Curva della forza e curva della resistenza: una prospettiva pratica

Nella biomeccanica applicata al resistance training la curva della forza e la curva della resistenza sono degli argomenti di base.

Questi concetti possono essere valutati per capire quali esercizi selezionare e come meglio organizzare le programmazioni per l’ipertrofia o la forza, ma sono talvolta non ben compresi. 

A maggior ragione la confusione è alimentata da diverse definizioni che possono essere attribuite ai due termini, o da diversi termini utilizzati per riconoscere gli stessi concetti, a partire dall’ambito accademico.

In questo articolo si approfondiscono quindi le definizioni di curva della forza e curva della resistenza, e le interazioni tra le due, per poter acquisire una maggiore conoscenza delle basi di biomeccanica applicabili nella pratica.

Curva della resistenza

La curva della resistenza, o profilo della resistenza, indica generalmente la variazione della resistenza (dettata dal momento meccanico esterno) lungo il range di movimento (ROM) previsto dall’esercizio (1,2,3). La curva della resistenza è principalmente di tre tipi, a cui può essere aggiunto un quarto tipo:

Curva discendente

La resistenza si riduce progressivamente lungo il ROM nella fase concentrica. Tutti i movimenti di spinta degli arti inferiori o superiori, come panca piana, military press, squat, leg press ecc, o i vari esercizi hip hinge (stacchi, good morning), le french press ai pesi liberi con omero verticale, il curl su panca Scott, il nordic hamstring, la adductor machine, hanno una curva della resistenza discendente. 

Curva ascendente

La resistenza aumenta progressivamente lungo il ROM nella fase concentrica. In genere i movimenti di trazione prevedono una curva ascendente, come le trazioni orizzontali (rematori), le trazioni verticali (sbarra, lat machine), le tirate al mento/petto, l’Hercules curl, le croci inverse ai pesi liberi, la abductor machine, il pull through, l’hyperextension orizzontale. Ma anche le alzate laterali e frontali con manubri, gran parte delle leg extension e dei leg curl, il kick back con manubri hanno una curva di questo tipo.

Curva a campana (o ascendente-discendente)

La resistenza aumenta nella parte centrale del ROM ed è minore nella prima e nell’ultima parte. La curva della resistenza a campana è invece tipica dei curl per bicipiti ai pesi liberi con omero in prossimità del verticale, del push down se eseguito sotto la puleggia con omero verticale, del hyperextension a 45° a ROM completo, delle alzate laterali e frontali al cavo basso.

Curva piatta 

La resistenza rimane costante o non varia significativamente lungo il ROM. La curva della resistenza piatta è tipica di alcune macchine specifiche o del hip thrust, ma può essere spesso ricreata con le cosiddette resistenze accomodanti.

Le catene o gli elastici applicati agli esercizi con una curva della resistenza discendente (in genere gli esercizi di spinta), permette che la normale riduzione della resistenza venga compensata da un aumento crescente della resistenza fornita da questi attrezzi.

Anche se la resistenza non è per forza letteralmente costante, negli esercizi a curva discendente riesce a rimanere elevata in quasi tutti gli angoli del ROM.

Controversie sulla definizione di curva della resistenza

Nella letteratura scientifica sul resistance training il concetto di curva della resistenza non ha una definizione unanime, e questo crea una grande confusione dato che non c’è sempre chiarezza né coerenza tra le varie definizioni attribuite da vari autori e scienziati

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  • Lorenzo Pansini

    Lorenzo Pansini è natural bodybuilder, formatore, personal trainer e divulgatore scientifico specializzato in nutrizione sportiva (ISSN-SNS) e allenamento per il miglioramento fisico. Con oltre 10 anni di esperienza attiva nella divulgazione scientifica, è stato per anni referente tecnico per l'azienda leader Project inVictus con vari ruoli, e richiesto da altre importanti realtà del settore nazionale. È autore per testi e riviste di settore, come Alan Aragon's Research Review, redatta dal ricercatore e nutrizionista americano Alan Aragon.

3 risposte

  1. Lorenzo questo articolo chiarisce ancora di più qualche dubbio che avevo riguardo l’allenamento del gran dorsale. Take home message denso di contenuti come nel tuo stile. Ti ringrazio dell’attenzione al mio quesito

  2. Credo anche che questo fattori possano aiutare nel migliorare l’estetica mi riferisco a quelle persone con ambizioni agonistiche e che per genetica hanno magari d un grandorsale più prominente nella parte alta, quella sotto le ascelle per intenderci. Ecco considerando questi vari fattori si potrebbe programmare l’allenamento per migliorare nei punti più carenti dal punto di vista estetico nei limiti della propria genetica chiaramente. Ovviamente parlo di atleti con ambizioni da palco

    1. Ciao Carmie. Effettivamente queste nozioni sono utili soprattutto per un preparatore o comunque per un tecnico che vuole meglio approfondire l’argomento. Ed effettivamente non sono nozioni così chiare per cui qualcuno doveva occuparsi di approfondire la cosa e comprenderne le contraddizioni. Grazie.

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