanismi di compensazione tali da riportare la situazione alla normalità.

Per fortuna, anche il set point è allenabile, con le giuste modalità ed i giusti tempi. Facciamo un esempio: una delle prime conseguenze quando una ragazza scende sotto al suo set point metabolico è l’amenorrea. Ci sono ragazze con un set point al 18% di grasso corporeo che, quando arrivano al 17% vanno già in amenorrea. Abituandole gradualmente a scendere prima al 17%, poi al 16%, per poi risalire, e poi scendere di nuovo fino al 15% e via dicendo, siamo riusciti a portarne alcune in gara al 9-10% di grasso corporeo senza che andassero in amenorrea. Ci vuole tempo, pazienza, capacità di gestione e perseveranza, ma si può fare!

Lorenzo: In un post di qualche tempo fa menzionavo il fatto che nell’ambiente si dice che maggiore è l’esperienza nel tiraggio e più si è facilitati per assottigliare la pelle. Avevo denominato questo fenomeno “memoria adiposa”, ma impropriamente, dato che nella ricerca viene usato per identificare altro. Ma a parte questo, secondo te è vero?

Kristian: È un dato di fatto che tutti gli atleti che ho seguito fino ad ora siano migliorati dal punto di vista della qualità muscolare e del tiraggio ogni volta che facevano un processo di picco. Non credo si tratti di “memoria adiposa”. Credo semplicemente che sia una combinazione di esperienza e del fatto che nessuno di loro in off season sia più tornato ai livelli di grasso corporeo che aveva quando ha iniziato il percorso con me.

Prendiamo Simone Gibbin (a destra), esempio estremo di tiraggio e vascolarizzazione. Quando abbiamo fatto il primo picco è partito al 21% di grasso corporeo ed è arrivato al 5.5%. Nella prima recovery diet l’ho fatto risalire al massimo al 12%. Quando, tra il 2016 e il 2018 gli ho fatto fare 18 mesi di bulk, siamo arrivati al 15%. Il punto di partenza era pertanto molto più favorevole rispetto all’inizio. Nonostante ciò siamo partiti con il cut con 9 mesi di anticipo sulla gara, in modo da perdere grasso molto lentamente e quindi arrivare ancora più spellati.

Un altro motivo che favorisce risultati migliori ogni volta che ci si prepara credo sia legato alla maggior consapevolezza ed equilibrio che la dieta flessibile, se correttamente gestita, consente di avere sulla propria alimentazione. Simone ad esempio, avendo già fatto esperienza, era diventato anche molto più bravo e preciso nel tracciare i macronutrienti e nello scegliere gli alimenti più adatti a lui. Guarda il caso, ma una delle caratteristiche che accomuna tutti gli atleti che seguiamo, è che, di volta in volta, parallelamente ai miglioramenti estetici, migliorano anche i loro valori ematici: colesterolo, trigliceridi, ematocrito, globuli bianchi, glicemia, ormoni tiroidei, PCR, ormoni sessuali, etc…

Lorenzo: Avevo deciso di farti questa domanda perché nella conversazione su FB parlavi del fatto che l’esperienza nel tiraggio permetteva un fenomeno simile, per cui nel tempo si riesce sempre meglio a salvare la massa muscolare. A questo punto diremmo che l’esperienza si vede non solo per la cosiddetta maturità muscolare, ma anche per altri fattori estetici.

Kristian: Si esatto. Come ti ho spiegato prima, la maggior salvaguardia della massa muscolare è dovuta secondo me al fatto che, una volta che hai abituato gradualmente nel tempo il corpo ad un set point metabolico con % di grasso più bassa, quando poi lo riporti a quelle %, lui non va più in protezione e quindi non intacca il muscolo.

Inoltre, avendo creato nel tempo una migliore capacità di gestione dei carboidrati, di solito gli atleti riescono a consumarne in quantità più elevate, con il risultato di proteggere maggiormente il muscolo dal catabolismo.

Lorenzo: Parliamo dello spinoso argomento doping. Per te quanto è facile riconoscere un soggetto che ha usato degli aiuti ma che compete nei circuiti natural? Immagino che al di là di guadagni di kg netti di muscolo tra un cut e quello dell’anno dopo, possano esserci ulteriori fattori da considerare.

Kristian: Riconoscere se un soggetto ha fatto uso di farmaci è difficilissimo. Chiaramente se in un inverno un atleta agonista esperto aumenta di 4-5 kg, mantenendosi magro quasi come in gara, significa che ha preso qualcosa. Punto. Fisiologicamente non è possibile incrementare così tanto la massa magra in così poco tempo.

Qualche anno fa ne beccammo uno su Facebook che, ingenuamente, aveva messo le sue foto prima e dopo la “cura” del suo nuovo allenatore (noto personaggio già arrestato per spaccio di steroidi), evidenziando i 7 kg di massa muscolare costruiti in soli 4 mesi, tra l’altro mantenendo la condizione da gara. Segnalato alla federazione, gli fu mandato il controllo antidoping a sorpresa e risultò positivo al Winstrol.

Poi ci sono alcuni segnali inequivocabili, come gli accenni di ginecomastia, che però richiedono un occhio esperto ed attento. L’anno scorso ne ho individuati un paio alle gare di qualificazione a cui ho portato i miei atleti. Per fortuna questi due furbacchioni, una volta arrivati al campionato nazionale, non hanno superato il test del poligrafo, ammettendo di avere fatto uso di steroidi (e c’è ancora chi dice che il poligrafo non serve a nulla…).

Purtroppo, a parte queste situazioni, l’unico modo per riuscire ad identificare con assoluta certezza un atleta che fa uso di farmaci è il test a sorpresa durante l’anno. Oggi per fortuna esistono test che riescono ad rintracciare moltissime sostanze tra cui SARMs, SERMs e pro ormoni. Il problema è il costo che non consente un’applicazione capillare di tali controlli su tutti gli atleti.

Lorenzo: Ringrazio sentitamente Kristian per avere concesso questa intervista e aver permesso di far comprendere meglio il dietro le quinte su alcuni aspetti del mondo natural agonistico. Sulla base di quanto ci ha raccontato, credo che sarebbe il caso di ridimensionare le aspettative del natural bodybuilding, parlando di “miglioramenti estetici” più che di crescita come viene comunemente intesa, se non nei primi anni. 

Evidentemente ciò che bisogna guardare nei progressi fisici di un percorso di bodybuilding natural agonistico avanzato non è tanto il peso netto di muscolo, ma piuttosto la qualità del fisico intesa come separazioni, simmetrie e dettagli (ancora, maturità muscolare).

  • Lorenzo Pansini

    Lorenzo Pansini è natural bodybuilder, formatore, personal trainer e divulgatore scientifico specializzato in nutrizione sportiva (ISSN-SNS) e allenamento per il miglioramento fisico. Con oltre 10 anni di esperienza attiva nella divulgazione scientifica, è stato per anni referente tecnico per l'azienda leader Project inVictus con vari ruoli, e richiesto da altre importanti realtà del settore nazionale. È autore per testi e riviste di settore, come Alan Aragon's Research Review, redatta dal ricercatore e nutrizionista americano Alan Aragon.

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