Traduzione dall’articolo originale Legumes and protein: myths & evidence-based guidelines pubblicato nell’edizione di novembre 2019 della rivista Alan Aragon Research Review (AARR) diretta dal nutrizionista e ricercatore Alan Aragon.
Nell’immaginario comune i legumi vengono riconosciuti come i cibi proteici vegetali per eccellenza venendo spesso paragonati alle proteine animali (“la carne dei poveri”), ma da una prospettiva scientifica questa concezione è scorretta per più motivi, a partire dall’appena modesto contenuto proteico che in realtà ne caratterizza la maggior parte.
In questo articolo viene fatta una panoramica completa sullo specifico ruolo dei legumi nell’apportare proteine utili, analizzando le quantità ottimali, la qualità proteica delle diverse classi, i rari legumi realmente proteici, le controversie sui fitoestrogeni della soia e le relative dosi limite, e le nuove proposte nel mondo della supplementazione proteica ricavata dai legumi. Tutto questo rigorosamente sulla base della più importante letteratura scientifica recente, senza mai trascurare le fondamentali estrapolazioni pratiche.
Dopo la lettura si potrà meglio padroneggiare dei concetti chiave per poter usare più consapevolmente i legumi come fonte proteica nell’alimentazione dello sportivo e non. L’articolo è particolarmente utile per chi segue una dieta vegetariana e vegana, ma anche per chi vuole ampliare le conoscenze sull’argomento proteine alimentari in generale.
La classe dei legumi
Prima di affrontare l’argomento è necessario inquadrare quali sono i vegetali inclusi nella categoria dei legumi. Sono legumi i fagioli, le lenticchie, i piselli, le fave, la soia, i ceci, i lupini, i caiani, gli azuki e gli arachidi.
Gli arachidi, così come le noci di soia, rientrano anche all’interno dei semi oleosi (come mandorle, noci, nocciole, anacardi ecc), quindi non verranno considerati per via delle caratteristiche e dalla composizione piuttosto distinti dal resto dei legumi, perlomeno in stato commestibile. Nel senso comune infatti i legumi vengono in genere riferiti ai semi non-oleosi delle piante dette leguminose che sono resi commestibili solo dopo la cottura.
Non sono stati menzionati i fagiolini, che sono semplicemente fagioli nel loro stato acerbo, ma che andrebbero considerati a parte dal fagiolo maturo e dagli altri legumi per le caratteristiche e la composizione differenti. Rispetto ai fagioli e agli altri legumi, i fagiolini sono meno calorici e molto poveri di proteine.
I legumi non sono iperproteici: l’equivoco
Il senso comune riconosce i legumi come le fonti vegetali proteiche per eccellenza, spesso paragonati alle proteine animali in termini di contenuto, da cui il vecchio detto “la carne dei poveri”. Il fatto che i legumi siano ricchi di proteine è vero se si rapportano strettamente alla classe vegetale, ma incorretto se questa attribuzione è in senso assoluto.
L’equivoco è dovuto al fatto che i legumi presentano un’elevata percentuale proteica (attorno al 20%) se valutati sul secco, e questa percentuale viene scorrettamente paragonata a quella della carne o del pesce da freschi, cioè non cotti. In altre parole il paragone è scorretto perché per una classe si valuta la percentuale sul peso secco/disidratato, mentre per l’altra la si valuta sul peso fresco/crudo.
Se invece il paragone venisse fatto più correttamente a parità di idratazione, o meglio ancora quando entrambi sono in stato commestibile (cioè cotti), emergerebbe che le carni e una buona parte del pesce (non molluschi e crostacei) contengono oltre il doppio e fino a tre volte più proteine rispetto ai legumi.
Riflettendoci, la cottura della carne o del pesce comporta una perdita di acqua (disidratazione) che come conseguenza aumenta la percentuale proteica, e questo avviene in proporzione al grado di cottura. L’estremo di questo esempio è la carne essiccata, che può arrivare a ben il 50-60% di proteine; un altro esempio è lo stoccafisso (merluzzo secco), che può arrivare a simili percentuali contro meno del 20% del merluzzo fresco.
Mentre essendo i legumi in stato commestibile cotti e idratati, subiscono una notevole riduzione della percentuale proteica. Basta leggere le etichette nutrizionali dei comuni legumi in scatola per notare che la percentuale proteica in genere varia da meno del 5 ad un massimo del 7%, contro una media del 20% sul loro peso secco.
In altre parole la cottura e/o l’idratazione riducono la percentuale proteica dei legumi da 3 a 4 volte, mentre si verifica il contrario per la cottura dei cibi proteici animali.
La qualità proteica
Secondo i criteri scientifici la qualità proteica viene definita da tre fattori: (1,2,3)
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3 risposte
Sono vegano da oltre sette anni e sono un professionista del fitness. Conosco Lorenzo soltanto tramite i suoi articoli e sono stato “attratto” da questo sui legumi, proprio perché è la mia materia quotidiana.
Bene, anche in questo articolo, Lorenzo dimostra tutte le sue qualità: rigore scientifico, oggettività, equilibrio.
Insomma, approfondisce l’argomento basandosi sulle evidenze scientifiche più aggiornate, evitando di essere fazioso e fornendo tutti gli elementi per poter comprendere al meglio lo stato dell’arte.
Personalmente ritengo Lorenzo uno dei migliori divulgatori nel settore “Fitness”.
Il suo è un lavoro unico, almeno in Italia e sul web.
Lo seguo da tempo e continuerò a farlo, perchè mi permette di aumentare le mie conoscenze e migliorare la mia professionalità.
Quindi, complimenti a Lorenzo, non solo per questo splendido articolo, ma per il suo lavoro in generale!
Ciao Lorenzo, quindi il discorso della differenza di proteine nei legumi cotti e quelli sostenibili va esteso anche per gli altri macronutrienti? Ad esempio i carboidrati.
Oltre questo, anche altri alimenti come ad esempio la pasta mostrano questa differenza tra “cotto” e “crudo”?
Grazie e complimenti per il tuo lavoro.
Ciao Alessandro. Tendenzialmente si, gli amidi integrali, che essi siano legumi o cereali contengono diversi anti-nutrienti che inibiscono l’assorbimento di macro e micronutrienti. Poi nello specifico questo vale per le proteine in quanto contengono anche inibitori degli enzimi che digeriscono le proteine, ma tendenzialmente questo vale anche per il contenuto di carboidrati.
Ovviamente il discorso della cottura influenza tutti i cibi o quasi. Se pesi il riso o la pasta da crudi, e poi pesi nuovamente la stessa quantità da cotti noterai una bella differenza, a significare che la percentuale si riduce (anche se le quantità nette per porzione rimangono quelle ovviamente).
Grazie a te 🙂