Nella prima parte di questa serie è stata offerta un’analisi completa della Delta 1250 diet di Terrence “TC” Luoma, il capo redattore del sito t-nation.com, con lo scopo di capirne il funzionamento nella teoria e nella pratica.
Si è compreso che questa rappresenta una rivisitazione più moderata e presumibilmente corretta della dieta ABCDE di Tobjorn Akerfeldt, ma anche in questo caso possono essere espresse alcune critiche non di poco conto.
In questa seconda parte si cercheranno di analizzare quelli che possono essere i difetti del metodo e proporre delle correzioni per ottimizzare il suo funzionamento.
Interpretazione parziale delle ricerche
La prima critica alla Delta 1250 riguarda l’interpretazione delle ricerche riportate per supportarne la teoria di base. Anche se Luoma aveva criticato Akerfeldt per aver citato degli studi che non avevano applicabilità su bodybuilder, paradossalmente anch’egli non aveva fornito evidenze scientifiche capaci di provare la validità del suo metodo (1).
Uno dei problemi fondamentali è che anche in questo caso gli studi citati non analizzavano le risposte di soggetti sani ad un eccesso e a una restrizione calorica moderati a breve termine (entro 5 giorni), tantomeno erano sottoposti ad esercizio con i pesi. Questa lacuna può essere comprensibile data la necessità di ricerche con disegni di studio molto specifici e improbabili, specialmente al tempo, dove la ricerca sulla nutrizione per il resistance training era molto più scarsa.
Esempio emblematico, l’elevazione degli ormoni anabolici durante la sovralimentazione registrata dal famoso studio di Forbes, non provava che questo si verificasse in soli 5 giorni ma nell’arco di 19 giorni. E ancora, il surplus calorico era maggiore di 2-3 volte quanto suggerito da Luoma, e cosa più importante, il fatto che l’incremento degli ormoni anabolici fosse relazionato direttamente ad un aumento della massa muscolare era solo un’ipotesi non chiaramente dimostrata (2). Anche la review di Danforth Jr et al sulle alterazioni degli ormoni tiroidei durante la sovralimentazione non analizzava le risposte nell’arco di pochi giorni, ma di settimane (3). Senza contare le varie teorie discutibili sulle oscillazioni ormonali espresse dall’autore senza alcuna base scientifica.
Oltre a questo Luoma espresse altre affermazioni poco scientifiche, come il fatto che con l’aumento dell’insulina la perdita di grasso sarebbe impossibile, che la restrizione calorica protratta riesca ridurre e quasi ad annullare la termogenesi indotta dal cibo (TEF), il fatto che i pasti frequenti garantiscano migliori risultati complessivi, e molto altro (1).
Molte di queste ipotesi nella ricerca erano dibattute già al tempo della presentazione della dieta, e oggi gran parte di esse sono state praticamente smentite: a parità di deficit calorico le perdite di grasso sono simili con una dieta che produce più o meno insulina (4,5), il TEF non viene soppresso dalla restrizione calorica (6), e non ci sono reali basi per sostenere che pasti molto frequenti portino a un maggiore miglioramento della composizione corporea (7,8).
Di conseguenza la Delta 1250 si basa più su un “buon senso” del tempo più che su evidenze scientifiche solide o su un’interpretazione corretta di evidenze e nozioni scientifiche, anche se questo era stato in parte ammesso dall’autore.
Teoria vs. pratica
Al di là delle varie imprecisioni teoriche, non si può escludere che il metodo si fondi almeno in parte su principi scientifici reali, e che quindi si riveli efficace nella pratica.
Dopo tutto è provato che variazioni caloriche entro tempi brevi siano capaci di portare ad alterazioni di diversi ormoni potenzialmente implicati (9,10,11), di alterare il bilancio lipidico (il predittore delle variazioni di grasso) (5), il bilancio azotato/proteico (12) e il metabolismo basale e/o totale (13,14).
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