Secondo alcune scuole di pensiero, gli esercizi multiarticolari (fondamentali) sono sufficienti a consentire una completa stimolazione muscolare, coinvolgendo adeguatamente anche i muscoli sinergici di piccole dimensioni. Oltre ad alcune correnti diffuse tra coach e atleti, queste idee sono state espresse anche da alcuni ricercatori, asserendo che “le persone che praticano il resistance training potrebbero non avere bisogno di includere gli esercizi monoarticolari [per i muscoli di piccole dimensioni] nei loro programmi, ottenendo risultati equivalenti in termini di attivazione muscolare e di adattamenti a lungo termine come l’ipertrofia o la forza.” (1)
Tali posizioni sembrerebbero tuttavia abbastanza radicali ed eccessivamente dicotomiche (il pensiero in bianco e nero), facendo un’estrema generalizzazione e ignorando alcuni dettagli biomeccanici e funzionali capaci di rimetterle in discussione, perlomeno in molti casi. Altri ricercatori hanno infatti riconosciuto alcuni vantaggi biomeccanici degli esercizi monoarticolari mirati all’isolamento, specialmente per alcuni muscoli (o singoli fasci) biarticolari quali il capo lungo del tricipite brachiale, il bicipite brachiale, il retto femorale o gli ischiocrurali (2,3). In molti movimenti multiarticolari dove vengono coinvolti questi muscoli biarticolari (o alcune loro parti), essi subiscono una contrazione da un’estremità ma si allungano contemporaneamente dall’altra, ed esiste il sospetto che questo risulti uno svantaggio nel promuovere la loro ipertrofia (2,3).
Il muscolo biarticolare si accorcia da una parte ma si allunga dall’altra
La relazione lunghezza-tensione (LTR) o diagramma tensione-lunghezza indica che la capacità delle fibre muscolari di produrre forza isometrica dipende dal loro grado di allungamento (4). Secondo questo principio un muscolo esprime la maggiore forza quando si trova in una posizione che non è né troppo accorciata né troppo allungata. I motivi fisiologici per cui questo avviene non verranno approfonditi in questo articolo, ma si crede che ciò si dettato dalla posizione dei filamenti di actina e miosina nei sarcomeri, cioè le unità contrattili all’interno della fibra muscolare (5).
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